L’ente del terzo settore illustra i progetti messi in campo e, concludendo l'iniziativa "Una monetina per la ricerca", rilancia la raccolta dei fondi necessari per proseguire. Finora sono 32 i pazienti che da tutto il mondo aderiranno allo screening farmacologico
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Da Reggio Calabria al Canada. Stamattina la mail di una mamma che ha chiesto di inserire la sua piccola nel progetto di ricerca avviato dalla fondazione Chops Malattie Rare. Così le speranze diventano energie capaci di muovere anche gli ostacoli più granitici e di generare ancora speranza. Così si inizia a cercare una cura per migliorare la qualità della vita delle persone, in questo caso soprattutto bambini, affette dalla sindrome di Chops. Conta già 32 partecipanti, tra i due e i trent’anni ma prevalentemente sotto i 10 anni, il gruppo che si sottoporrà allo studio al centro del primo step di ricerca recentemente avviato alla fondazione. «Siamo partiti e per noi questo è già un primo storico traguardo. Siamo davvero contenti e non ci fermiamo. Abbiamo di recente firmato l’accordo con la compagnia Unravel Bioscience di Boston per avviare la prima fase di screening farmacologico, grazie all’investimento di un importo iniziale di circa 70mila dollari raccolti con la nostra campagna di sensibilizzazione». Queste le parole di Manuela Mallamaci, presidente della fondazione Chops Malattie Rare Ets, mamma di Mario, bimbo di quasi tre anni affetto dalla rarissima sindrome che nel mondo conta solo trentaquattro casi noti, di cui quattro in Italia. Tra loro il piccolo e dolcissimo Mario, nato a Padova, ma le cui origini sono radicate anche al Sud. Il papà Gianni è di Caserta mentre mamma Manuela, presidente della Fondazione, è di Reggio Calabria. Acronimo in lingua inglese di ritardo cognitivo, difetto cardiaco, obesità, coinvolgimento polmonare e displasia scheletrica, la sindrome costituisce una malattia rara, è stata scoperta soltanto nel 2015. Dunque la ricerca è davvero essenziale per conoscerla e comprendere come intervenire.

