Ci sono anche i dialoghi, decodificati dagli investigatori dalle chat criptate, tra Domenico Papalia, figlio del boss ergastolano della ‘ndrangheta Antonio Papalia, e Giuseppe Grillo, cognato di Rocco Barbaro al vertice dell’omonima cosca, «interessati a un’importazione di un quantitativo di cocaina dal Sudamerica attraverso» una nave portacontainer diretta nel «porto di Gioia Tauro», negli atti dell’inchiesta della Dda e della Gdf di Milano che ha portato oggi all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 12 e ai domiciliari per tre per un narcotraffico internazionale sull’asse ‘ndrangheta-camorra.

Come si legge nel provvedimento di oltre 300 pagine del gip Luigi Iannelli, eseguito nelle indagini del Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, è stata applicata la custodia in carcere a molte persone già detenute, tra cui Antonio Barbaro, Bartolo Bruzzaniti, Giuseppe Grillo, e sono finiti in carcere pure Antonio Perre e Michele Papalia.

Ai domiciliari, invece, Domenico Papalia e Cosimo Sergi. Quest’indagine, come emerge dall’ordinanza, è scaturita da un’altra, sempre coordinata dal pm Gianluca Prisco e condotta in quel caso dalla Gdf di Pavia, che aveva al centro la figura di Antonio Rosario Trimboli, «narcotrafficante internazionale», a capo di un «gruppo satellite del clan Barbaro di Platì» ed «elemento di collegamento» con le «famiglie calabresi». Indagine che aveva portato all’arresto del presunto “broker” del traffico di droga, ma anche ad una delle diverse misure cautelari a carico del capo ultrà della Curva Sud milanista, Luca Lucci, già arrestato più di un anno fa nella maxi inchiesta sugli ultras di San Siro.