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Al Forte Batteria Siacci l’Arte contemporanea indaga il Tempo dentro lo Spazio – FOTO e VIDEO

A Campo Calabro, la sezione curata da Angela Pellicanò, unitamente alle altre aree espositive e alle altre installazioni legate al design e all’architettura della Biennale dello Stretto, resterà visitabile sabato e domenica fino al 14 dicembre. Su prenotazione, per scuole e gruppi, anche durante la settimana

Al Forte Batteria Siacci l’Arte contemporanea indaga il Tempo dentro lo Spazio – FOTO e VIDEO

Artisti, architetti, designer si interrogano sulla contemporaneità e sul futuro traendo ispirazioni per opere che non dispensano risposte ma pongono nuove stimolanti domande. Del resto l’arte deve interrogare non rassicurare. Piuttosto che cristallizzare il tempo, essa deve essere, dunque, pronta a cogliere del tempo anche il più latente e flebile movimento che racchiude in sé anche solo un fermento, un segno, un battito comunque da indagare e scandagliare.

Quando poi questa ricerca è destinata a plasmare uno spazio unico e immerso nella natura e nella storia, un luogo che del lavorio incessante di queste due inarrestabili forze reca i segni affascinanti, un luogo a picco su uno Stretto che divide due sponde immerse nel mito di una bellezza che tempo non conosce, allora lo scrigno che tiene insieme quelle ispirazioni è destinato ad essere esplorato come se proprio per quel luogo fosse nato e fosse stato immaginato.

Questo luogo è il Forte Batteria Siacci, a Campo Calabro nel reggino, che ospiterà fino al prossimo 14 dicembre l’articolata esposizione inaugurata unitamente alla seconda edizione della Biennale dello Stretto, la Mostra internazionale di Architettura, Paesaggio, Scrittura, Video, Fotografia, con la direzione di Mariangela Cama, Alfonso Femia, e Francesca Moraci, lo scorso 18 settembre.

«La mostra resterà visitabile sabato e domenica dalle ore 9:30 alle ore 13 e dalle ore 16 alle 19 e, su prenotazione tramite mail da inviare al Comune, per scuole e gruppi anche durante la settimana. Il Forte Batteria Siacci è un patrimonio collettivo che questa mostra esalta in maniera straordinaria. Confidando in condizioni metereologiche clementi, che preservino soprattutto le installazioni esterne, noi andremo avanti fino a dicembre. Questo è il nostro programma». È quanto ha dichiarato il sindaco di Campo Calabro, Sandro Repaci.  

Nel Forte ogni segno del tempo non è traccia deteriore ma testimonianza preziosa di quella trasformazione che è sempre anche distruzione. Così ogni singola pietra, ogni crepa sulle volte o sui muri, ogni anfratto, i cunicoli, le finestre in legno divelte e assaltate dalla vegetazione spontanea, e a volte anche spinosa, prendono vita nell’atto di accogliere e custodire e lasciarsi custodire dalle installazioni e dalle opere. Tutto avviene in una sorta di intangibile reciprocità della quale il pubblico è parte integrante.

Casa come me

Una esposizione molto articolata e scandita da diverse sezioni. Tra queste quella di Arte contemporanea curata da Angela Pellicanò. Ispirandosi alla celebre frase di Curzio Malaparte “Casa come me”, a sua volta dedicata all’iconica villa immaginata e costruita sugli scogli di Capri, ha proposto ad artisti italiani, in particolar modo reggini e calabresi anche di adozione, e pure europei una riflessione sul Tempo dentro lo spazio.

«Ma se il tempo è perpetuo divenire, l’unico modo per bloccarlo è renderlo spazio, limite. È renderlo archivio, ovvero memoria che mantiene le cose che sono alla base della nostra vita.

