Feriti in aumento e un camion cisterna chiaramente identificabile come appartenente a Msf colpito dalle forze israeliane lo scorso 15 settembre mentre il team dell’organizzazione distribuiva 10mila litri di acqua potabile nel quartiere di Sheikh Radwan, nella parte orientale di Gaza City.

Tutto ciò nonostante gli orari degli spostamenti del veicolo fossero stati comunicati in anticipo alle autorità israeliane. Lo ha denunciato Medici senza Frontiere, in prima linea sulla Striscia di Gaza, ritenendo l’accaduto come un chiaro «tentativo deliberato di sabotare la distribuzione di acqua ai civili che non possono lasciare la zona, in particolare i malati e i più vulnerabili che vivono in tende o tra le macerie di quelle che un tempo erano le loro case». Una esposizione al rischio crescente che compromette l’attività dell’organizzazione e la sicurezza degli operatori anche se occorre che i presidi sanitari continuino a operare. È dunque avvenuto quello che Jacob Granger, coordinatore dell’emergenza di Msf a Gaza, aveva preannunciato.

Le pressioni militari

«Restiamo sulla Striscia ma abbiamo dovuto lasciare Gaza city, divenuto un obiettivo dell’esercito israeliano e in questo momento il posto più pericoloso sulla Striscia dove, comunque, non ci sono luoghi che possano essere definiti sicuri. Le truppe israeliane stanno avanzando e sono sempre più vicine. Msf è costretta a sospendere le attività mediche a Gaza City a causa dell’incessante offensiva israeliana. L’intensificarsi degli attacchi delle forze israeliane, a meno di un chilometro dalle nostre strutture ha creato un livello di rischio inaccettabile per il personale. Dunque per questioni di sicurezza Msf lascia Gaza City ma continua a operare al fianco delle popolazioni sfollate nelle zone del Centro – Sud». Questo il quadro delineato dallo scillese Enzo Porpiglia, capo missione di Medici senza Frontiere nei territori occupati della Palestina, oggi a Bruxelles per briefing sulla situazione sulla Striscia.

Gaza City da evacuare

La Ong riferisce che sono migliaia di persone in movimento da Gaza city verso sud per fuggire dagli attacchi e dai bombardamenti israeliani. Chi può lo fa in macchina o a bordo di camioncini ma in tanto non hanno altri mezzi che le loro gambe e, dunque, percorrono chilometri a piedi trasportando il più possibile.

«A Gaza City è stata ordinata l’evacuazione. L’unico ospedale parzialmente funzionate è Shifa ma è assolutamente insufficiente per gestire i flussi di feriti. La situazione umanitaria è pertanto al limite e non solo dal punto di vista sanitario. Gli ospedali rimasti funzionanti non sono adeguati su tutta la Striscia e non da oggi. Lo abbiamo denunciato.

C’è, per altro, un inverno alle porte. Il terzo – evidenzia Enzo Porpiglia – dall’inasprimento del conflitto e che nessuno è preparato ad affrontare. Le persone non hanno nulla. La popolazione sfollata vive in tenda o per strada, in mezzo alle macerie. Chi ha un tetto sulla testa è solo chi vive in strutture tirate su con materiale di risulta. L’accesso, al cibo, all’acqua e alle cure è sempre più limitato e difficile. La situazione è davvero al limite con l’aggravante che quello che adesso dovremo attenderci è lo stringimento del milione e mezzo di popolazione della Striscia in una zona di circa trenta chilometri sulla costa verso Sud tra Rafah e Deir – al- Balah.

C’è poi la costante esposizione alle armi e la sempre crescente riduzione degli spazi vitali che aggrava oltremodo la condizioni delle persone sfollate. Per altro sarà solo lì che faranno arrivare gli aiuti. Tutto questo, ripeto, con un terzo inverno alle porte».

“I medici non possono fermare il genocidio, ma i leader mondiali sì”

La ong resta comunque e sempre impegnata sul resto della Striscia a garantire l’accesso alle cure sanitarie ma la situazione è critica e non può essere certamente fronteggiata senza che siano i Governi a esporsi e a impegnarsi.

«Medici senza Frontiere proseguirà nel suo lavoro per mantenere gli spazi umanitari. Lo farà con costanza e senza sosta ma anche con la consapevolezza che non sono i medici a poter risolvere questo conflitto.
Di recente abbiamo lanciato la campagna, rivolta a tutti i capi di governo dei paesi in cui l’organizzazione è presente, “I medici non possono fermare il genocidio, ma i leader mondiali sì”. Occorre che agiscano i Governi per spezzare questo clima di totale impunità in cui agisce l’esercito israeliano. La solidarietà internazionale è percepita dalla popolazione palestinese ma ci chiediamo quando i Governi decideranno di intervenire», conclude Enzo Porpiglia, capo missione di Medici senza Frontiere nei territori occupati della Palestina.