Il nuovo appuntamento di “A tu per tu” vede ospite gradito della redazione de ilReggino.it Demetrio Delfino un “ragazzo” che ha ricoperto diversi incarichi nel corso della sua carriera politica, da Rifondazione comunista a Sinistra Italiana, sempre fedele ad un ideale, sempre dalla stessa parte… ha un segreto? Perché sempre più spesso si vedono cambi di casacca se non di schieramento…

«Non c’è nessun segreto. È solo la passione e la convinzione di essere dalla parte giusta. I valori e le idee che mi ha trasmesso mio padre, insomma, e anche ai circoli che ho frequentato di Rifondazione Comunista quando da giovanissimo facevo la colla con la soda e la farina… e quindi quell’esperienza diciamo ti segna e ti fortifica, e poi quando uno fa politica per passione e non per convenienza personale, allora è facile che la strada sia sempre dritta».

Recentemente sui tuoi social è apparsa una foto che ti ritrae con Bertinotti. Insomma una foto che qualcuno potrebbe definire d’epoca…

«Sì, insomma, sono passati circa 25 anni più o meno, quindi sì avevo ancora i capelli lunghi. È stata una bellissima esperienza, e Bertinotti un leader discusso però chiaramente uno di quelli che ha fatto la storia a sinistra, quindi per me da ragazzino era veramente un leader carismatico ed è stato un onore… quella foto che hai visto, credo fosse il congresso di Fiuggi dei Giovani Comunisti».

Di recente è stato nominato segretario metropolitano di Sinistra Italiana, praticamente tenuto a battesimo dal leader nazionale Nicola Fratoianni. Quanto pesa un incarico del genere in una realtà calabrese e reggina, perché SI ha una sua chiara identità…

«Con Fratoianni eravamo nei Giovani comunisti, appunto tanto tempo fa, perché siamo più o meno coetanei. Lui era il segretario dei Giovani Comunisti allora e comunque io ho sempre seguito Insomma da Sel in poi Nicola anche se non avevo tessere di partito però chiaramente è il mio habitat naturale. Poi ci siamo incontrati con il segretario regionale di Sinistra italiana Fernando Pignataro che insomma un po’ ha cercato di portarmi da quella parte e poi a sorpresa mi ha organizzato un incontro a Riace con Fratoianni, dove abbiamo ricordato i vecchi tempi e mi ha detto insomma fondamentalmente che Sinistra italiana era da costruire in città e in provincia, “dacci una mano con la tua esperienza”, e quindi mi ha convinto, ma c’è voluto poco perché ti ripeto è il mio habitat naturale.

Diciamo che ha trovato anche terreno fertile, nel senso che comunque tu sei sempre stato un po’ diciamo con le mani dentro le faccende della città. Gestisci un circolo “Reggio Sud” che comunque si occupa non solo del quartiere…

«Il circolo Reggio sud è un circolo politico culturale che mi porto dietro da tempo, perché si è sempre chiamato così, dove facciamo tante cose diverse grazie anche all’impegno di tante compagne e compagni che si spendono e si autofinanziano. Tra l’altro per mantenere questa sede, dove si fa musica si fa cinema si fa teatro si presentano libri ma si fa anche politica, incontri politici, abbiamo raccolto le firme contro l’autonomia differenziata. Insomma è un circolo attivo sul territorio, in un territorio difficile come quello di Sbarre».

Faccio alcuni nomi… Angela Martino, Angelo Larosa, Patrizia Gambardella, Franco Le Pera, Demetrio Martino, Mirella Giuffrè e Silvia Martino. Questi sono alcune delle personalità, anche ex amministratori, che hanno sposato il progetto di Sinistra Italiana. Cosa li ha attratti?

«Alcuni di loro certamente si sentivano smarriti perché non avevano una casa pur essendo tutte persone che vengono da una storia e da una tradizione di sinistra, però ultimamente, un po’ anche come me, non avevano una tessera di partito perché non si riconoscevano nei partiti del panorama politico esistente. Dopodiché credo che la svolta sia stata l’elezione delle europee a giugno, quando comunque si è fatta una bella campagna elettorale, con candidati azzeccati, e Alleanza Verdi sinistra ha avuto un enorme successo. A quel punto un po’ si è risvegliata la coscienza, è diventato attrattivo, e poi, non per prendermi meriti che non ho, moltissime delle persone che hai nominato sono stato io a contattarle e a parlargli del progetto e quindi sono arrivate anche sulla fiducia diciamo, però si stanno trovando già bene. Abbiamo fatto i congressi e quindi ora inizia un percorso che ci farà tanto lavorare ma speriamo di poter dire la nostra con appunto i valori e gli ideali che ci caratterizzano».

Rispetto alle prossime scadenze elettorali vi presenterete sotto le insegne di Alleanza Verdi sinistra che ad oggi appare come un progetto irreversibile? Con quali ambizioni e con quali idee per la città?

