La storia della famiglia Zehender di origine svizzera in Italia, comincia proprio dalla Calabria. Rodolfo, nato da Giovanni Zehender e Maria Grazia Raho nel 1862 a Reggio e qui anche deceduto nel 1930, era discendente di Nicolò, tenente colonnello del secondo reggimento estero (svizzero) del regno delle Due Sicilie. Il figlio del colonnello Nicolò, Giovanni venne poi inviato quale intendente di Finanza proprio in riva allo Stretto. Sposato con Luisa Mauro, Rodolfo Zehender ebbe sette figli, tutti nati a Reggio: Maria, il celebre pilota di formula 1 Goffredo, Guido, Elsa, Vincenza, Odoardo e Luigi.

Oggi a Reggio sono rimaste solo Roberta e Luisa, figlie di Odoardo, l’unico tra i fratelli ad essere tornato a Reggio dopo il 1950. Le nipoti hanno conosciuto il nonno attraverso i ricordi del padre, degli zii e delle zie. È comunque una memoria molto viva e sempre molto commossa, custodita con l’umiltà e la delicatezza con cui si conservano gli affetti nel profondo del cuore e condivisa con generosità e una gioia sempre viva negli occhi, nel momento in cui qualcuno chiede di conoscerla. 

Illuminato ingegnere di Reggio Calabria, Rodolfo Zehender, uomo rigoroso, laborioso e determinato, fu colui che “accese” la luce elettrica a Reggio e al quale si deve l’arrivo del primo tram nella città nel post sisma.

L’infanzia, i sacrifici, gli studi

Un’infanzia dura. Dopo la morte del padre, a soli 14 anni, essendo il primo figlio, divenne capofamiglia. Si imbarcò come mozzo e poi tornato sulla terraferma e, pur continuando a lavorare per mantenere i suoi fratelli, si diplomò come geometra a pieni voti. Sacrifici i cui frutti contribuirono non solo al mantenimento della sua famiglia, ma anche alla crescita della Reggio dell’epoca. Un giovane dall’intelligenza brillante fu impiegato prima nell’ufficio tecnico erariale di Reggio e poi in quello delle Ferrovie dello Stato. Lavorare e studiare erano per lui due azioni necessarie: la prima per aiutare la famiglia e la seconda per inseguire una vocazione che non tardò a manifestarsi.

La luce e gli impianti idroelettrici

Si laureò con il massimo dei voti in ingegneria civile al Politecnico di Napoli. Nel 1906 fu in grado di progettare gli impianti idroelettrici di Reggio dando vita alla società “Riuniti di Elettricità” che portò a Reggio la luce elettrica. Le industrie del nord guardavano da lontano una rivoluzione che non credevano possibile in quel Meridione così “retrogrado” che invece fu capace di tali espressioni avanguardistiche nel settore idraulico ed energetico, grazie all’ingegnere Zehender. I riflessi sull’industria e sul commercio locale furono positivi ed evidenti.

La spinta per la ricostruzione dopo il sisma del 1908

Il sisma del 1908, che distrusse ogni cosa, non risparmiò gli impianti. All’indomani non ci fu tempo per la rassegnazione e l’avvio della ricostruzione fu immediato, sulla spinta di un desiderio di sopravvivenza e di riscatto, rispetto all’orrore, alla distruzione e alla morte, capace di guidare verso rinnovati e ritrovati percorsi di rinascita. Quando la sfida diventa più difficile e gli obiettivi più ardui, la meta è ancor più irrinunciabile e vitale. La chiave di volta per Reggio fu l’energia e il contributo dell’ingegnere Zehender fu strategico e la rinascita della Reggio devastata e rasa al suolo passò anche dalla rivoluzione dell’elettricità e del trasporto pubblico.

Nacque la “Zehender & C.” con sede a Palmi ed impianti a Bagnara, antesignana della “Società Idroelettrica Vasì”. La luce arrivò non solo a Palmi, Bagnara e Scilla, ma anche nei paesi dell’Aspromonte. Interesse per il suo lavoro arrivò anche dalle altre regioni. La stessa società si occupò di realizzare gli impianti della “Sieb” di Casaletto Spartano, in provincia di Salerno.

Il primo tram

Ma la sua storia non finisce qui. A Rodolfo Zehender, alla sua opera e alla sua intraprendenza si deve il primo tram che percorse le strade di Reggio Calabria. Nel novembre del 1911, come ha ricostruito lo studioso della storia di Reggio Calabria Antonino Meduri nel suo volume “Il tram a Reggio Calabria” (Città del Sole edizioni), si riunì per la prima volta un comitato promotore della società tranviaria da lui stesso presieduto. Questo gruppo di imprenditori rappresentò quella spinta vitale per realizzare un progetto audace, ossia quello di passare dai cavalli ai tram e di rivoluzionare così la mobilità urbana, che all’epoca aveva già incontrato non pochi ostacoli. Furono questi i primi passi verso la costituzione della Società Tranviaria il cui statuto venne approvato nel 1912 e di cui Rodolfo Zehender fu il primo direttore.

Il rigore e la tenacia

Da vero capitano dell’industria, grande lavoratore, fu testimone attivo del cambiamento che coinvolse anche l’energia elettrica. Non si arrese mai, neppure quando si trattò di dover cedere aziende avviate e guidate con sacrificio e dedizione o di sostenere economicamente società in difficoltà come la “Società forestale delle Calabrie” alla fine degli anni Venti.

Tra i sette calabresi annoverati nella prestigiosa pubblicazione del 1956 “Artefici del lavoro italiano”, con l’ingegnere villese Giovanni Calì, l’industriale mottese Pasquale Alecce, l’imprenditore bagnarese Vincenzo Florio poi emigrato in Sicilia, il catanzarese Domenico Mercurio, gli ingegneri cosentini Michele Valentoni e Tommaso Zagarese, c’è anche il cavaliere del lavoro industriale reggino Rodolfo Zehender. Accanto a personaggi del Novecento del calibro di Agnelli, Ansaldo, Breda, Donzelli, Ferrari, Necchi, Pirelli, Mondadori, Pirelli, Zanichelli, Zuegg, Treccani, che in tanti campi rivoluzionarono la vita delle persone e contribuirono al progresso, dunque anche l’illustre professionista reggino.

Fu tra i quattrocento Cavalieri del lavoro nominati prima dell’ingresso in guerra nel 1915. Anche l’archivio di Stato di Reggio custodisce documenti e atti da cui si evince il suo autorevole e prezioso contributo alla crescita di Reggio che tanto dovrebbe recuperare di una identità gloriosa conquistata sul terreno del progresso, del servizio al prossimo, dell’impegno profuso a beneficio delle generazioni future. Oggi il recupero di quella identità ha compiuto un importante passo in avanti con il tributo a Rodolfo Zehender.