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Di Lorenzo Vazzana – Nel cuore dello Stretto, mentre il sole cala tra le fiamme del tramonto, Scilla si inarca in un urlo silenzioso. La sua scultura, fusa tra mitologia e arte, dà corpo a un’antica maledizione: sei teste ferine, coda squamosa e ali mostruose, simbolo di una bellezza corrotta dal destino. Il cielo arrossato sembra riflettere il tormento della creatura, che si dispera sulla costa calabrese guardando il mare che fu sua casa e condanna. L’opera, drammatica e potente, richiama la leggenda omerica in cui Scilla, una volta ninfa, venne trasformata in mostro. È un’icona visiva del dolore eterno, ma anche della forza del mito che resiste nel tempo. In questo gioco di luce e ombra, tra storia e natura, lo spettatore non può che restare in silenzio, spettatore di un dramma antico quanto il mare.