A Reggio visioni contemporanee da condividere e custodire: a villa Zerbi gli Ecosistemi dell’arte – FOTO e VIDEO
Nata dalla sinergia tra la Galleria reggina Technè e l’associazione culturale Visioni Future di Potenza e ispirata all’incontro tra chi crea e chi guarda, la mostra, curata da Lorenzo Benedetti con la preziosa collaborazione del collezionista Aldo Colella, è visitabile gratuitamente fino al 30 giugno.

Artisti che producono, appassionati che collezionano e il pubblico che interagisce con le opere, guardandole e, in questo caso, anche potendone portare a casa qualcuna gratuitamente. Tre dimensioni che quando si incontrano generano “Ecosistemi dell’arte” perchè racchiudono in essi l’atto di creare, quello di condividere e quello di custodire.
Fino al 30 giugno, con ingresso gratuito, a Villa Zerbi a Reggio Calabria sarà possibile vivere questa esperienza per molti aspetti inedita e di grande valenza artistica e culturale. Ciò grazie alla sinergia tra Galleria Technè di Reggio Calabria e l’associazione culturale Visioni Future di Potenza. Un progetto d’arte contemporanea, curato da Lorenzo Benedetti e animato da un sapiente e suggestivo incontro tra l’arte calabrese di Alfredo Pirri e Gianfranco Presta, quella dei reggini Giulio Manglaviti, Ninni Donato e Angela Pellicanò, e l’arte internazionale.
L'”arte” dell’incontro
Grazie al collezionista lucano Aldo Colella, esposte opere di artisti del calibro di Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Shilpa Gupta, Ai WeiWei, Carsten Höller (di una sua opera è l’immagine utilizzata per promuovere la mostra), Pascale Marthine Tayou, Hans Op De Beeck, Danh Vo, Antony Gormley, Damir Ocko, solo per fare alcuni nomi.
La manifestazione è patrocinata da Comune e Città Metropolitana di Reggio Calabria e dai consigli regionali di Calabria e Basilicata. E ancora dall’ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori della provincia reggina, dalla Camera di Commercio reggina, in partenariato con Ance e Galbatir.
Aldo Colella: Collezionare e condividere
«Sono davvero onorato di esporre alcuni pezzi della mia collazione a Reggio. È per me la prima volta in Calabria – racconta il collezionista Aldo Colella – e ringrazio la galleria Technè per questa opportunità e Lorenzo Benedetti per l’allestimento. La mia collezione consta di circa 800 opere frutto di viaggi e relazioni con gli artisti di tutto il mondo. Una collezione che sono sempre pronto, come in questo caso, a condividere. La mia passione discende da quella di mio nonno, compagno di scuola di De Nittis, l’ultimo grande impressionista, che poi andò a Parigi. De Nittis regalò a mio nonno due incisioni che sono state mostrate di recente al chiostro del Bramante. Nonno prima di morire, ha voluto lasciarle a me, l’unico nipote a portare il suo nome. Una sorta di testimone che ha segnato la mia vita», racconta ancora il collezionista Aldo Colella.
La villa Zerbi e la sua “antica” modernità
«Questa Villa – spiega curatore Lorenzo Benedetti – rappresenta una location molto interessante. Uno spazio caratterizzato da un’architettura moderna, con stili antichi. Un palazzo veneziano, ricostruito appunto nei primi decenni del Novecento. Ha un proprio carattere, inedito per uno spazio che accoglie arte contemporanea, generalmente molto più uniforme. Invece questa dimensione di “non finito” apre a molte identità, esattamente come l’esposizione, connubio di tre elementi: l’artista, il collezionista e il pubblico; chi produce, chi conserva e chi custodisce. L’arte ha bisogno di essere vista, per cui si nutre dell’incrocio di sguardi.
È stato importante creare questo incontro tra l‘arte internazionale e quella locale esposta nello stesso luogo in cui si produce. È altresì importante creare anche l’occasione affinchè l’arte possa essere accessibile al punto da essere anche portata a casa gratuitamente. Visitando la mostra, di cui fa parte anche il mio progetto Poster 3500 cm2, in occasione di questa mostra a Reggio Calabria sarà possibile portare a casa due poster realizzati appositamente per questa esposizione, ossia quello di Fabrizio Cotognini e quello, in omaggio alla Calabria dell’artista di origini cosentine, di Alfredo Pirri», spiega il curatore Lorenzo Benedetti.
