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«L’Ufficio per le Minoranze Linguistiche presso la Presidenza del Consiglio, in un suo riscontro alle mie istanze, comunica sostanzialmente di avere chiesto alla Città Metropolitana di Reggio Calabria se ritenga corretto il proprio operato alla luce delle osservazioni da me poste. La Città Metropolitana ha risposto a Roma di non ravvisare alcun problema nel proprio operato. Così si è concluso l’iter interno con cui la Pubblica Amministrazione avrebbe potuto porre rimedio ad uno degli aspetti che si ritiene quantomeno favoriscano quei fenomeni di ethobusiness che si teme siano in corso in Calabria».
Con queste parole, Francesco Ventura, attivista impegnato nella rivitalizzazione linguistica della comunità greca di Calabria, commenta la conclusione di una settimana «mediaticamente febbricitante», nella quale ha segnalato criticità e proposto soluzioni che – sottolinea – «richiedono l’esistenza e la conduzione di un dialogo multilivello».
Ventura definisce «surreale» la risposta ricevuta e annuncia che una relazione su questo esito sarà presto integrata «presso le dovute sedi, ivi compresa la Corte dei Conti». «Quanto letto – prosegue – lascia disarmati ed alimenta la disillusione sul fatto che l’attivismo civico possa portare a effettivi risultati in questa nostra terra».
Il paragone con le gare d’appalto è amaro: «Se fossimo chiamati con le stesse modalità a monitorare sulla regolarità degli appalti, non esisterebbe irregolarità alcuna in Italia, poiché raramente nella forma gli appalti truccati non risultano impeccabili».
Per l’attivista, senza una reazione dell’opinione pubblica e un cambio di sensibilità della classe politica e dirigente, «le uniche speranze di cambiamento sono destinate a restare confinate al potere giudiziario nelle sue diverse declinazioni». Con una chiosa che fotografa il senso di frustrazione: «Poche cose lasciano l’amaro in bocca come il credere d’avere ragione ed averla invano. E più si va avanti in questa storia e più pungente n’è il retrogusto del reflusso in gola».