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Nel nuovo appuntamento con il format A Tu per Tu de ilReggino.it, abbiamo incontrato il Tenente Federica Castello, psicologa della Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria. Con lei abbiamo approfondito l’importanza della formazione in ambito psicologico e comunicativo per i militari, il ruolo dell’Arma nella prevenzione e nel supporto alle vittime e quanto l’ascolto empatico sia fondamentale nella gestione dei casi di violenza. Un dialogo intenso che mette in luce il lato umano della divisa, tra esperienze toccanti e un forte impegno a cambiare le cose. Siamo partiti da domande fondamentali.
Tenente, come si prepara un Carabiniere ad affrontare casi così delicati come quelli legati alla violenza di genere?
«La formazione è centrale. Gli allievi ricevono nozioni giuridiche, ma anche strumenti psicologici e comunicativi. È fondamentale che sappiano accogliere una denuncia senza giudicare, con empatia e attenzione».
Esistono percorsi formativi specifici su questi temi?
«Sì, assolutamente. La formazione è sia iniziale, nella fase di addestramento, che continua. Organizziamo costantemente corsi di aggiornamento, workshop con esperti, incontri con psicologi e associazioni».
Quanto conta l’ascolto empatico?
«È il cuore del nostro intervento. Una vittima di violenza si affida a noi nel momento di maggiore fragilità. Deve sentirsi creduta e protetta, non solo ascoltata».
I Carabinieri ricevono supporto psicologico nelle fasi più critiche di un’indagine?
«Sì. Ci sono psicologi militari a disposizione e, nei casi più delicati, si attivano percorsi di affiancamento specifici».
Le vittime vengono accompagnate anche oltre la denuncia?
«Certamente. L’Arma lavora in rete con centri antiviolenza, assistenti sociali, psicologi. Non ci fermiamo alla denuncia, cerchiamo di essere ponte verso la rinascita».
L’Arma fa anche prevenzione?
«Tantissimo. Andiamo nelle scuole, incontriamo i cittadini, promuoviamo campagne. Perché educare è prevenire».
Quali messaggi sente di voler trasmettere?
«Che non si è mai soli. Che denunciare è un atto di coraggio e che ci sono persone pronte ad accoglierti. La violenza non è mai colpa della vittima».
Un’esperienza che l’ha segnata?
«Ce ne sono tante, ma una ragazza che dopo anni di silenzio ha trovato il coraggio di denunciare e oggi ha una nuova vita mi ha fatto capire quanto possa valere il nostro lavoro».
Che consiglio darebbe a chi ha paura di chiedere aiuto?
«Di fare quel primo passo. Anche piccolo. Anche solo parlare con qualcuno di cui si fida. Non è mai troppo tardi per salvarsi».
Cosa le ha lasciato, umanamente, questo ruolo?
«Mi ha cambiata profondamente. Mi ha reso più consapevole della forza delle donne e della responsabilità che abbiamo nel proteggerle». Un’intervista che è anche un viaggio nel cuore di un lavoro che, oltre alla divisa, porta con sé un’enorme responsabilità umana.