«Si è conclusa con una sentenza di assoluzione piena la lunga vicenda giudiziaria che aveva coinvolto Giulio Lugarà, già dipendente del Monte dei Paschi di Siena di Reggio Calabria, oggi in pensione, finito anni addietro al centro del procedimento penale denominato “Araba Fenice”, che aveva portato all’arresto di numerosi soggetti». È quanto dichiara l’avvocato Andrea Alvaro.

«Al Lugarà era stato contestato di avere, nel proprio ruolo di bancario, prestato aiuto a Giuseppe Liuzzo, all’epoca imprenditore e successivamente divenuto collaboratore di giustizia. Per tali fatti Lugarà aveva subito 11 mesi di arresti domiciliari ed era stato sospeso dalla retribuzione. L’imputazione nei suoi confronti era formulata in via alternativa come concorso esterno in associazione mafiosa o favoreggiamento reale, ipotizzandosi che avesse agevolato l’attività della società del Liuzzo quando questa era sottoposta a sequestro preventivo.

All’esito del lungo dibattimento di primo grado, il Tribunale Collegiale di Reggio Calabria aveva escluso l’ipotesi di concorso esterno, ma aveva dichiarato prescritto il reato di favoreggiamento reale. Tale decisione non aveva soddisfatto l’imputato poiché la prescrizione, pur escludendo conseguenze penali, non rappresentava un riconoscimento della sua innocenza e gli avrebbe precluso la possibilità di richiedere l’indennizzo per l’ingiusta detenzione e di ottenere le retribuzioni non percepite durante il periodo di sospensione.

Per tali ragioni Lugarà ha inteso proporre appello avverso la sentenza di primo grado, affidando la propria difesa all’avv. Andrea Alvaro. L’impugnazione di una sentenza di prescrizione rappresenta un’operazione giuridica particolarmente complessa, in quanto la prescrizione prevale sull’assoluzione salvo che la difesa non dimostri l’evidente innocenza dell’imputato.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, presieduta dalla dott.ssa Elisabetta Palumbo, ha accolto integralmente i motivi di appello avanzati dalla difesa e, andando oltre la pronuncia di primo grado, ha pronunciato sentenza di assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”, riconoscendo così la manifesta innocenza del bancario.

Si chiude adesso – conclude l’avvocato Andrea Alvaro – una lunga e dolorosa vicenda giudiziaria, segnata da anni di sofferenza personale e professionale, che ha visto infine riconosciuta la piena estraneità del Lugarà ai fatti contestati. Una sentenza che premia la determinazione e la fiducia nella giustizia dimostrate dall’imputato».