Nella mostra – spiega la curatrice Angela Pellicanò – il tempo e lo spazio non vivono solo una dimensione astratta, ma costituiscono le materie prime dell’arte. Le opere sembrano cristallizzare istanti fuggevoli, sensazioni ed emozioni che si sedimentano nella memoria. Il passato, il presente e il futuro si intrecciano in un continuo divenire, espandendo il senso di precarietà e di instabilità predominante nella nostra epoca».

Lo Stretto che parla

L’incipit di questo percorso contemporaneo si avvale di originali suoni e linguaggi. Mentre l’opera in silicone Skin, ispirata all’arte arcaica della concia, di Demetrio Giuffrè guida verso una zona più oscura della forte, è il percorso “Suoni, Voci e Rumori dello Stretto: Sinfonie del Paesaggio” a condurre, seppure attraverso un cunicolo in penombra, verso la luce.

L’installazione sonora racconta lo Stretto, “sopra e sotto il mare”. Qui «si intrecciano spazialità sonore, melodie evocative, voci e rumori: la connessione profonda tra l’uomo e il mare. L’opera è un dialogo tra il passato e le tradizioni contemporanee, offre una prospettiva intima e riflessiva sulla vita di questo storico passaggio tra le due sponde», si legge nella presentazione che introduce alla produzione originale Mana Chuma Teatro (musica, suono e ambientazione Luigi Polimeni e maestra assistente Chiara Rinciari).

Filando nel Forte

Suoni ed evocazioni che si incastonano nell’installazione di teatro figura dell’associazione culturale Le Rane intitolata Spinning into the fort – Filando nel forte (a cura di Grazia Bono e Aldo Zucco) in cui le figure lungo il cunicolo buio raccontano ed evocano storie in un gioco di luci, ombre e brezze molto suggestivo. In fondo al cunicolo si intravede il rosso riflesso sull’acqua. Una sorta di tramonto della nostra umanità che affonda nel Mediterraneo con i tanti migranti senza nome che non riusciamo/vogliamo soccorrere e salvare. Un’installazione dedicata all’umanità fortemente in bilico su quell’acqua e all’accoglienza.

Lo Stretto che “non si nega”

È l’opera dell’Acqua di Ninni Donato, divenuta iconica per la Biennale, «già esposta nel 2022 e adesso riproposta mantenendo l’originaria ispirazione alla frase pronunciata da Benito Mussolini durante il suo discorso a Palermo nell’agosto del 1937 motivando la costruzione di fortificazioni sul lato meridionale della Sicilia che affacciavano verso l’Africa disse “Qui non sbarcherà mai nessuno”. Ho voluto cancellare le due negazioni per rileggere la frase in chiave contemporanea e anche mitologica. Così diventa “Qui sbarcherà nessuno” dove nessuno è il viandante Ulisse, è il migrante, è l’ospite che per gli antichi greci era sacro e andava accolto», ha spiegato l’artista Ninni Donato.

Le negazioni delle negazioni sono ricorrenti lungo il percorso. Sul filo della perenne contraddizione rispetto a quanto asserito dalla storia, scritte luminose sui muri del forte sollecitano il pubblico a ribaltare il punto di vista e a cercarne uno nuovo.

Le Conocchie e la Storia dell’Alienato

Ma prima di giungere al rosso riflesso sull’acqua, due le installazioni di grande impatto. La mostra Corajisima a cura di Technelab che propone una rivisitazione inedita dello strumento di filatura sul cui apice si ergono arcaiche rappresentazioni pastorali, immagini apotropaiche, zoomorfismi, (galline, galli) in cui convergono elementi ancestrali e moderni solo apparentemente inconciliabili. Di fronte si snoda la Storia di un alienato (History of an estranged) di Gianfranco Scafidi. Una installazione che spinge il visitatore dentro una casa rossa e per catapultarlo in un contesto privato ma solitario fino all’estremo.

