domenica,Giugno 22 2025

Dopo il restauro il Castello di Palizzi torna a dominare il borgo: presto lo storico palazzo sarà aperto al pubblico – FOTO

I lavori di recupero sono stati completati. Sono in corso il collaudo e tutte le attività propedeutiche alla consegna all'Amministrazione comunale. La Soprintendenza ha eseguito un intervento di carattere filologico e conservativo nel rispetto delle caratteristiche originarie del bene dichiarato monumento nazionale

Dopo il restauro il Castello di Palizzi torna a dominare il borgo: presto lo storico palazzo sarà aperto al pubblico – FOTO

Mostre, attività culturali e didattiche, eventi. Un piano terra, un piano rialzato e un primo piano con un ingresso e un’uscita, con porte che da una stanza conducono a un’altra che bene si presterebbe a diventare galleria d’arte, sede per istallazioni artistiche o esposizioni museali temporanee o permanenti. Avrà, dunque, una destinazione polifunzionale e culturale il Castello di Palizzi, antico borgo medievale reggino sito sul versante meridionale dell’Aspromonte, incastonato tra i monti Grappida e Caruso, la cui marina è ionica. Restaurato dalla Sovrintendenza di Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia, che ne ha curato la progettazione e gestito l’appalto, il Castello è stato al centro di un intervento di recupero con un importo di due milioni di euro di fondi Poc Cultura e Sviluppo 2014/2020.

Il punto sui lavori

«Noi abbiamo operato sul lotto 2, sul quale non era stato finora eseguito alcun intervento. L’unico ancora parzialmente munito di tetto. Esso comprende una struttura autonoma da un punto di vista funzionale che statico rispetto al lotto 1 rimasto allo stato ruderale e non accessibile. Unitamente alla struttura principale abbiamo recuperato anche la torre annessa, autonoma e sganciata da un punto di vista statico ma insistente nello stesso lotto.

Abbiamo eseguito un restauro filologico conservativo che restituisce alla collettività il castello, termine che usiamo tra virgolette perchè in realtà è un palazzo signorile, così come era. Utilizzato fino al 1950 per una sua porzione parte, esso risale al 1600. Il nostro è il primo intervento di rifunzionalizzazione effettivo del bene.

I lavori sono stati completati. Sono in corso il collaudo e tutte le attività di ripristino dell’area che ha ospitato il cantiere. Dopo la complessa operazione di smontaggio della imponente gru adesso stiamo rimuovendo la base in calcestruzzo. Tutte attività propedeutiche alla consegna dell’opera finita al comune di Palizzi». Delinea così lo stato dell’arte del progetto l’architetta Michelangela Vescio, direttrice dei lavori e progettista dell’intervento di consolidamento strutturale e restauro per il recupero del lotto 2 Castello di Palizzi. Dichiarato Monumento Nazionale dal Ministero, il castello è stato anche di ispirazione per l’artista, incisore e grafico olandese, Maurits Cornelis Escher, noto per le sue costruzioni impossibili.

Il futuro del borgo

«Il recupero del Castello di Palizzi è stato per questa Amministrazione una priorità fin dal suo insediamento. Siamo riusciti a rivitalizzare l’iter rimasto fermo per oltre un decennio. Appena la Soprintendenza potrà consegnarci il bene, è nostra intenzione renderlo al più presto fruibile e restituirlo alla collettiva. Il Castello, molto atteso dalla comunità, rappresenterà un attrattore turistico del borgo già noto per i suoi “catoi”, i suoi palmenti e la sua tradizione vinicola». È quanto dichiara il sindaco di Palizzi, Umberto Felice Nocera.

Una complessa attività di cantierizzazione

«Le attività avviate nel 2022 stanno arrivando a compimento. Prossimamente consegneremo il bene al Comune. L’attività di cantiere è stata molto complessa per via della difficile raggiungibilità dell’area di cantiere. Assai complicata è stata la messa in opera della Gru di cui, per eseguire i lavori, si richiedevano dimensioni eccezionali. Abbiamo superato le difficoltà e completato un intervento molto importante». È quanto sottolinea Maria Mallemace, dirigente del Segretariato regionale per la Calabria del Ministero e soprintendente ad interim Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia.

La gru in assemblaggio

È stato necessario reperire una gru di eccezionali dimensioni. Era già accaduto in occasione del vecchio intervento sul lotto 1, eseguito oltre 15 anni fa, quando però la gru rimase per anni in loco prima di essere distrutta. «Vista la collocazione del Castello, arroccato in un borgo difficile da raggiungere con mezzi pesanti, per via delle strade molto strette e delle dimensioni eccezionali della gru da impiegare, è stato necessario reperire una gru in assemblaggio, di cui ne esistono poche.

Per il passaggio dell’autoarticolato con le parti di gru smontate – spiega la direttrice dei lavori e la progettista, Michelangela Vescio – è stato comunque necessario allargare alcune curve e consolidare un tratto di ponte. Attività che, durante i lavori, hanno determinato dei fermi che abbiamo comunque affrontato e superato. Attraverso interventi nostri, della ditta esecutrice e del Comune, con non poche difficoltà, siamo riusciti a portarla su e adesso a rimuoverla».

