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Tra speranze di ripescaggio e il rischio di restare in Serie D, la Reggina si prepara a vivere un altro passaggio decisivo della propria storia. È il momento di costruire un ambiente solido, coeso, pronto a sostenere la squadra indipendentemente dal campionato. Le parole di grandi allenatori e del tecnico Bruno Trocini diventano la guida verso un futuro da affrontare con fierezza e appartenenza.
C’è un’attesa che pesa più di una sconfitta. È quella che vive oggi la Reggina, sospesa tra l’ipotesi di un ritorno in Serie C e la possibilità concreta di dover ripartire ancora dalla Serie D. Ma ci sono cose che vanno oltre una sigla, oltre una categoria. Ci sono valori che non retrocedono. E la Reggina, nella sua storia e nel suo popolo, ha sempre dimostrato che l’identità vale più della posizione in classifica. Oggi è il momento di mettere da parte incertezze e paure e di alzare lo sguardo. È il momento di parlare con la voce di chi ama, di chi sente, di chi appartiene.
Come Luka Modrić, che nel discorso d’addio al Bernabeu da poco svolto ha detto: «Non piangere perché è finita, sorridi perché è accaduto». Una frase che racchiude la forza della memoria e della riconoscenza, ma anche la voglia di voltare pagina con fierezza.
Luciano Spalletti, uno che di gruppi e identità se ne intende, ha ricordato che «uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli». Una frase che deve guidare lo spirito amaranto: perché il prossimo anno non ci sarà spazio per incertezze.
Antonio Conte, con il suo fuoco dentro, ha spiegato dopo la vittoria dello scudetto per annunciare il suo rinnovo con il Napoli che «possono cambiare i calciatori, possono cambiare gli allenatori, possono cambiare i proprietari dei club, ma quello che non cambia, e non cambierà mai, è la passione: la passione di questo popolo, la passione di questa città». Un pensiero che sembra cucito addosso a Reggio Calabria.
E come dimenticare Carlo Mazzone: «Io non sono un allenatore, io sono un tifoso in panchina». Perché prima della tattica, prima del risultato, prima del ruolo, ci dev’essere il sentimento.
Proprio come ha dimostrato Bruno Trocini, allenatore della Reggina, che in questi mesi ha saputo portare equilibrio, silenzio e lavoro. Ma soprattutto parole vere, forti, identitarie. «La testa va sempre alla Reggina», ha detto. E ancora: «Non c’è altro posto al mondo dove vorrei trovarmi in questo momento, se non qui, a Reggio Calabria».
Dichiarazioni che non servono a strappare applausi, ma a indicare una direzione. Perché oggi, al di là della categoria, la Reggina ha un compito ben più importante: costruire un ambiente maturo, unito, preparato. Un ambiente che non abbia bisogno del palcoscenico per sentirsi protagonista.
Per crescere, per dimostrare, per rimanere fedeli. La coesione, oggi, non è un dettaglio. È tutto. È la base su cui poggia ogni futuro. Non ci si può permettere di sbagliare più. Non si può più essere spettatori.
Servono persone che ci credano ogni giorno. Che capiscano che la Reggina non è un vezzo domenicale, ma una scelta quotidiana. Una fede. Un legame. Un’appartenenza.
La Reggina non è fatta per chi guarda solo il risultato. La Reggina è fatta per chi sceglie ogni giorno di esserci, di resistere, di lottare. Che sia Serie D o Serie C, questa squadra continuerà a vivere nel cuore della sua gente. E chi davvero ama questi colori, sa che non esiste categoria più importante dell’orgoglio di essere amaranto.

