Dalla periferia sud di Reggio Calabria a uno dei teatri più importanti del Sud Italia. Peppe Piromalli, direttore artistico di Officina dell’Arte, racconta a cuore aperto il suo percorso. Dalla timidezza che lo portava a nascondersi dietro una chitarra, alla conquista del palcoscenico del Cilea, diventato oggi punto di riferimento per una stagione teatrale che ogni anno colleziona sold out. Tra aneddoti, ricordi, battaglie culturali e scommesse vinte, Piromalli ripercorre il cammino che lo ha reso uno dei volti più amati del teatro calabrese.

«Tutto è cominciato al Teatro Loreto, con Mimmo Raffa»

«È il 1978. Io inizio a muovere i primi passi al Loreto, con Mimmo Raffa. Ero timidissimo, ma il palco mi ha cambiato la vita». Da lì il salto al Politeama Siracusa («oggi una paninoteca, ahimè») e poi, con coraggio e un pizzico di follia, l’approdo al Cilea, «un tempio per chi fa questo mestiere». Ogni traguardo, racconta Piromalli, è stato guadagnato passo dopo passo: «Ci vuole determinazione, e un po’ di sana incoscienza. Il 95% è follia, il 5% buon senso».

Il teatro resta la sua casa, ma negli anni è arrivato anche il cinema. Con Fabio Mollo gira il corto Giganti, vincitore di oltre 50 premi nel mondo. E poi arriva Boris. «Ho vissuto 45 giorni tra i più belli della mia vita. In scena con attori come Antonio Catania, Tirabassi, Pannofino. Una famiglia. E da lì sono nate collaborazioni nuove, che hanno portato artisti da tutta Italia anche a Reggio».

«Il Cilea merita rispetto. Non basta riempire la sala»

La riflessione sul presente è netta: «Oggi c’è bisogno di una selezione più rigorosa. Non basta riempire la sala. Il Cilea va difeso». Piromalli non esclude nessuno, nemmeno gli youtuber: «Portano pubblico, è vero. Ma serve anche un criterio. Serve chiedersi: che spettacolo porti? A che livello?». E poi lancia un appello: «Mancano spazi intermedi, come il Loreto e il Siracusa di una volta. Servono nuovi teatri off, anche da 300 posti, per dare spazio a tutti».

L’identità della stagione teatrale? «È mia. Ci metto la faccia e ci metto il portafogli», sorride. Ma è una stagione fatta soprattutto di scelte: «Accolgo persone che stimo, che portano qualità, che sanno rispettare il pubblico e il teatro». E spesso, aggiunge, osa con scommesse: «Nel 2017 portai Marco Cavallaro quando nessuno lo conosceva. Alla fine dello spettacolo mi dissero: “Peppe, quel maggiordomo lo riportiamo l’anno prossimo?”».

La stagione 2025/2026: grandi nomi e nuove scommesse

Sarà l’undicesima stagione al Cilea per Officina dell’Arte. E sarà ancora una volta un mix di risate, riflessioni e musica. Si parte con Marco Cavallaro, si prosegue con Angelo Durouno dei più bravi imprenditori di se stesso che ci siano in Italia»), poi spazio a Demo Morselli, Maurizio Casagrande, Biagio Izzo, Cesare Bocci, Maurizio Battista, Roberto Lipari, Antonio Grosso. E due “sorprese” inedite: Ernesto Maria Ponte, comico palermitano «che farà venire giù il teatro», e lo spettacolo jazz “Le Mille Bolle Blu” con Nicky Nicolai e Stefano Di Battista.

Dietro le quinte, una macchina organizzativa che funziona

Dietro il successo, però, c’è un lavoro invisibile ma instancabile. «Nel 2014 mi chiedevano gli anticipi perché non mi conoscevano. Oggi sono loro a chiamare: “Peppe, ma è da cinque stagioni che non veniamo…”». Un risultato costruito con cura: «Chi viene a Reggio viene accolto, servito e rispettato. E quando se ne va, ha già voglia di tornare».

Il Cilea per Piromalli non è solo una sala: è una missione culturale. «Non è solo un posto per gli spettacoli. È un luogo che genera appartenenza». E conclude con l’auspicio che sia chiaro a tutti: «Il teatro Cilea non va svilito. Va difeso. Con amore, con qualità, con rispetto».