Un restauro filologico conservativo

Macerie e detriti ecco cosa era rimasto dell’antico castello prima dell’intervento della Sovrintendenza. «Il palazzo era in condizioni pessime. Il tetto era parzialmente crollato, i solai di piano erano marci seppure esistenti. La volta a crociera all’ingresso era crollata. Non c’erano arredi e le porte erano divelte. Probabilmente – spiega ancora la progettista Michelangela Vescio – il piano terra era stato in ultimo adibito a stalla visti alcuni legamenti per cavalli ritrovati.

Studiando quanto rinvenuto della vecchia struttura, con stesse tecniche e stessi materiali abbiamo eseguito un restauro conservativo filologico, lo abbiamo cioè ricostruito come era. A meno dei consolidamenti necessari, quel che mancava l’abbiamo ricostruito e messo nuovo ma com’era ciò che mancava.

Abbiamo consolidato le mura e i solai mantenendo gli stessi passi, la stessa tipologia di legno, abbiamo rifatto gli infissi e abbiamo ricostruito la volta a crociera all’ingresso. C’erano le quote (altezze), c’erano gli attacchi dei primi mattoni, c’erano le imposte e dunque siamo risaliti alla tecnica di lavorazione e alla stessa dimensione di mattoni, agli stessi filari e alla stessa quota finale di arrivo della volta.

Abbiamo ricostruito l’ultimo tratto di scale in legno che era crollato. Sono stati mantenuti i due camini storici che si erano conservati in discrete condizioni ed stato rifatto il tetto con la medesima caratteristica a mezzo padiglione. Dunque i locali sono stati riconfigurati esattamente per quelli che erano. Non c’è impianto di climatizzazione poiché abbiamo ritenuto che non fosse necessario vista la muratura grossa.

È stato un restauro molto attento – spiega ancora la direttrice dei lavori Michelangela Vescio – tutto realizzato esclusivamente in calce idraulica naturale, senza il ricorso a cemento, resine o altri materiali».

Gli elementi nuovi e la torre annessa

«Di nuovo è stato realizzato un cordolo di coronamento in muratura armata che prima non c’era, necessario per creare la scatola della struttura.

Abbiamo dovuto anche creare ex novo servizi igienici sotto e sopra.

Nello stesso lotto 2 c’è anche una torre, una struttura annessa costruita in autonomia, sganciata da un punto di vista statico con delle voltine bellissime all’interno. Era quella la struttura che ospitava due piani di bagni, senza impianti ma solo con un foro che dava sul muro esterno. Uno di questi bagni – racconta la direttrice dei lavori Michelangela Vescio – lo abbiamo salvato e abbiamo restaurato il foro dove si è conservato un elemento in ceramica risalente all’Ottocento. Entrambi gli ambienti sono visionabili. Abbiamo rifatto gli infissi a ogiva. Si tratta di uno spazio molto interessante dal punto di vista architettonico. La struttura ha una differenza di quota rispetto ai piani e, dunque, a essa si accede con scalette interne».

Gli intonaci e le critiche

«Infine l’intervento di messa in sicurezza statica ha comportato la costruzione due reti e connettori su entrambe le facce delle mura e questo ci ha obbligato a ricostruire gli intonaci. Per altro l’edificio nasce con gli intonaci, nonostante le aspre critiche pervenute in merito. Si ha sempre l’immagine di un castello ruderale, con la muratura a vista, ma questo palazzo aveva invece gli intonaci che noi abbiamo riprodotto. In questo caso la ragione non è stata solo storica ma anche funzionale. Il consolidamento richiede la posa di fibra e lo stesso intonaco è superficie di sacrificio, inserita per proteggere l’edificio quando insista, come in questo caso, in area esposta ai venti», conclude la direttrice dei lavori Michelangela Vescio.

Il Castello incastonato nel borgo

Alle pendici di una rupe di arenaria, incastonato è il borgo di Palizzi dove si erge, a 272 metri sul livello del mare Ionio, un antico castello di origini medievali. Edificato dai Ruffo sul finire del XIV secolo, nel tempo numerosi sono stati gli interventi ai quali è stato sottoposto e che lo hanno condotto all’aspetto con cui si mostra adesso.

Per secoli la fortificazione e il suo borgo per la loro posizione geografica sono stati un rifugio per sfuggire alle continue incursioni della pirateria turchesca.

L’impianto difensivo venne rimaneggiato dai Romano, dai Colonna e dagli Erbo nel XVI secolo, dagli Arduino di Alcontres nel XVIII secolo e poi ristrutturato e ampliato dal barone Tiberio De Blasio nella seconda metà dell’Ottocento. Fu allora che divenne un palazzo residenziale. 

Durante i bombardamenti degli Alleati su Reggio, vi si rifugiò Carlo De Blasio. Che il castello, dichiarato Monumento culturale nazionale dal Ministero, fosse cinto da mura con due torrioni emerge da un certificato del Mastro d’atti di Palizzi, Saverio Grimaldi, di fine Settecento.

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