Una casa per altro realmente esistente ma non identificabile, in cui un uomo vive in completo isolamento, comunicando con l’esterno solo attraverso il gesto improvviso di buttare fuori dalla finestra i fogli sui quali scrive. Appunti di una vita vissuta fuori da ogni schema e dentro quattro mura, raccolti dall’artista ed esposti. Affissi sulle pareti e apposti a terra come a comporre il puzzle di una storia che non è individuale ma in larga misura universale. Brandelli di una quotidianità straniante che a un certo punto vengono espunti, come a testimoniare l’insopprimibile necessità di comunicare con l’altro così distante ma di cui forse non possiamo fare a meno.

Il candore dei marmi di Carrara e gli edifici in un mondo distopico

Seguono nelle altre sale le istallazioni video Apua di Flaminia Celata & Bärbel Praun, esposta fino alla fine del 2024 anche alla XXIII Cerveira International Art Biennal in Portogallo e segnalata dal Ministero della Cultura. Attraverso un’indagine sulle celebri cave di marmo di Carrara nelle Alpi Apuane, si esplora la possibilità di cura e resilienza. Tutto avviene attraverso il confronto con un marmo candido e bellissimo ma anche intensamente sfruttato e inserito in un meccanismo di estrazione e lavorazione inquinante e irregolare.

Accanto c’è Atmosfera 2020, l’installazione video 3 canali di Giacomo Costa che invece scaraventa chi osserva in un tempo distopico, inquietante ma per nulla distante. L’artista con lungimiranza ha elaborato delle immagini in cui edifici sono abitati da supporti tecnologici, cavi e nulla altro. Non ci sono persone. Immagini create prima della pandemia che si sono poi rivelate idonee a raccontare quel tempo strano e sospeso, isolato ma al contempo iperconnesso.

Il dolore dei detenuti che nessuno ascolta

Rompe l’armonia dei suoni e dei silenzi Noise, l’installazione con cui Ninni Donato denuncia l’alto tasso di suicidi in carcere e il dolore costante di chi vive in detenzione. Un dolore che nessuno ascolta e che per questo viene proposto attraverso un rumore molto disturbante che non può essere ignorato. Una corrente elettrica alimenta delle lampadine illuminate a intermittenza.

Esse non si stancheranno di invadere l’udito fino a quando non si esauriranno. La scritta “ammazzare il tempo” in carta giapponese, completa il quadro di un’angoscia infinita e profonda che si vive nella solitudine di un’esistenza in carcere. Fino a quando si resiste. Fino a quando anche quella corrente non sarà più in grado di alimentare e persino quel rumore finirà.

L’arte che legge le epoche

Ogni passo verso ogni stanza o angolo esterno del forte divenuto teca o spazio espositivo si ammanta di curiosità. Ci sono ancora “Cicatrici del tempo” di Giuseppe Bonaccorso, l’installazione Every time we say goodbye di Gianni Brandolino, l’installazione scultorea dell’Acquaiolo di Luigi Citarrella, l’installazione interattiva e di intelligenza artificiale Sembra di Paolo Giosué Genoese, l’installazione Eco di Cinzia Palumbo e Marco Labate che propone anche La nascita di Crono. Le cinque età del genere umano. Poi ancora Maria Teresa Oliva con le sue opere Black on Black e Small Islands of matter realizzate in alluminio, paperclay, argilla nera, lana, stoffa, argilla refrattaria e resina. Ci sono anche le installazioni site-specific con elementi scultorei, multimediali e materiali che dialogano tra loro di Filippo Malice.

L’arte che denuncia ed esplora

Una sala del forte è dedicata alla storica Galleria Arte Toma di Reggio Calabria, arricchitasi anche dello spazio espositivo e performativo multidisciplinare SottoGiudecca. La Galleria Toma propone Le donne dei grattacieli in olio su tela di Armiro Yaria, manifesto contro l’abusivismo edilizio degli anni Settanta e l’urgenza di rigenerazione urbana.