Drifters: la denuncia
Un‘opera video dei Drifters è posta, sul lato, all’ingresso e attira subito l’attenzione. Una donna cammina sul nastro delle casse di un supermarket per denunciare il lievitare dei prezzi anche per l’acquisto di beni primari come il cibo. È proprio l’atto di camminare e di muoversi a far sì che anche le persone contrariamente agli oggetti che passano in cassa per essere acquistati, restino fuori da ogni commercializzazione. Eppure con essa però devono misurarsi costantemente perchè i beni essenziali alla sopravvivenza hanno un costo in costante aumento.
Shilpa Gupta: “Today will end”
Il primo ambiente propone l’opera dell’artista indiana Shilpa Gupta, Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia nel 2013, che utilizza la tecnica delle insegne luminose, per noi tradizionale ma per lei innovativa. Lancia un monito il cui senso è definitivo e il tono perentorio: “Today will end”, “Oggi finirà”. Dunque abbiamo poco tempo prima della fine o forse è tutto illusorio o illuminato di ostinata speranza perchè un altro giorno è subito pronto a sorgere per poi essere destinato a finire. Un’opera che, sotto l’arco moresco dentro la Villa, trova la sua collocazione ideale, come se sia stata fatta per quello spazio.
Giulio Maglaviti: l’urgenza di creare
Di fronte campeggia ad altezza naturale l‘indicazione stradale ammaccata ma di peso, realizzata in ceramica. Segna con fermezza, nonostante la sua fragilità, la direzione verso Reggio Calabria ed è sospesa in mezzo a una moltitudine di opere di arte contemporanea. La direzione da seguire è quella verso le opere dei padroni casa, i reggini Giulio Manglaviti, Ninno Donato e Angela Pellicanò.
«Si tratta di un cartello stradale crivellato di colpi. Ci ricordano – spiega l’artista reggino Giulio Manglaviti – gli anni 80 e 90 quando queste cose erano di ordinaria amministrazione. Anche se fa male, è, tuttavia necessario riconoscerlo. Seppure lo Stato segna la rotta, il singolo può seguirne un’altra. Se quella direzione tracciata dallo Stato può essere ammaccata significa che non è che lo Stato che comanda ma qualcos’altro», spiega l’artista reggino Giulio Manglaviti che insinuandosi sul lato della sala, espone a striscia anche una serie di ritratti.
«Tutto nasce dal lockdown. Necessario, per non impazzire, era l’atto di creare. Creare è una parola fondamentale. 1100 giorni, tre anni di lavoro, senza mai fermarsi e mi sono “circondato” di un moltitudine di persone. Tempi terribili chiusi in studio, sempre. Avevo bisogno di vedere gente e mi sono inventato una società. Circa seicento ritratti, anche di persone note e anche autoritratti, tutti olio su carta. Sono esposti, su una parete che si dipana in un luogo angusto, solo alcuni come a volere popolare un condominio perché poi la città, dove vivono tutti gli altri, è costretta, come lo è stata durante la pandemia, dalle corde che legano il gruppo degli altri ritratti non esposti ma presenti», spiega ancora l’artista Giulio Manglaviti.
Ninni Donato: i documenti salvati e le identità negate
Dai ritratti ai segni identificativi con l’altro artista reggino Ninni Donato. Dalla contemporaneità alla storia del Novecento, in una sequenza di identità, dentro un ambiente che già si presentava adatto. La luce del neon, fredda come questa stanza che ha le sembianze di una cella, con macchie sulla parete che ricreano un luogo in cui potrebbe essere veramente un accaduti gli eventi richiamati. Un impianto che si mostra originale pur essendo trovato già così.
«Questo è un lavoro di archivio. In sostanza – spiega l’artista reggino Ninni Donato – sono tutti materiali che risalgono al lasso di tempo compreso tra il 1940 e il 1945. Qualcuno risale ai primi anni ’50. Si tratta di documenti originali di un vecchio carcere attivo durante il Ventennio, chiuso alla fine gli anni ’50, dove sono stati detenuti coloro che commettevano reati. Reato era anche l’omosessualità. Su queste schede non ci sono nomi o cognomi. Le persone sono ridotte a impronte e dati biometrici. E basta. L’unica parvenza di identità distinta dalla massa informe, essendo allora le carceri miste, era il sesso, tracciato nel solo caso in cui si trattasse di una donna.
Si tratta di documenti che ho salvato dal degrado, perché stavano distruggendosi con gli eventi atmosferici. In quel carcere non c’era più il tetto. È anche evidente quanto stessero cominciando a deteriorarsi, con l’umidità che rendeva l’immagine sempre più evanescente. Sono riuscito a trovare un registro che ancora mostrava un minimo di conservabilità. Ci sono anche delle foto che sono originali, avute in dono oppure acquistate», ha spiegato ancora l’artista Ninni Donato che espone anche altre due opere due interni di una casa in Sicilia con tutta una loro temporalità.
