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Accertata «l’inesistenza delle condizioni minime di sicurezza e vivibilità, si ordina di procedere immediatamente allo sgombero di tutti gli alloggi e delle aree di pertinenza». Questo il tenore perentorio dell’ordinanza con la quale il Sindaco di Reggio Calabria ha disposto lo scorso 26 marzo che i 110 alloggi popolari di Aterp (ente pubblico non economico con funzioni ausiliarie alla Regione Calabria di natura tecnica-operativa in materia di edilizia residenziale) del comparto 6 di Arghillà venissero liberati dagli occupanti abusivi. Lo ha disposto demandando l’esecuzione «alla Polizia Locale del Comune di Reggio Calabria, con il supporto dell’Ente proprietario, delle Forze di Pubblica Sicurezza che dovranno raccordarsi con gli Uffici di Prefettura ed altresì con l’ausilio dei Servizi Sociali».
Un’ordinanza che ha subito preoccupato le famiglie che abitano negli appartamenti di uno stabile costruito nel 2007. Al di là del tempo trascorso senza alcuna manutenzione, esso non ha mai visto completati tutti i lavori e tutti i collaudi. Insomma un intervento di edilizia residenziale pubblica, finanziato con soldi pubblici, e poi lasciato incompiuto, con il conseguente spreco di risorse.
Il tessuto sociale debole

Uno stato di abbandono che fa paio con il contesto deteriorato e fragile del quartiere di Arghillà nord, periferia nord di Reggio Calabria. Qui nel tempo a prendere il sopravvento sono stati l’inquinamento ambientale, il deposito illecito di rifiuti, la gestione totalmente abusiva, e dunque incontrollata degli alloggi popolari (prevalentemente di competenza Aterp e solo in piccola parte del Comune), e criminalità diffusa. Un contesto deprivato e difficile, per altro, messo nero su bianco anche nell’ordinanza laddove si parla di «una realtà periferica, che concentra un tessuto sociale molto debole».
Vivere ad Arghillà
Da tempo persone di buona volontà si interfacciano con le istituzioni per fare da ponte tra chi ignora, pur avendo il preciso dovere di intervenire e vigilare, come si viva ad Arghillà da oltre un decennio, e chi ci vive. Chi ci vive aspirando a una esistenza dignitosa e in regola. Chi ci vive chiedendo il riconoscimento del diritto alla casa attraverso l’autodenuncia e l’istanza di regolarizzazione. Richieste da anni pendenti, nonostante impegni assunti in merito.
Così si trascina la vita ad Arghillà tra cumuli di immondizia e progettualità coraggiose. Tra persone di buona volontà, persone in difficoltà e persone che hanno “venduto” indisturbate questo straordinario balcone sullo Stretto a chi lo ha reso una discarica a cielo aperto e non solo.
In questo contesto, in cui gli alloggi popolari sono stati a lungo e gravemente trascurati, irrompe l’ordinanza sindacale per lo sgombero del comparto 6. Un comparto all’ingresso di Arghillà nord dove vivono anche famiglie che hanno compilato quell’istanza di regolarizzazione, non avendo ricevuto negli anni alcuna risposta. Dunque persone che avrebbero già lasciato quell’alloggio insicuro per andare a vivere in un’altra casa che però ancora oggi non vedono all’orizzonte.
Chi va ma soprattutto chi resta perchè non sa dove andare
Nelle scorse settimane qualcuno ha già lasciato il comparto, sapendo di essere abusivo e di avere i mezzi per vivere altrove e “in autonomia”. Qualcuno ha lasciato qualche mobile forse pensando di tornare o di accampare un qualche diritto in seguito. Oltre la metà delle famiglie è ancora lì perchè non sa dove andare.

