lunedì,Novembre 11 2024

Laboratorio Territoriale di San Lorenzo e Condofuri: «Ignorata la fragilità dell’ecosistema costiero»

Per il sodalizio: «Il lungomare di San Lorenzo è diventato un esempio classico di cecità distruttiva delle pubbliche istituzioni»

Laboratorio Territoriale di San Lorenzo e Condofuri: «Ignorata la fragilità dell’ecosistema costiero»

La vera emergenza è la crisi ecologica, una lezione che sarebbe dovuta emergere fortemente con la pandemia ma che invece sembra non essere arrivata. Il Laboratorio Territoriale di San Lorenzo e Condofuri pone l’attenzione sul lungomare di San Lorenzo «diventato un esempio classico di cecità distruttiva delle pubbliche istituzioni, del loro abbarbicarsi, mentre la barca affonda, alle prassi e alle visioni autolesioniste (e per giunta fuorilegge) che ci stanno portando al generale naufragio».

Nel ripercorrere la storia, il laboratorio ricorda che «A San Lorenzo le associazioni locali avevano fatto pervenire all’amministrazione comunale, e in seguito alla Città Metropolitana di Reggio Calabria, una domanda consapevole di buon governo del bene comune spiaggia, prima ancora della manifestazione, nel 2017, di un gesto progettuale obsoleto, eccessivo e fuori da ogni regola».

Tanti i rischi ambientali: in primo luogo la rapida riduzione delle spiagge nel caso in cui «un ecosistema fragile come quello costiero non viene gestito attenendosi alle Linee guida per fronteggiare il fenomeno dell’erosione messe a punto dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e firmate da tutte le regioni, il cui onore non è certo tenuto alto dalla Calabria che nella fattispecie ha esercitato in maniera scadente le sue funzioni di controllo».

In questo contesto «Inqualificabile anche il comportamento dell’attuale funzionario di zona della Soprintendenza, incapace di trarre indicazioni dalla specifica relazione dell’ISPRA sul paraggio di San Lorenzo, dove c’è scritto nero su bianco che il tratto di lungomare costruito nel 2001 ha causato erosione e che il rispetto della fascia dunale, ancora non artificializzata nell’area di progetto, è l’unica maniera per contrastare nel breve, nel medio e nel lungo periodo l’ulteriore arretramento della spiaggia. La Soprintendenza, che avrebbe dovuto mettere un argine alla superficialità irresponsabile espressa nell’occasione dal comune di San Lorenzo, dalla Città Metropolitana e dall’ufficio Via del Dipartimento Ambiente regionale, si è accodata a chi pervicacemente ha voluto a tutti i costi, con una corsa a ostacoli durata quattro anni, sancire il primato di un presente ammantato di abitudini urbane sul futuro prossimo.

Chi ricopriva in precedenza il suo ruolo aveva incontrato coscienziosamente un ingegnere dell’ISPRA, ed era intenzionato a prescrivere una larghezza massima dell’opera di otto metri; per quale ragione questo lavoro di documentazione, successivo al parere contrario espresso per le violazioni di legge configurate dall’originario progetto, è stato del tutto ignorato? Una decisione ragionevole di questo tipo avrebbe salvato capra e cavoli: le esigenze umane di fruizione dell’area insieme a quelle dell’ecosistema di sopravvivere riacquistando la sua dunale fisionomia. E inoltre un altro elemento avrebbe dovuto guidare una decisione più cauta : la spada di Damocle del Ricorso al Capo dello Stato promosso da Italia Nostra, e giunto alla conclusione della fase istruttoria con il riconoscimento della fondatezza di tutte le istanze del ricorrente.

Un rispetto minimo delle risorse dei cittadini avrebbe suggerito di far venire meno le ragioni del contendere andando incontro alle sacrosante richieste di Italia Nostra (ed esistono indicazioni progettuali alternative delle associazioni pervenute alla Città Metropolitana e alla stessa Soprintendenza) oppure di attendere l’esito del ricorso prima di ripartire col cantiere».

top