«Il dibattito sul Ponte sullo Stretto continua a riempire le pagine dei giornali, ma spesso a prevalere sono le opinioni ideologiche più che i dati concreti».  È quanto dichiara Giovanni Leonardo Damigella, amministratore della Mondial Granit spa di Chiaramonte Gulfi, in provincia di Ragusa.

«Il costo dell’opera è stimato in circa 13 miliardi di euro, con un ritorno economico in meno di cinque anni. Oltre 100 mila persone verrebbero impiegate nei lavori, generando contributi previdenziali e imposte per più di 3 miliardi che rientrerebbero immediatamente nelle casse dello Stato.

Sul piano tecnico non ci sono dubbi: gli studi già condotti prevedono resistenze a terremoti di magnitudo superiore a 7 e a venti oltre i 250 km/h. Non serviranno nuove cave, anzi: quelle esistenti verranno ripulite dai ravaneti, con un beneficio ambientale. L’Etna, inoltre, continua a fornire ghiaia di qualità eccellente per il calcestruzzo.

Il vero ostacolo è solo politico. In passato lo Stato ha potuto spendere circa 200 miliardi per il Superbonus 110%, misura che ha generato enormi sprechi e frodi, ma si continua a ostacolare un’opera strategica che darebbe prestigio internazionale al Paese.

Il Ponte sarebbe per l’Italia quello che il Colosseo o la Pietà sono stati per Roma e per Michelangelo: un simbolo eterno di ingegno e grandezza. Non realizzarlo significherebbe infliggere l’ultimo tradimento al Sud, che da decenni attende infrastrutture vere e integrazione con il resto della nazione», conclude Giovanni Leonardo Damigella, amministratore della Mondial Granit spa di Chiaramonte Gulfi.