La giunta Comunale ha già approvato il documento preliminare, ma è all'interno del Masterplan che si delineano visioni, strategie e la possibilità di realizzare progetti che abbiano un senso e che siano di sistema rispetto alla realtà di Reggio Calabria.

L’assessore Paolo Malara, dietro la sua composta postura, è raggiante. Sa di stare lavorando ad uno dei progetti probabilmente più importanti della città. Almeno per la città del futuro. Dei prossimi venti o trent’anni. Accanto a lui, nella sala dei Lampadari di Palazzo San Giorgio c’è Salvador Rueda, fondatore e direttore dell’Agenzia di Ecologia urbana di Barcellona, che è anche il protagonista della tre giorni di formazione e informazione dedicata al masterplan cittadino. Proprio ieri ha presieduto un tavolo tecnico sul tema “Strategie e azioni per la città ecosistemica” e il focus su “Pianificare la mobilità sostenibile per lo spazio pubblico”. D’altra parte l’ecologo urbano Salvador Rueda, incaricato della redazione del Piano per l’accessibilità urbana, lo spazio pubblico e la mobilità attiva, è considerato uno dei massimi esperti mondiali per quanto riguarda le questioni ambientali, ecologiche e della mobilità. È il padre delle “superilles” di Barcellona e quindi un professionista di grande esperienza, conosciuto sia dal punto di vista delle azioni culturali che fa in tutto il mondo, ma anche per gli interventi concreti a partire proprio da Barcellona.

«Noi scontiamo problemi che riguardano la mobilità e perciò – ha detto Malara nel corso della conferenza stampa di questa mattina - applichiamo delle procedure che dovrebbero razionalizzare il sistema della mobilità di Reggio Calabria. C’è poi il PAESC (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima), che si realizza a seguito dell'approvazione in Consiglio Comunale a settembre 2023, dell'adesione del sindaco al Patto dei sindaci».

Il Paesc è dunque un documento redatto dai comuni che sottoscrivono il Patto dei Sindaci per dimostrare in che modo l’amministrazione comunale intende raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni CO2.

«Strumenti volontari – ribadisce Malara - che avviano processi per diminuire al 2030 del 55% il tema dell'inquinamento, dell'energia, e perciò processi che in qualche modo dovrebbero allineare la città di Reggio Calabria alle altre città europee».

L’assessore sottolinea anche come ieri sia stato avviato un percorso con le altre istituzioni, perché molti interventi bisogna guardarli con un tema di multidisciplinarità e multi-criteri e «abbiamo trovato una condivisione importante perché alcuni interventi che non fa il comune di Reggio Calabria influiscono molto sulla città. Oggi pomeriggio invece facciamo un'iniziativa che è rivolta sia ai pubblici dipendenti, perché c'è un obiettivo di formare una classe professionale interna che sa traguardare, sa leggere, sa contribuire, sa attuare tutte quelle che sono visioni progettuali che si stanno realizzando in tutta Europa».

Domani mattina, a conclusione della tre giorni, si avvierà un laboratorio che diventerà «permanente». Sarà il primo incontro, e sono stati invitati associazioni e cittadini, tutti quelli che vogliono partecipare e che hanno qualcosa da proporre. «Speriamo che la comunità – è l’auspicio di Malara - prenda voce e ci sia un progetto corale per il futuro di Reggio Calabria».

A coadiuvarlo dal punto di vista tecnico, ma non solo, Ida Albanese, dirigente del settore Urbanistica e pianificazione territoriale e l’ingegnere Francis Cirianni che ha relazionato sul lavoro di redazione del PGUT (Piano Generale Urbano del Traffico). In particolare Cirianni ha spiegato come questo sia uno strumento obbligatorio di cui l’amministrazione deve dotarsi (sarà approvato nel 2026). Il lavoro importante realizzato per il Masterplan fa quindi da “matrice” per gli altri Piani che ne traggono linee guida ed indirizzi che verranno poi accuratamente tradotti in coerenza ai bisogni della città.

Rueda: «il pedone e il cittadino al centro della mobilità del futuro»

«Parlerò di tutta la città – ha esordito Rueda parlando coi giornalisti - e l'idea primaria è cambiare l’attuale modello di mobilità per un altro dove si mettono al centro le persone, i cittadini, ma non la macchina. La macchina si può usare per tutto, ma in questo senso il pedone e la bicicletta hanno un altro ruolo. Pertanto dobbiamo ripensare tutto visto che con l'attuale modello di mobilità è praticamente impossibile cambiare qualcosa. Intanto perché tutto è parcheggio e sosta o circolazione di veicoli e pedone. Pertanto se vogliamo cambiare la città, dobbiamo modificare prima il modello di mobilità».

L’ecologo spagnolo spiega che il modello di mobilità in questo caso cerca di ridurre la superficie, il numero di corsie, il numero di strade che sono oggi coinvolti con la mobilità, per liberarli. Dopodiché diventerà una priorità il pedone perché potrà sviluppare tutti i diritti e gli usi che il cittadino può avere, per esempio l'intrattenimento, la cultura, l'arte, l'interscambio, e allo stesso tempo la mobilità a piedi. Le soluzioni, nel caso di Reggio Calabria, vengono trasformando gli elementi chiave della città, tra cui il Lungomare.

