venerdì,Aprile 19 2024

Reggio, Pino Aprile nel Nuovo Terroni: «Noi meridionali non abbiamo conservato l’identità»

Il giornalista e scrittore, nella nuova stesura del suo saggio, racconta della Sardegna, terra di conquista dei piemontesi prima del Regno delle Due Sicilie

Reggio, Pino Aprile nel Nuovo Terroni: «Noi meridionali non abbiamo conservato l’identità»

«L’Italia non nasce il 17 marzo 1861 ma oltre un secolo prima, quando i piemontesi colonizzano la Sardegna. Un’operazione che poi replicano, riuscendo nell’intento, 140 anni dopo nel Regno delle Due Sicilie. La differenza è che i sardi, ai quali dobbiamo anche le origini della nostra condizione giuridica di Stato, attraverso la lingua e la cultura sono riusciti a custodire la loro identità. Ecco perché in Sardegna il genocidio, inteso come cancellazione dell’identità di un popolo, non è riuscito. Da noi invece esso è stato consumato».

Questo uno dei nuclei tematici centrali che ha spinto il giornalista e scrittore Pino Aprile alla stesura de Il nuovo Terroni. «Una  pubblicazione che contiene la precedente e 100 pagine nuove con il recupero della storia della Sardegna che tutti dimenticano. Essa invece è la chiave di tutta la nostra storia», spiega lo stesso Pino Aprile.

Il volume è stato presentato presso l’auditorium Don Orione di Sant’Antonio a Reggio Calabria, nell’ambito dell’incontro promosso dall’associazione Incontriamoci sempre e introdotto dal vicepresidente del sodalizio promotore, Marco Mauro. Pino Aprile ha conversato con Nuccio Macheda primario al Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria.

Tre le parti del tutto inedite: le prove del massacro, il caso Sardegna e le conseguenze politiche di quella prima colonizzazione condotta dai piemontesi.

L’isola ridotta a colonia

Nuove consapevolezze hanno spinto Pino Aprile a rivisitare e ampliare il suo saggio riportando il lettore al 1720.

«In forza di un trattato internazionale, il regno Sabaudo acquisì il Regno di Sardegna. Tale momento costituì per l’isola l’inizio di un crescente impoverimento. Tutto ciò che aveva un valore fu sottratto ai sardi, con la collaborazione della classe dirigente dell’isola. Deforestazione, in dieci anni 400 concessioni minerarie di cui solo una a un sardo e poi le chiudende e le proprietà perfette per sottrarre le terre a chi fino ad allora le aveva possedute e coltivate. Ciò generò un brigantaggio sociale che fu violentemente represso dai piemontesi. Esecuzioni, torture di chi si ribellava e addirittura plotoni di esecuzioni itineranti. Insomma la seconda isola più grande del Mediterraneo era stata ridotta a una colonia. La sua popolazione veniva appellata, nei documenti, sempre e solo con nomi di animali e mai con nomi di persona», ha incalzato ancora lo scrittore e giornalista.

La nuova colonizzazione dei piemontesi

Un’analisi che si spinge fino a un secolo più tardi per fornire una lettura di quanto accadde nel 1861. Si parlò di Italia unita, decadde il regno della Due Sicilie che dall’inizio del 1816 aveva governato l’Italia Meridionale e la Sicilia. Quanto si verificò nel 1861 «non fu un processo di unificazione ma di allargamento dei possedimenti della famiglia Savoia. Fu eseguito con successo nel Regno delle Due Sicilie, sulla scorta dell’esperienza condotta nel Settecento in Sardegna, attraverso quel piano per la colonizzazione dell’isola. Quando ho chiuso la prima stesura dei Terroni non avevo acquisito questa consapevolezza. Da qui la necessità di implementare il lavoro e darlo nuovamente alle stampe», ha spiegato Pino Aprile.

Il genocidio fallito e quello riuscito

«Il genocidio è la cancellazione dell’identità di un popolo, l‘eliminazione in un popolo del senso di sé e della coscienza della propria esistenza. Esso è riuscito da noi, al momento dell’unificazione, ma non in Sardegna oltre un secolo prima. Il popolo sardo si è salvato attraverso la lingua. Una lingua nata tre secoli prima di quella con cui Dante avrebbe scritto al Divina Commedia. I sardi hanno conservato la loro storia e salvato la loro identità grazie alla letteratura popolare e al racconto. Noi no. Noi non abbiamo visto la nostra storia perché non l’abbiamo cercata», ha spiegato ancora Pino Aprile.

L’inizio della riappropriazione

«Da noi l’operazione è riuscita meglio. Noi abbiamo cancellato un’identità che adesso si sta riscoprendo. La sconfitta fa chiudere in sé stessi. Fuori c’è uno spazio ormai percepito come del conquistatore e dell’oppressore; uno spazio che non sentiamo più nostro. È necessario ripartire dal recupero della coscienza di noi stessi. Da lì inizia la riappropriazione non di una terra ma di una patria, dell’identità del luogo in cui condividiamo la vita, di cui ci riconosciamo parte, perché condividiamo la lingua, il cibo, il calore, l’accoglienza, la storia», ha spiegato ancora Pino Aprile.

Siamo tutti sardi

Una disquisizione pregna che, scandagliando la storia, ha restituito anche un quadro in cui l’Italia deve addirittura le sue origini di Stato al Regno di Sardegna.

«Giuridicamente il diritto che rende oggi l’Italia uno Stato non è nato il 17 marzo 1861, quando al parlamento di Torino Cavour annunciò la nascita dell’Italia, in lingua francese, ma prima. Avvenne quando nel Settecento il regno di Sardegna fu acquisito dal Regno Sabaudo, all’epoca un collage di piccoli stati frammentati. Per spostarsi da uno all’altro era necessario il passaporto. Il regno di Sardegna invece aveva già la configurazione di uno Stato con un’autorità e un territorio sul quale esercitarla. Esistevano i giudicati tra i quali quello d’Arborea, un tempo amministrato da una donna, Eleonora che nel 1300 aveva ampliato e aggiornato la Carta de Logu, una raccolta di leggi in lingua sarda che enunciava i diritti dei cittadini. Una modernità sorprendente. Nel momento in cui avvenne l’acquisizione il diritto del regno di Sardegna venne esteso al Piemonte e non il contrario. Estendendo, poi, i confini del Piemonte, ecco che tutti gli italiani diventarono sardi. Il popolo sardo non solo ha conservato la sua identità ma l’ha estesa anche agli altri», ha concluso Pino Aprile.

Articoli correlati

top