di Lorenzo Vazzana – Sembra il sogno dimenticato di un pianeta lontano, un angolo di luna precipitato sulla terra, modellato dal vento e dall’acqua come un mosaico di creste e solchi, di luce e ombra. Il bianco accecante dei Calanchi di Palizzi sfuma nel grigio argilloso, mentre i pini bruciati dal sole si aggrappano alle cime come custodi silenziosi di un paesaggio che sfida il tempo.

Camminare tra queste onde di pietra è come perdersi in un miraggio: il suolo si sgretola sotto i passi, mentre il silenzio si fa denso, avvolgente, interrotto solo dal respiro del vento che scivola tra le gole. Qui non c’è fretta, non c’è rumore: c’è solo la voce della terra, che racconta la sua storia millenaria in un linguaggio fatto di crepe e luce.

E poi, all’improvviso, il cielo. Così azzurro, così vicino, da sembrare la continuazione della roccia stessa, come se i Calanchi non fossero altro che dita di pietra protese verso l’infinito.