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Un incidente probatorio per sentire il collaboratore di giustizia Maurizio Avola. A chiederlo al giudice per le indagini preliminari, nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio del magistrato Antonino Scopelliti, sono stati i difensori dello stesso pentito, gli avvocati Ugo Colonna e Massimo Alosi.
Una volta acquisito il parere della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, se il gip dovesse accogliere la richiesta, il pentito Avola potrebbe essere interrogato in aula in merito alla sua partecipazione al delitto. Dovrà rispondere non solo alle domande del procuratore Giuseppe Lombardo e del pm Sara Parezzan, ma anche a quelle degli avvocati degli altri venti indagati, ritenuti i vertici di Cosa nostra catanese e del gotha della ’ndrangheta reggina.
L’omicidio del giudice Antonino Scopelliti fu compiuto il 9 agosto 1991 a Villa San Giovanni, nella frazione di Piale. Secondo le dichiarazioni di Avola, sarebbe stato lui a guidare la moto che affiancò l’auto su cui viaggiava il sostituto procuratore della Cassazione. A fare fuoco sarebbe stato Vincenzo Salvatore Santapaola, con un fucile che Avola afferma di aver poi seppellito a Belpasso, in provincia di Catania, e fatto ritrovare alla squadra mobile nel 2019.
In origine gli indagati erano 24, ma nel corso degli anni tre di loro sono deceduti: il boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro, quello di Archi Giovanni Tegano e Francesco Romeo, cognato di uno dei capi di Cosa nostra, Benedetto Santapaola, detto «Nitto». Nei confronti di quest’ultimo, padre del presunto esecutore materiale, non si può procedere perché era già stato assolto per l’omicidio Scopelliti in un precedente processo.
La richiesta di incidente probatorio presentata dai legali di Avola riguarda anche un altro collaboratore di giustizia siciliano, Fabio Tranchina. Quest’ultimo avrebbe accompagnato Giuseppe Graviano – non indagato in questa inchiesta – a Giardini Naxos, dove trascorse un periodo di latitanza in un alloggio procuratogli dai «catanesi».