La delegazione municipale di Cannitello, sede del Museo Marinaro, ha ospitato un appuntamento di forte spessore civile e culturale nell’ambito del Festival “Correnti”. L’incontro dal titolo “Attacco alla Democrazia – Pupi e Pupari”, accompagnato dal sottotitolo “Cronologia delle stragi dal dopoguerra alla strategia della tensione fino alle stragi continentali degli anni ’90”, ha trasformato Villa San Giovanni in un crocevia di riflessione collettiva e resistenza civile.

Non una semplice conferenza, ma una piazza di memoria animata da testimonianze dirette, dialoghi, cortometraggi e momenti musicali. Al centro, la necessità di leggere in modo critico le pagine più oscure della storia repubblicana, dalla strategia della tensione alle stragi mafiose, fino al ricordo delle figure simbolo rimaste senza giustizia.

A scandire la serata, l’omaggio a Giovanni Trecroci, vicesindaco della città, assassinato il 7 febbraio 1990. Un ricordo custodito nelle parole di Benedetto Minuto con la prosa «Aria amara», che ha restituito il senso di una ferita ancora aperta per la comunità villese.

Il sindaco Giusy Caminiti ha sottolineato il valore dell’iniziativa: «Questa sera si parla di Stato, perché quando si parla di stragi e di mafia si parla di Stato. È un momento di grandissima importanza: tra noi c’è anche il fratello del giudice Paolo Borsellino, mentre ricordiamo il vicesindaco Giovanni Trecroci. È una serata di identità culturale e di legalità, in cui l’amministrazione, insieme alle forze dell’ordine e ai protagonisti di un periodo buio della Repubblica, ripercorre quelle tappe per fare memoria. Perché la memoria è l’unico modo per non dimenticare il passato».

A distanza, ma con una presenza incisiva, si è collegato in videochiamata Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia nella strage di via d’Amelio: «Oggi si sta cercando di banalizzare le stragi e di riscrivere la storia. Contro tutto questo dobbiamo in ogni maniera rivoltare le coscienze. Viviamo un periodo difficile, mai avrei pensato di vedere quello che sta accadendo a Gaza. Serve resistenza, oggi più che mai». Un grido che ha trovato eco nel pubblico, trasformando la serata in un momento di resistenza civile, di condivisione e di coraggio.

A dare spessore all’analisi storica è stato Michelangelo Di Stefano, consulente della Commissione parlamentare antimafia nella XVIII legislatura: «Abbiamo la presenza di due testimoni d’eccezione: Brizio Montinaro, fratello di Antonio, agente della scorta di Giovanni Falcone, e Stefano Mormile, fratello di Umberto, primo caduto della Falange armata. Vogliamo spiegare i passaggi che dalla strategia della tensione hanno condotto a quella che definisco strategia della distrazione, dove si cerca di far credere che le stragi siano opera esclusiva delle mafie. Dietro c’erano invece anche mani istituzionali corrotte».

Lo stesso Di Stefano ha allargato lo sguardo al presente: «Oggi i servizi di intelligence hanno poteri persino superiori a quelli delle forze di polizia, fino a permettere attività sotto copertura ai vertici stessi. Questo senza che sia mai stata fatta luce piena sul ruolo di quegli apparati negli anni delle stragi».

Una testimonianza vibrante è arrivata anche da Caterina Trecroci, presidente del Consiglio comunale: «Si parla di storia, di una storia che ha ferito la nostra Repubblica e le nostre istituzioni. Storia significa ricerca, indagine: senza verità non c’è una storia autentica e non c’è giustizia. E la vicenda di Giovanni Trecroci resta ancora senza giustizia. Questa serata è anche una denuncia della necessità di arrivare a quella giustizia tanto attesa».

Benedetto Minuto, scrittore, ha ribadito: «La perdita di Giovanni Trecroci ha lasciato un grande vuoto umano e civile. Dopo trentacinque anni nessun colpevole è stato individuato: è un fallimento della giustizia. Questa sera lo ricordiamo con letture e parole a lui dedicate».

L’evento è stato arricchito dall’accompagnamento musicale di Gino Mattiani e Mimì De Leo, che con le loro note hanno dato respiro e profondità a una serata capace di unire memoria e cultura, storia e attualità, dolore e impegno.

Alla delegazione municipale di Cannitello si è così compiuta una tappa fondamentale del Festival “Correnti”, che ancora una volta ha confermato la sua vocazione: non solo vetrina artistica, ma laboratorio di coscienza civile. Un luogo dove la memoria diventa atto politico e comunitario, per continuare a pretendere giustizia e per non smettere di resistere.