«Sì assolutamente, ormai è un processo avviato e che, come stiamo vedendo, da anche frutti perché questa Alleanza ha fatto in modo che il partito prendesse oltre il 6,5% addirittura alle europee, che non è una percentuale diciamo di poco conto in questo momento storico. L’intenzione, il progetto, Il programma è quello di fare una lista “Alleanza verdi sinistra” per tutte le competizioni elettorali che ci saranno da qui in avanti. Naturalmente se facciamo il bilancio delle due forze in campo vuol dire che funzionano perché Sinistra italiana si occupa dei diritti civili, del lavoro, del sociale, mentre Europa verde si occupa delle questioni ambientali, del clima. Quindi le due forze unite funzionano e i programmi insomma fanno sì che siano attrattivi rispetto a un elettorato che a sinistra diciamo ha poco o niente, e quindi siamo una novità in questo caso».

Le chiedo un giudizio su questi undici anni di sindacatura Falcomatà, e se c’è qualcosa rispetto anche a tutto questo percorso che voi suggerite nel programma del prossimo sindaco di Reggio…

«Diciamo sono stati anni complicati perché è inutile ribadire che venivamo da una situazione molto difficile, economica e sociale, ma anche politica, e dopo il commissariamento. Insomma era faticoso rinascere con il debito pesantissimo che avevamo sulle spalle. Quindi, da questo punto di vista la prima cosa che mi viene in mente, che è stata fatta e che non era cosa facile, è il risanamento del bilancio comunale. È successo da poco, un anno e mezzo fa, e però è stato molto sacrificante: dieci anni di politica di lacrime e sangue da questo punto di vista che non tutti i cittadini hanno capito. Però, oggi possiamo dire che siamo usciti da quel pantano grazie anche al lavoro straordinario, lasciamelo dire, dell’assessore Irene Calabrò e quindi questo è un primo passo importantissimo, dopodiché è innegabile che da alcuni punti di vista sono stati fatti passi avanti, non solo nelle opere pubbliche ma anche proprio nell’impostazione e nella visione di una città che nel futuro avrà grandi opere, avrà un turismo migliore di quello che c’è adesso, una viabilità migliore e tante altre cose anche nel sociale. Insomma, di passi avanti se non se ne sono fatti…»

A proposito dei diversi incarichi che hai ricoperto, ti chiedo se è più comoda la poltrona da presidente del consiglio o quella di assessore, dando per scontato che quella di consigliere sia da considerare un punto di partenza…

«Ho fatto il presidente del Consiglio, tra l’altro votato all’unanimità per la prima volta nella storia del Consiglio comunale di Reggio Calabria, quindi questa responsabilità me la sono sentita addosso. Certamente è un ruolo un po’ più di rappresentanza, è un ruolo che ti fa coordinare sì i lavori del Consiglio, ti fa mantenere in ordine l’aula anche evitando diatribe e imbarazzi o gaffe da parte della maggioranza, è però anche il ruolo che ti fa fare delle cose: per esempio abbiamo sostituito il cartaceo con le Pec, che sembra una cosa banale ma non si è mai fatto; abbiamo rinnovato il regolamento del Consiglio comunale che era vecchio, l’ultimo era del 1956, e poi la cosa più divertente ma anche più riflessiva è stato il fatto che abbiamo istituito il consiglio comunale dei ragazzi che può sembrare anche questa una banalità ma credetemi è stato un esperimento assolutamente riuscito, dove i ragazzi hanno espresso opinioni e proposte. E da qui la riflessione che a volte noi adulti non riusciamo a guardare la città con gli occhi di un ragazzo, che ti apre spazi enormi e riflessioni enormi. Anche per loro è stata una bella esperienza di impegno futuro, hanno visto gli uffici, come si lavora in Consiglio, cos’è una delibera e cos’è una determina, come si fa una proposta, dove si vanno a prendere i soldi per realizzare il campetto piuttosto che il parco giochi. È stata veramente una bella esperienza che spero si riproponga perché inspiegabilmente non si è più riproposto. Invece quella  dell’assessore è chiaramente una poltrona molto più scomoda, perché in un settore come quello dove ero io che è il welfare, le politiche sociali, veramente se ci tieni non ci dormi la notte, e mi è capitato spesso, però è una bellissima esperienza perché tu incidi nel tessuto sociale della città, cioè riesci a fare delle cose che diciamo ti gratificano ma risolvono anche alcuni problemi di persone che se si rivolgono alle Politiche sociali sono persone disagiate, che hanno bisogno, che hanno delle fragilità. E allora lì ti senti utile veramente, alle persone e alla tua città, e cerchi di impegnarti al massimo. È chiaro che sono responsabilità perché firmi carte e poi ci metti la faccia in prima persona. Se qualcosa non funziona o va male è colpa dell’assessore, se va bene è merito di tutta l’amministrazione come giusto che sia.  Però io sono contento di un’esperienza che all’inizio mi spaventava, però col senno di poi ritengo sia l’esperienza che di più mi ha gratificato».

