venerdì,Aprile 19 2024

Elezioni, Richichi (Pd): «Le dimissioni non si annunciano, si danno»

Dura disamina del membro della Direzione regionale calabrese, che boccia Enrico Letta ma anche tutti coloro che hanno gestito il partito

Elezioni, Richichi (Pd): «Le dimissioni non si annunciano, si danno»

«In seguito allo scarso risultato ottenuto dal partito democratico alle elezioni del 25 settembre, Enrico Letta, ha annunciato le dimissioni da segretario del Pd. Il gesto gli fa onore, ma alimenta, anche, qualche perplessità, considerato che ha annunciato di voler restare nella carica di segretario nazionale fino al prossimo congresso. Gestirà il partito e i gruppi parlamentari fino a quella data per poter predisporre e scegliere il nome del nuovo segretario politico? Spero che non sia così».

La riflessione è di Domenico Francesco Richichi della Direzione regionale del Pd Calabria, che offre a Letta l’attenuante di essersi trovato davanti a una corsa ad ostacoli dovuta all’improvvisa caduta del governo. «Ma ciò – incalza – non giustifica il mancato rispetto dello statuto nella nomina di deputati e senatori senza aver operato un dibattito democratico interno; né la cancellazione delle primarie e la scelta dei nomi dei sicuri eletti concordata esclusivamente con i capi corrente o, meglio con i boss del partito. La conseguenza è stata ovvia: la sconfitta,  che in Calabria ha avuto il suo apice con la elezione di solo due parlamentari, con un terzo, calabrese di nascita e romano di fatto, eletto conto terzi».

Dai risultati elettorali emerge, ancora una volta, la domanda relativa «a chi il partito democratico si ispira riguardo a valori, idee, progetti, ideali? Al cattolicesimo democratico? Al marxismo del centralismo democratico? A Gramsci e ai suoi quaderni? Vale ancora il principio della “giusta mercede” ai lavoratori, invocato da Papa Leone XIII nella Rerum Novarum ?»

Una cosa è certa per Richichi, «in 10 anni di governo con coalizioni le più disparate, il Pd si è fatto sostituire e superare nella lotta alla povertà, nella difesa dei più deboli e degli emarginati, dal Movimento 5stelle, che ha introdotto provvedimenti confusionari e ad alto sperpero di fondi pubblici; non ha manifestato idee concrete sulle scelte nei settori dell’economia, della giustizia, dell’ambiente».  

A parere del membro della Direzione regionale, sono stati confusi gli elettori i quali – eccettuata la preferenza accordata ai 5stelle che hanno utilizzato il voto di convenienza (o scambio?) dei destinatari di reddito di cittadinanza – hanno scelto i partiti che hanno fatto percepire un’idea fondata su un retroterra politico-culturale.

«Ad urne chiuse, prorompe, spontanea ancora l’altra seria domanda su cosa sia, oggi, la sinistra in Italia, a chi si rivolge e a che cosa guarda: Fratelli d’Italia si ispira alla destra sociale della defunta Alleanza Nazionale di Fini, la Lega si ispira al regionalismo/federalismo puro, Forza Italia al liberismo assoluto, i Cinque stelle alla convenienza contingente; il PD e il resto della sinistra a quale filone di pensiero fanno riferimento? Non sarà che un riferimento proprio non ce l’abbiano più, rinserrati nelle comode posizioni snob/altoborghesi?»

Secondo Richichi il Partito, fucina di organizzazione e di cultura, utile a formare le nuove classi dirigenti è scomparso dagli obiettivi, oramai, da diverso tempo: «i giovani si sentono respinti; il popolo e gli iscritti non vengono coinvolti nelle discussioni politiche del partito: siamo diventati un comitato elettorale ad usum delphini, in questo caso rappresentato dal mite, ma non troppo, Enrico Letta».

Da qui le conclusioni: «Ed allora le dimissioni del Segretario politico appaiono più come una sincera giustificazione della disfatta. Debacle che, comunque, appartiene tanto al segretario quanto a tutti coloro che hanno gestito (male) il partito, – uomini e donne, ministri e membri del governo che per oltre un decennio, sono stati in gran parte, o evanescenti nel loro operare, o incapaci di rapportarsi con l’opinione pubblica per far conoscere i pochi contributi al bene comune».

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