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Il sole di fine settembre taglia la costa jonica quando, alle 11.30 in punto, il picchetto d’onore si schiera davanti alla stele del brigadiere Pietro Laganà. Oggi è San Matteo, patrono della Guardia di Finanza, e la scelta di legare la ricorrenza alla commemorazione del brigadiere non è solo un gesto di calendario, ma un patto rinnovato tra memoria e servizio. A Saline Joniche la comunità si ritrova attorno al nome di un finanziere di mare, figlio di Montebello Jonico, caduto il 20 gennaio 1943 nelle acque libiche durante la “battaglia dei convogli”. Era imbarcato sul dragamine R.D. 36, nave poi decorata di Medaglia d’Oro al Valor Militare; a Laganà, Croce di Guerra al Valor Militare alla memoria, resta la consegna di un esempio sempre vivo.
La cerimonia si apre con l’ingresso delle massime autorità civili e militari. Accanto al Comandante Regionale Calabria della Guardia di Finanza, generale di divisione Gianluigi D’Alfonso, ci sono il prefetto di Reggio Calabria, Clara Vaccaro, e il questore Salvatore La Rosa, insieme alla sindaca di Montebello Jonico, Maria Foti, e ai familiari del brigadiere. È un quadro sobrio, essenziale, ritmato dai comandi, che mette al centro una storia: quella di un equipaggio che, in un tentativo estremo di proteggere e salvare, scelse di resistere fino all’ultimo. Il silenzio che precede la deposizione della corona d’alloro non è vuoto: è ascolto. Subito dopo, la benedizione della stele affidata al cappellano militare della Guardia di Finanza dà alla memoria una trama spirituale, cucendo il rito militare con il respiro della comunità.
«È un giorno del ricordo, nel segno del nostro patrono San Matteo – afferma il Generale D’Alfonso -. Abbiamo voluto abbinare la celebrazione alla commemorazione di Pietro Laganà, brigadiere di mare caduto durante la Seconda guerra mondiale. La sua figura veicola valori che parlano soprattutto alle nuove generazioni, fari in tempi in cui venti di guerra spirano minacciosi». Il sacrificio eroico del Brigadiere Laganà è una biografia che impegna ancora oggi. Il mare come servizio, la tecnica come responsabilità, il coraggio come scelta ripetuta “finché la nave tiene”. Ed il suo nome, raccontano i militari, viene invocato nelle operazioni più difficili in mare, specialmente quelle di salvataggio dei migranti. Non è un caso se la caserma sede del Comando Regionale porta il suo nome: un’intitolazione che chiede coerenza ogni giorno, quando la divisa torna a parlare e si fa simbolo di uno Stato vicino al cittadino.
La sindaca Maria Foti rende «Onore ai caduti e ai valori che dobbiamo ricordare. Il brigadiere Laganà è un fulgido esempio: ha dato la vita per salvare altre vite. Da qui deve partire l’impegno dei giovani, dentro la solidarietà e l’altruismo. L’amor di patria è un esercizio quotidiano». Nelle sue parole c’è Saline Joniche come luogo-soglia: la stele è all’ingresso dell’area nord, visibile, quasi un monito discreto per chi attraversa questo tratto di Calabria grecanica. Da quella pietra, spiega, il nome di Pietro Laganà «attraversa la provincia e risale la regione come una corrente che non ha bisogno di clamore: sta nei gesti, nei dettagli, nelle scelte piccole e decisive».
Nonostante le problematiche di salute, ha fatto di tutto per esserci la figlia del brigadiere, Silvana Laganà. Qui, alla stele, ritrova il ricordo fisico del padre. Anche perché, dice, non ha un altro luogo dove poterlo fare non essendo mai recuperate le spoglie del compianto padre. La signora Silvana non cerca parole solenni, non ne ha bisogno. Guarda in camera ed ai nostri microfoni si rivolge ai ragazzi: «Ai giovani dico: non perdete la strada maestra. Restate onesti, custodite la famiglia, non scoraggiatevi davanti agli ostacoli. Ideali e obiettivi nobili sono una ragione di vita: li ho ricevuti da mio padre e li ho trasmessi ai miei figli». È il passaggio che sposta la cerimonia dal perimetro istituzionale all’intimità civile. Il sacrificio non è solo un fatto d’armi, è una consegna educativa. Dentro quelle frasi c’è l’essenziale: un alfabeto morale che regge anche quando il mondo appare disordinato e stanco.
Il racconto storico fa il resto. Gennaio 1943: il R.D. 36 scorta e protegge, dragando mine, tenendo la rotta tra attacchi e schizzi di metallo. Pietro Laganà è brigadiere meccanico, il cuore del motore e la sicurezza dei compagni. Quando la formazione viene sorpresa da forze superiori, l’ordine è chiaro: coprire le altre unità, consentire il rientro, restare a tiro. La cronaca parla di un combattimento impari e di una resistenza tenace. La nave affonda, l’equipaggio scompare, la memoria resta. Sono passati più di ottant’anni, eppure il lessico della responsabilità suona attuale.
Oggi, nel giorno di San Matteo, la Guardia di Finanza rinnova il suo orizzonte dentro una crisi internazionale che riporta le parole “guerra”, “sicurezza” e “genocidio” nei discorsi quotidiani. È qui che una commemorazione smette di essere routine. La corona d’alloro deposta ai piedi della stele non chiude il cerchio, lo riapre. Davanti alle file ordinate dei militari, al saluto del picchetto, al raccoglimento delle famiglie, a quel gesto risponde il silenzio del mare che si affaccia distante un centinaio di metri: un invito alla sobrietà, a scelte all’altezza dei principi che diciamo di onorare.
La cerimonia si chiude senza rumore. Resta il verde dell’alloro contro il grigio della pietra del basamento, resta il riflesso del sole sul bronzo delle insegne, resta il passo cadenzato che si allontana. Resta soprattutto un pronomi personale: noi. Perché un eroe non è mai soltanto “lui”, è la parte migliore di quello che scegliamo di essere. Oggi Saline Joniche l’ha ricordato con rispetto. A noi il compito di non disperdere il gesto, trasformando memoria in misura quotidiana: nel lavoro, nel servizio, nella cura delle cose comuni. È il modo più serio per rendere onore a Pietro Laganà, brigadiere di mare che ha insegnato a combattere senza odio e a servire senza clamore. Nel nome di San Matteo e di un Paese che vive dei suoi figli migliori.