Che assessorato e che welfare crede di aver lasciato alla città? 

«Il welfare che ho lasciato è un welfare in salute, ma questo grazie anche ai fondi europei che sono arrivati. Io sono arrivato nel novembre 2020, in pieno Covid, e da lì subito c’è stato tanto lavoro da fare. Ricorderai pacchi alimentari, buoni spesa, tutta una serie di misure, Covid hotel… insomma, c’è stato parecchio da fare. Il mio primo atto, che ricordo bene e su cui ho messo le mani, perché in Calabria fondamentalmente non c’era, è stato il Piano sociale di zona. Una grandissima soddisfazione, un grandissimo lavoro. Il Piano sociale di zona, lo ricordo per chi ci sta ascoltando, è praticamente il documento programmatico delle politiche sociali del Comune. Cioè la fotografia delle politiche sociali in quel momento e la visione futura dei prossimi tre anni, perché è triennale. In Calabria c’erano stati solo timidi abbozzi. Noi siamo stati i primi a portarlo a compimento, a votarlo in Consiglio, a metterlo in campo. Ed è un documento che resta, da cui poi si sviluppano tutte le politiche sociali della città, da lì in avanti. Con i dipendenti si è creato un rapporto veramente familiare, di squadra. Si capiva che si lavorava per il bene comune, per risolvere i problemi e i disagi delle persone. Ripeto, in un periodo molto, molto particolare. E ancora oggi c’è un ottimo rapporto. Ci sentiamo al telefono, ogni tanto usciamo anche per una birra. Quindi va benissimo così, sono contento dei rapporti che si sono creati e che sono rimasti, si sono consolidati».

Sei stato coinvolto, e poi prosciolto, nell’inchiesta sui brogli elettorali. Ti chiedo come hai vissuto quel periodo e se da quella vicenda c’è, secondo te, una morale da trarre. Quali sono le tue conclusioni?

«Ricordo quella vicenda in maniera abbastanza traumatica, per diverse motivazioni. Perché poi, alla fine, sono stato tirato per la giacchetta in modo immotivato. Si è preso spunto da una lettera che mi mandò il consigliere Castorina. Io allora ero presidente del Consiglio comunale, e non ho fatto altro che inoltrare quella lettera agli uffici competenti, per valutare ciò che dovevano fare. Tra l’altro, quegli uffici non hanno mai risposto. Poi la vicenda è andata com’è andata. Ma insomma, c’era una mia firma, e giustamente volevano approfondire la mia posizione. Il problema è che quando succedono queste cose, in questa città, c’è sempre molta strumentalizzazione da una parte. Se ricorderai, l’opposizione chiese subito le dimissioni, e c’era solo una notizia giornalistica. A me, in quel momento, non avevano notificato nulla. Anche se poi – e ora lo posso dire a distanza di anni – la politica a volte è strana: ufficialmente ti chiedono le dimissioni, poi privatamente ti chiamano e ti dicono “guarda, lo abbiamo dovuto fare, ce lo ha chiesto il partito”. Ed è una cosa un po’ triste, se la guardiamo da questo punto di vista.

Hai mai pensato che potesse andare male?

«Io sono stato sempre tranquillo, perché sapevo che con quella storia non c’entravo nulla. Tra l’altro, non ero indagato per i brogli in sé, ma per un atto burocratico. E poi alla fine è arrivato il proscioglimento. Ricordo che sono stato l’unico prosciolto in mezzo a trentasei imputati. E devo dire – anche se forse non tutti lo fanno – che in quell’occasione è stato bravo il giudice. Non solo mi ha ascoltato quando l’ho chiesto, ma ha voluto approfondire, voleva capire, era incuriosito da ciò che dicevo. E quindi c’è stata un’attenzione vera su quella vicenda. Tant’è vero che si è arrivati al proscioglimento, che non era per nulla scontato. Certo, poi sai, qualche strascico personale rimane. Qualcuno magari dice una parola di troppo. Però resta la soddisfazione delle moltissime persone che, subito dopo l’uscita della notizia, mi hanno espresso solidarietà. Alcuni privatamente, altri addirittura pubblicamente, sui social: “Su Delfino mettiamo due mani sul fuoco, non è possibile”. E questo rapporto con la gente, con i cittadini, non è cambiato».

Si sa che quando uno ha una carriera politica lunga, qualcosa gli rimane. Ma tu sei più presidente o più assessore? Come ti chiama la gente?

«Come dice mia moglie, sono più “consigliere di circoscrizione”, perché vengo dal quartiere, e ho mantenuto sempre un rapporto diretto con le persone. Ed è stata un’esperienza molto bella, che porto sempre con me. Quindi sì, sono più consigliere di circoscrizione».