Angela Pellicanò: ricerca tra storia, propaganda e verità
Si torna poi nella sala dove l’opera di Angela Pellicanò resta nello stesso contesto storico del Ventennio per poi attualizzare con un’opera recente e inedita.
«Questa è una tela, con olio e carta. La carta – spiega l’artista reggina Angela Pellicanò – sono le leggi razziali frammentate (tagliate rigorosamente a mano per una intera estate) in un’opera performatica, che io definisco di grande verità rispetto a una realtà rappresentata dalla propaganda e non solo. E anche un’applicazione delle leggi che era in qualche modo strumentale, funzionale a essa. Dunque c’è una parte di storia rappresentata con la pittura a olio di colore bianco, dove per via della propaganda non c’è verità. In fondo c’è poi la pesantezza delle leggi razziali frammentate. Questo lavoro che va avanti dal 2015 quando io e Ninnì venimmo selezionati ministero della cultura per il progetto Unity ed esponemmo a palazzo dei Priori a Perugia. A questa opera ne ho associato un’altra realizzata quest’anno e finora inedita.
Si tratta di una radica di ulivo che ho cercato di salvare dal ciglio di una strada. Non sono riuscita a farla rivivere e l’ho rivestita con collage di carta originale della propaganda fascista della seconda guerra mondiale senza però testo scritto. Le cromie in qualche modo replicano il chiaro scuro del tronco. Poi c’è un concetto che va oltre, laddove la carta si confonde con la materia e la forma da ci proviene. C’è anche – spiega ancora Angela Pellicanò – un richiamo al simbolo fallico e ai diversi tipi di potere anche quello che poi viene inscatolato quando si lega al prodotto di largo consumo».
Nari Ward: Il bene e il male
Le scatolette metalliche sono un elemento che ricorre anche in altre opere. La loro forte simbologia di contenitore che ha permesso ad un numero sempre più ampio di persone di accedere a cibi che, potendo essere a lungo conservati, diventavano prodotti di massa ed elevavano la qualità della vita delle persone. E Infatti accanto c’è l’opera di Nari Ward, che con due scatolette rappresenta il bene e il male. Di fronte Angela Pellicanò ripropone le Conocchie, una rivisitazione inedita dello strumento di filatura fuso con immagini apotropaiche, in cui convergono elementi ancestrali e moderni solo apparentemente inconciliabili.
Jessica Lloyd Jones e Fabrizio Cotognini: il cosmo e il mare
La magia di un microcosmo tutto da scoprire scrutando dentro la pietra lunare dell’artista Jessica Lloyd Jones e, dietro, il dramma dell’universo del lavoro e delle morti bianche con la tuta (del padre dell’artista) compressa tra due blocchi di acciaio.
Al centro della sala parla il mare. Fabrizio Cotognini, artista marchigiano vincitore del premio Cairo, esplora una serie di simbologie dalla letteratura alla fantascienza e attraverso la tecnica il disegno, illustra questa evoluzione tra elementi che lui trova e poi mette insieme e che vediamo sublimarsi nel lavoro realizzato con una tecnica meticolosa di disegno con vari lacche e chine delicate ispirate al mare e tutto ciò che custodisce e lambisce. Questo corallo è posto al centro. È una scultura naturale abbagliante che si adagia sul libro rilegato a fisarmonica, appunto il leporello, in questo caso dispiegato.
Lorenzo Benedetti: Poster 3500cm2
L’arte come motore di coesione di una comunità capace, come nel caso del progetto Poster 3500 cm², di sublimarsi nel coinvolgimento del pubblico.
«Il progetto parte dall’idea di diffondere l’arte contemporanea laddove non arriva. C’è tutto un pubblico – spiega il curatore Lorenzo Benedetti – che non accede all’arte. Ed è lì che questo progetto vuole spingersi. Iniziò come progetto rivolto ai giovani che il sabato sera andavano a sentire della musica. Allora ho chiesto, ogni sera, a un artista di creare un’opera destinata a sole mille riproduzioni.
Un’opera unica di cui esistono delle riproduzioni comunque limitate, dunque con un certo valore. Poi mille persone avrebbero potuto prendere gratuitamente quel poster e così accedere all’arte, spesso relegata in ambienti che possono risultare escludenti e inaccessibili. Invece quelle mille riproduzioni creano un’ecosistema dell’arte, una preziosa unione tra chi non andava mai a vedere le mostre e chi diventava automaticamente collezionista.