«Il lungomare deve essere la piattaforma più attrattiva della città. La principale direttrice si deve cambiare. Noi abbiamo studiato quali sono le soluzioni per farlo, con diverse alternative e siamo al punto di sapere come farlo. A partire dalla possibilità di connettere un'altra volta la città con il mare».

Un elemento molto importante per Rueda, intanto perché per dirla con lui, può essere un elemento che cambia il paradigma della città in grado di moltiplicare il livello di attrazione della città stessa.

Ma le alternative possono essere diverse: «si fa una rete di queste vie pedonali che cambia radicalmente lo scenario attuale della mobilità di Reggio. Un altro elemento chiave è che la liberazione dello spazio, che viene con il cambiamento di questa idea del modello di mobilità, coincide praticamente con l'80% dello spazio che oggi occupa la macchina».

Ma Rueda è convinto che anche la periferia conti quanto il centro città. «La periferia deve avere esattamente lo stesso diritto del centro, altrimenti non va più bene. Voglio dire che le soluzioni che noi stiamo pianificando per il centro vanno bene anche per la periferia».

Perché ciò accada c’è naturalmente bisogno di tempo: «La città si deve pensare come un progetto con una scala temporale lunga. Non si può modificare una città in tre giorni. Pertanto questa idea è un progetto dove si stabilisce il periodo temporale per ogni cosa, dipendendo anche dai processi che sono in parallelo. Per esempio la tecnologia delle macchine sta cambiando. Noi dobbiamo fare questa riflessione e come deve essere il futuro della macchina in quanto a parcheggio, perché sicuramente la macchina in un futuro non molto lontano sarà una macchina autonoma, ma sicuramente sarà condivisa, non sarà di proprietà privata».

Insomma un Piano, e quindi diversi Piani, che devono tener conto dei cambiamenti in atto ma anche di quelli che potranno venire. «Possiamo liberare e pulire il nostro spazio pubblico da questo parcheggio, perché oggi non c'è un'altra possibilità che rimanga in quello stesso spazio» ha concluso Rueda ricordando come la percentuale di strade con piattaforma unica con priorità per pedone, a Barcellona, città simbolo di questa idea di sviluppo, sia arrivata al 20% del totale della superficie della città. «Manca ancora una parte, naturalmente, ma in questo processo di scala temporale di cui ho parlato si deve capire qual è il processo di cambio».

Falcomatà: «Una città si costruisce con i programmi, condivisi»

«Siamo molto contenti di aver avviato, e di portare avanti, un percorso che non è solo di collaborazione professionale ma che si sta rafforzando anche sul piano della sensibilità e della condivisione, soprattutto rispetto ai temi legati allo sviluppo futuro del nostro territorio».

Così il primo cittadino Giuseppe Falcomatà ha espresso viva soddisfazione per il percorso effettuato finora rispetto al masterplan, evidenziandone l’aspetto di condivisione e partecipazione per renderlo uno strumento della comunità e non di una parte politica. Il sindaco ha citato anche la visita privata dello scorso anno a Barcellona, insieme Salvador Rueda, quale occasione d’ispirazione per una visione di città sostenibile che punta a far rivivere gli spazi urbani, sociali, culturali e commerciali che prima erano solo luoghi di passaggio, non vissuti dalla popolazione; facendolo senza scelte drastiche, invitando a pensare un nuovo modo di vivere e muoversi in città. «Una città - ha sottolineato Falcomatà- non si realizza con un tratto di penna o con una delibera di giunta o di consiglio comunale: si costruisce attraverso un percorso partecipato».

Ecco quindi il senso del masterplan per Falcomatà: «un indirizzo politico su quella che poi potrà essere nei prossimi vent'anni la nostra città. Lo facciamo attraverso due elementi che caratterizzeranno il percorso del masterplan. Il primo è quello della partecipazione perché la città si fa con i cittadini, non è uno slogan, non è un motto, ma è quello che noi dobbiamo fare e quindi questo percorso di condivisione con i comitati, con le associazioni, con le rappresentanze istituzionali, con le associazioni di categoria, con gli ordini professionali, con l'università e con le scuole; e poi dall'altro lato coinvolgendo i professionisti della nostra città ma anche chiamando a un impegno professionisti che questa visione di una città sostenibile l'hanno già applicata nelle più grandi capitali europee come Barcellona».

Falcomatà - ricordando il momento antecedente alla realizzazione dell’attuale lungomare- ha richiamato anche le parole del padre Italo «Dobbiamo fare uno sforzo di immaginazione, perché questo è innanzitutto uno sforzo culturale; dobbiamo sforzarci di immaginare la città del domani. Nella nostra immaginazione però, una città si costruisce con i programmi, si costruisce con gli strumenti che sono utili alla sua realizzazione e questo è lo strumento urbanistico e direi anche principalmente politico che ci consentirà di vedere la città dei prossimi venti e trent'anni. Serve tempo – ha concluso – ma soprattutto consapevolezza, perchè questo non è un percorso nato nelle segrete stanze ma porta la firma di tutta la città. La partecipazione non è stata un adempimento formale ma un processo continuo che deve consolidare la consapevolezza della città ecosistemica e delle azioni necessarie per realizzarla».