E ancora Quanto di noi rimase e Le ceneri dell’entroterra, opere in ferro, cotone, cenere, carbone su lenzuolo, attraverso le quali l’artista e performer Luca Granato denuncia lo scempio di boschi e foreste generato dagli incendi a loro volta frutto di malaffare e irresponsabilità. Ancora Dieciallasedicesima, video a tre canali e opera in pane e resina di Nausica Barletta per riflettere sulla relazione e la dicotomia tra il mondo naturale e l’intervento umano, documentando l’interazione tra una colonia di formiche e una scultura commestibile, fatta di pane.

Lo spazio sacro e la storia

C’è poi lo spazio sacro esplorato da Larissa Mollace con il suo Lacrimarium e da Giuseppe Negro che espone Altare, opera in tessuto ricamato, oro e orone, esposto alla 54a Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Arsenale.

Immancabile l’appuntamento con la Storia con Giulio Manglaviti. La sua installazione site-specific (dipinto olio su carta, luce, audio) evoca la rappresentazione del potere. La stanza è la Patria sospesa tra dovere e sacrificio. C’è un’immagine di Giulio Andreotti e di fronte un apparecchio che rilascia l’audio-dramma originale del ritrovamento del corpo di Aldo Moro. In mezzo a tutto questo uno spazio circolare ricavato da una crepa preesistente sul pavimento del Forte. Lì tutto viene ingurgitato e, troppo spesso, anche nascosto e dimenticato.

Il tempo che diventa spazio

«Un tempo complesso, un tempo onirico, un tempo della costrizione, un tempo della grande libertà d’azione, un tempo distopico, quello del pre e post pandemia, un tempo per la spiritualità. Gli artisti – – ha sottolineato la curatrice Angela Pellicanò – sono stati davvero molto bravi e generosi nel portare o nel produrre qui installazioni site-specific.

Il percorso è davvero ricco e intenso, assai godibile come il panorama naturale in cui è immerso. Sono molto contenta di questa esperienza. Edizione dopo edizione la Biennale cresce insieme al pubblico che è tornato a trovarci già in questa seconda edizione. La mostra resterà visitabile fino al prossimo 14 dicembre. Le due installazioni video di Flaminia Celata & Bärbel Praun e Giacomo Costa, particolarmente delicate, saranno però riattivate il prossimo 12 ottobre, in occasione della giornata del Contemporaneo promossa da Amaci, associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani». Così ha concluso la curatrice della sezione di Arte Contemporanea, Angela Pellicanò.

E intanto si avvicina le prossime sessioni della Biennale dello Stretto (18 e il 19 ottobre la seconda e 13 e 14 dicembre la terza) con altri talk, incontri e dibattiti sulle tre linee d’acqua e sulle città del futuro.

Il Forte Batteria Siacci

Forte Batteria Siacci è la più importante costruzione del complesso di fortificazioni permanenti a difesa dello Stretto. Edificato in soli quattro anni (1884-88), fu utilizzato fino al 1985. Numerosi dettagli e rifiniture richiamano la tradizione architettonica delle fortificazioni cinquecentesche all’italiana, in questo caso però perfettamente armonizzate con le funzionalità del modello prussiano, il più avanzato dell’epoca in tema di fortificazioni.

Oggi, il Forte è un bene culturale in un’area naturale protetta (Zps Costa Viola). Sorge su una base quadrangolare irregolare a forma di un trapezio rettangolo con il lato lungo di circa 205m e quello corto di 80m. Intorno corre il fossato. All’ingresso il ponte levatoio e ai lati le caponiere provviste di feritoie per il tiro della fucileria e delle mitragliatrici.


Sull’ultimo livello troviamo le postazioni – paioli – per l’artiglieria costiera. Le opere sussidiarie di Forte Pignatelli e Deposito Munizioni Matini Inferiore completano il sistema delle fortezze umbertine nel territorio del Comune di Campo Calabro.

Forte Batteria Siacci è, dunque, un prezioso scrigno di storia e bellezza. Quale alchimia sarà generata dall’incontro con l’arte? Non resta che venire a scoprirlo.

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