«Ci dicono solo che dobbiamo lasciare l’appartamento e che non ci sono altre case per noi. Ci dicono che dobbiamo provvedere da soli. Ma dove dovremmo andare e con quali soldi dovremmo pagare l’affitto?». Molte sono le voci che così si possono tristemente riassumere.
Se dunque non è legittima l’occupazione senza titolo di un appartamento destinato a chi versa in uno stato di bisogno comprovato, altrettanto ingiusto sarebbe che a chi versasse in quello stato di bisogno non fosse riconosciuto il diritto a un alloggio popolare, a una casa certamente sicura e agibile in cui vivere. Non fosse riconosciuto il diritto a dimostrare di non avere mezzi e a ricevere dalle istituzioni risposte e tutele puntuali e concrete.
Insomma lo sgombero ha motivo di essere eseguito, certamente, ma ci sono anche diritti essenziali da considerare nel farlo. Sono i diritti di persone fragili e vulnerabili, persone anziane e sole. Persone malate con la sola pensione di invalidità, interi nuclei familiari ai quali hanno anche tolto l’unico reddito di cittadinanza che era stato concesso. La risposta delle Istituzioni in questa circostanza non può essere uguale e indistinta. Non può e non deve non distinguere tra chi ha diritto e chi non lo ha, e così violare ogni dettame costituzionale, oltre che ogni umana dimensione.
La rete di associazioni impegnate nel quartiere

La rete di associazioni composta da Ace Medicina solidale Consorzio Ecolandia Ets Impresa sociale Coordinamento di quartiere di Arghillà Cooperativa sociale Collina del sole Energie di comunità Unione Donne in Italia Reggio Calabria Aps Un mondo di mondi, monitora la situazione. Ascolta e accoglie lo stato di apprensione delle famiglie, lo fa proprio manifestandolo pubblicamente e sottolineando un clima di crescente preoccupazione, specie alla luce di quanto sta avvenendo.
«Lo scorso 14 maggio si è proceduto alla sigillatura degli immobili disabitati del comparto 6, con uno schieramento di forze dell’ordine e interruzione di servizi essenziali per l’intero comparto. Ciò nonostante le condizioni di particolare fragilità presenti tra numerose famiglie. L’affissione sulle porte e la consegna della notifica dell’ordinanza di sgombero, unite a ulteriori denunce per occupazione abusiva, hanno alimentato tensioni e uno stato di disperazione tra le famiglie». Ma la questione si aggrava pensando ai primi contatti più diretti portati avanti con le famiglie che stanno ricevendo la notifica dell’ordinanza.
Assenza di alternative
«Sembrerebbe, infatti, che al momento nessuna soluzione alloggiativa sia stata prospettata alle famiglie in condizioni di fragilità. Pur non valutando positivamente le occupazioni irregolari – riferiscono le associazioni – non è possibile ignorare un aspetto sostanziale. Spesso tali azioni sono una conseguenza delle carenze burocratiche da parte degli enti preposti nelle procedure di censimento e assegnazione alloggi. Pertanto, dietro all’etichetta “abusivo” si nascondono spesso problematiche legate a condizioni di vulnerabilità. Ci sono famiglie che non hanno trovato un’alternativa sostenibile per soddisfare i propri bisogni primari di vita. E non per loro responsabilità e ai quali, dunque, lo Stato e gli enti locali dovrebbero porre rimedio, anche sulla base dell’articolo 3 della nostra Costituzione».
La mancata convocazione
La stessa rete si era resa disponibile a collaborare per l’individuazione di percorsi e soluzioni. Non è stato dato, tuttavia, seguito alla convocazione che era stata promessa. E anche questo sta preoccupando non poco.

«Si era concordato inoltre un confronto con i servizi sociali del Comune per verificare il censimento dei soggetti ritenuti in condizioni di fragilità e il reperimento per gli stessi di alloggi, anche in emergenza, sul territorio.
Considerata la disponibilità di alloggi pubblici disabitati sul territorio, si chiede alle Istituzioni – riferiscono ancora le associazioni – per mezzo stampa non avendo avuto notizie di ulteriore convocazione richiesta nei giorni scorsi, di procedere con un censimento degli stessi e di garantire alle persone in condizioni di fragilità il passaggio da casa a casa, come previsto dalla normativa internazionale, a tutela dei diritti delle persone».
La legalità è un percorso complesso
Insomma l’attenzione sia massima perché se di ristabilire la legalità si ha l’intenzione, allora la pratica non può prescindere dai diritti che si pongono come meritevoli di tutela durante il percorso. Un percorso che non può che essere complesso e articolato dove le risposte semplicistiche, generaliste e massive non possono e non devono sostituirsi a una seria e puntuale indagine in grado di riconoscere i diritti essenziali esistenti e di prenderli in carico.
