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Siamo diventati come una pigna, pochi dubbi. Compatti, solidi e incuranti delle tante provocazioni, la squadra non ha perso mai la calma, difendendosi nei 5 minuti giocati dal Paternò e affondando il colpo quando l’occasione si è presentata da palla ferma. L’urlo della panchina dopo i sette minuti di recupero e la festa collettiva sotto la Sud in trasferta mettono in chiaro quanto fosse importante questa partita “minore”. Sia per non perdere terreno, che anche dietro hanno ripreso a correre, sia soprattutto per continuare nell’opera di sfinimento ai danni del Siracusa. Il messaggio è chiaro ed è sempre lo stesso: qui non si molla niente.
L’immagine di Adejo che colpisce la palla mentre un difensore avversario si diverte a provare su di lui una presa da wrestling è forse la più bella della giornata e diventa manifesto di una categoria dove questo genere di partite sono la regola, mica l’eccezione. Peccato ci sia voluto tanto tempo per capirlo. La differenza in campo era troppo grande tra le due squadre e che loro l’avrebbero messa sul piano della rissa non era difficile da intuire. Bravi tutti ad avere mantenuto i nervi saldi. Ma più che le botte ai giocatori, a farmi saltare i nervi sono state le condizioni del campo. Non è la prima volta che siamo costretti a giocare su piazzole spelacchiate che avrebbero reso meglio come campi di broccoli. Tenere un campo in erba vera costa, ma non è obbligatorio, ci sono ottime soluzioni con il sintetico. Fornire un terreno di gioco in cui la palla non rimbalzi come una trottola impazzita però dovrebbe essere obbligatorio. Qualcuno lo suggerisca alla lega.
Domenica torniamo al Granillo con l’ultima della classe. In questi giorni altri giocatori siciliani hanno lasciato la barca che sta affondando e probabilmente a Reggio ci troveremo di fronte una squadra imbottita di ragazzini. Quanto e se l’Akragas possa rimanere in piedi non è dato saperlo, ma comunque non è un buon segno. E d’altronde, visto quello che sta succedendo al piano superiore (Messina, Taranto, Turris per dirne qualcuna) c’è poco da restare stupiti. Il calcio come lo conoscevamo è un morto che cammina. Prendiamone atto prima che sia troppo tardi.
(Barney p)