Finora i poster realizzati sono 108. Qui – spiega ancora il curatore Lorenzo Benedetti – ne sto esponendo poco più di una ventina, dal numero 86 in poi. Nei 108 sono compresi i due inediti realizzati per l’esposizione a Reggio, che sono distribuiti gratuitamente all’ingresso e che resteranno stabilmente nel progetto. Uno è di Fabrizio Cotognini e si intitola Tecnicolor con i richiami al film Biancaneve di Walt e a Disney e Profondo rosso, il primo e l’ultimo film fatto con questa tecnica Tecnicolor.
L’altro è un omaggio a questa terra ed è del calabrese Alfredo Pirri che ha realizzato un monumento alla memoria di don Sardelli che molto si è battuto per la casa e per diritti di chi l’aveva a Roma. Questo progetto, il cui titolo richiama le dimensione del poster, 50X70, e loro volta metafora di uno spazio espositivo che io metto a disposizione degli artisti che fare un progetto ad hoc, approderà presto in 10 ospedali psichiatrici nel Lazio, dove sarà esposta in modo permanente per valorizzare gli ambienti di questi ospedali. A mio avviso l‘arte temporanea ci consente di lasciare qualcosa di questa epoca a chi verrà dopo di noi. È una responsabilità», sottolinea Lorenzo Benedetti.
Gli autori dei poster
John Armleder, Elisabetta Benassi, Diego Cibelli, Attila Csörgo, Simon Dybbroe Moller, Paolo Icaro, Jochen Lempert, Cristina Lucas, Domenico Mangano &, Marieke Van Rooy, Matt Mullican, Ciprian Muresan, Tura Oliveira, Giulio Paolini, Marinella Senatore, Fernando Sánchez Castill, Hans Schabus, Sarina scheidegger, Nil yalter, Nicole Wermers e le nuove edizioni di Fabrizio Cotognini e Alfredo Pirri.
Giovanni Ozzola: la poesia vergata sulla campana
La mostra, unica per il suo allestimento che si nutre della crudità dello spazio grezzo dell’interno della villa e della sua particolare architettura. Così lasciandosi ispirare dalla struttura circolare della sala che segue dall’alto si abbandona quasi fino a terra l’opera di Giovanni Ozzola, una campana delle navi dove lui ha scritto riportato una sua poesia. una poesia attorno alla campana. Gioca su questa centralità. Attorno a questa centralità vi è l’originale opera di Arcangelo Sassolino che mette sempre in tensione i materiali, in questo caso il vetro, e gioca su questo stress dei materiali, trascinati fino al momento critico.
La quadreria e la passione di Aldo Colella
Il pellegrinaggio di devozione molto sentita presso la Basilicata San Donato, un fossile plasmato come fosse un teatro, uno specchio frammentato sul quale riflettersi e per riflettere, e altre grandi opere precedono l’ultima stanza: una quadreria con i gioielli artistici della collezione di Cataldo Colella. Non solo grandi nomi ma anche opere peculiari come gli acquerelli con acqua di mare di Laura Paoletti e l‘esplorazione dei sette strati di uno specchio di Antonia Carrara, il linguaggio senza parole di Irma Blank e ancora la calligrafia di Danh Vo.
Tutti gli artisti in mostra
Bianco Valente, Irma Blank, Alice Browne, Antonia Carrara, Fabrizio Cotognini, Tomaso De Luca, Maria Adele Del Vecchio, Ninni Donato, Drifters, Farshad Farzankia, Gerardo Fornataro, Carlos Garaicoa, Antony Gormley, Shilpa Gupta, Mona Hatoum, Rodrigo Hernández, Jiri Kovanda, Carsten Höller, Massimo Lovisco, Jessica Lloyd Jones, Jorge Macchi, Giulio Manglaviti, Aldo Marinetti, Max Maslansky, Valentina Miorandi, Arcangelo Moles, Jonathan Monk, Margherita Moscardini, Riccardo Muratori, Rolf Nowotny, Damir Ocko, Hans Op De Beeck, Giovanni Ozzola, Laura Paoletti, Eddie Peake, Beatrice Pediconi, Angela Pellicanò, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Gianfranco Presta, Albert Samson, Arcangelo Sassolino, Daniele Sigalot, Nedko Solakov, Pascale Marthine Tayou, Ivano Troisi, Jack Vickridge, Danh Vo, Nari Ward, Ai WeiWei, Sophie Whettnall, Xia Zhiyo.
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