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Giovedì mattina, poco prima dell’inizio della scuola, Villa San Giovanni è stata teatro di una violenta rissa tra giovani nella piazzetta adiacente all’Istituto Alberghiero. Un gruppo di ragazzi, non residenti nel comune, ha scatenato il caos, dando vita a uno scontro feroce che ha reso necessario l’intervento delle forze dell’ordine. Non solo calci e pugni, ma anche oggetti contundenti come caschi e tavolini utilizzati per colpirsi. Una scena di brutale aggressività che ha riportato alla ribalta il problema della violenza tra adolescenti, un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante.
Un episodio che non si può considerare isolato. Il disagio giovanile è una piaga che interessa sempre più da vicino la Calabria, con episodi di aggressioni e scontri che si moltiplicano, spesso con protagonisti adolescenti o giovanissimi. Non si tratta solo di criminalità, ma di una tensione diffusa che si esprime nelle piazze, nei locali e nelle scuole, tra giovani che trovano nello scontro fisico un linguaggio per esprimere un malessere più profondo. Il problema non è circoscritto a una singola realtà urbana. E’ un fenomeno che investe più città della regione, testimoniando una tendenza preoccupante che merita attenzione e un’analisi più approfondita.
Le ragioni di questa escalation sono molteplici. L’assenza di spazi di aggregazione sicuri, la mancanza di opportunità, una crescente alienazione sociale amplificata dall’uso distorto dei social media: elementi che contribuiscono a creare un vuoto nel quale si insinuano dinamiche di gruppo pericolose. Il branco diventa rifugio, l’aggressività un modo per affermarsi. Se a questo si aggiunge una crisi familiare diffusa, con genitori spesso distanti o incapaci di intercettare i segnali di disagio, si ottiene un mix esplosivo. A tutto ciò si sommano la disoccupazione giovanile e la percezione di un futuro incerto, elementi che spingono molti ragazzi a cercare nel conflitto un senso di appartenenza che altrove non riescono a trovare.
La pandemia ha aggravato ulteriormente il quadro. L’isolamento forzato e la chiusura delle scuole hanno privato molti ragazzi di quelle strutture di riferimento che, seppur con i loro limiti, rappresentavano un argine a fenomeni di devianza. Ora, con la ripresa della normalità, si assiste sempre più frequentemente ad esplosioni di rabbia repressa che trovano sfogo nella violenza. Il periodo di chiusura ha inciso pesantemente sulle abitudini degli adolescenti, spingendoli a una maggiore dipendenza dai social network e riducendo il contatto con il mondo reale. Molti di loro, ora, faticano a ritrovare un equilibrio e manifestano il proprio disagio con comportamenti impulsivi e spesso autodistruttivi.
A Villa San Giovanni, come in molte altre città della regione, si avverte la necessità di un intervento deciso. Servono spazi di aggregazione reali, percorsi educativi che coinvolgano le scuole, le famiglie e i giovani stessi. Non bastano le misure repressive: prevenire significa offrire alternative, creare occasioni di crescita e di confronto che possano deviare questi ragazzi da un percorso che rischia di portarli alla marginalità. Il ruolo delle istituzioni è cruciale, così come quello delle famiglie e della comunità in generale, realtà che devono impegnarsi a offrire opportunità concrete per evitare che il disagio sfoci in violenza. L’episodio di giovedì è il sintomo di un problema più ampio. Senza un cambio di rotta, il rischio è che questi episodi diventino sempre più frequenti, alimentando una spirale di violenza che potrebbe sfuggire di mano.