VIDEO | Al Teatro Primo di Villa San Giovanni lo spettacolo scritto da Domenico Loddo, interpretato da Silvana Luppino e diretto da Christian Maria Parisi affida alle donne il racconto civile di uno degli intellettuali più scomodi del Novecento
Tutti gli articoli di Cultura
PHOTO
Al Teatro Primo di Villa San Giovanni la memoria si è fatta processo, il teatro si è trasformato in coscienza civile. Con «L’Ardito Rosso», spettacolo inserito nella rassegna Première d’Autore 2025 promossa dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria, è tornata al centro della scena una figura cruciale e irregolare del Novecento italiano: Leonida Repaci, scrittore, intellettuale antifascista, fondatore del Premio Viareggio, oggi sempre più distante dalla memoria collettiva.
Uno spettacolo che compie una scelta radicale: Repaci non appare mai. La sua assenza diventa il motore della narrazione. A raccontarlo sono le donne che hanno attraversato la sua vita, chiamate a testimoniare davanti a un giudice speciale. «Leonida rivive nella voce del racconto di queste donne che si confessano davanti a un giudice», spiega Domenico Loddo, autore del testo, «e nella sua assenza diventa più presente che se effettivamente fosse stato in scena».
Il testo, scritto da Loddo, è interpretato da Silvana Luppino, che dà corpo e voce a una galleria femminile complessa e spiazzante. Si alternano la sorellina morta di spagnola, la madre, la moglie, la gerarca fascista, l’anarchica difesa da Repaci avvocato. Donne diverse, spesso inconciliabili, che costruiscono un racconto frammentato e potentissimo. «È sempre molto interessante vedere il punto di vista degli altri», sottolinea Loddo, «e se è un punto di vista femminile, è un punto di vista che sta un po’ più in alto. Dal mio punto di vista le donne sono la parte migliore dell’umanità».
Ne emerge un Repaci lontano da ogni santificazione. Un uomo attraversato da contraddizioni, conflitti, scelte radicali. «Scopriamo un Leonida Repaci moderno», continua Loddo, «antifascista, certo, ma soprattutto con un messaggio universale: guardare sempre avanti e stare dalla parte degli ultimi». Un pensiero che parla al presente. «Sembra una frase fatta», aggiunge, «ma lui è un contemporaneo del futuro. I temi che ha affrontato con le sue parole e con la sua vita - la donna, la comunità, la giustizia - ci riguardano ancora oggi».
La regia di Christian Maria Parisi costruisce un impianto simbolico preciso, fondendo biografia e mito. Al centro c’è Mnemosine, dea della memoria, che diventa giudice e narratrice. «Il lavoro registico cerca di fondere la figura di Mnemosine, la madre di tutte le muse, con quella di Leonida Repaci», spiega Parisi, «per ricordare quegli scrittori e quegli artisti che hanno segnato un’epoca e ci hanno tracciato una strada». Una scelta che rifiuta la dimenticanza e affida al teatro il compito di ricordare. «Abbiamo scelto che fosse Mnemosine, attraverso il suo mito, a raccontare Repaci e alcuni dei frangenti più importanti della sua vita».
«L’Ardito Rosso» è così un’opera che usa il teatro per interrogare il presente, trasformando la memoria in atto politico e civile. Non una commemorazione, ma una chiamata in causa. Perché Repaci, evocato dalle voci delle donne e giudicato dalla memoria, continua a parlare. E a disturbare.

