Nel cuore della città, nella Sala dei Lampadari di Palazzo San Giorgio, si è alzata una voce plurale che ha rotto il silenzio troppo spesso calato attorno alla parola “autismo”. In occasione della Giornata Mondiale dedicata a questa condizione, l’associazione Il Volo delle Farfalle – Evoluzione Autismo ha chiamato a raccolta istituzioni, famiglie, scuole, cittadini. Il titolo dell’incontro, “Famiglia, Scuola, Istituzioni & Società”, era già una dichiarazione d’intenti: un’alleanza da costruire, un sistema da far funzionare, una responsabilità condivisa.

In apertura, l’intervento del vicesindaco Paolo Brunetti ha posto l’accento sul valore concreto della partecipazione: «Siamo qui per dimostrare la nostra vicinanza a tutte le realtà che portano avanti il messaggio di recupero dei ragazzi autistici, inteso come valorizzazione. Come amministrazione abbiamo sempre cercato di accoglierli anche attraverso piccole iniziative, come le giornate senza musica e luci alle giostre o le aperture dedicate nel villaggio di Babbo Natale». Brunetti ha evidenziato l’importanza di interventi semplici ma reali, capaci di favorire la partecipazione alla vita sociale e superare un passato in cui lo spettro autistico era «nascosto, non trattato per come si doveva». L’obiettivo ora, ha detto, è «non lasciare indietro nessuno, fin dall’inizio».

Ma è Ernesto Sicilari, Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità, a spostare con decisione il discorso su un piano strutturale: «Oggi accendiamo i monumenti, ma da domani devono restare accese le nostre menti e l’attenzione delle istituzioni». Il punto non è solo commemorare, ma costruire servizi, percorsi, continuità. E per farlo, serve che ogni anello della filiera amministrativa faccia la propria parte: «Se uno solo è debole, l’intero meccanismo si blocca». Sicilari ha denunciato con nettezza il paradosso italiano: “siamo bravissimi a scrivere leggi bellissime”, ma altrettanto abili a non applicarle. La Calabria, dice, «è esempio calzante di questo scollamento: mancano professionalità, competenze, figure specializzate nei comuni, nei piani di zona, nei servizi locali».

Eppure, qualcosa si muove. Anche a livello nazionale si inizia a recepire una visione nuova, non più centrata sulla disabilità come peso, ma come risorsa: «Può sembrare un paradosso, ma non lo è. Se ben gestita, se accompagnata, la disabilità può generare valore, per tutti».

Nel corso dell’incontro è intervenuto anche il consigliere regionale Domenico Giannetta, che ha sottolineato la portata sociale del tema e la necessità di un impegno costante da parte delle istituzioni: «Partecipo sempre molto volentieri a momenti come questi, perché quando si affrontano tematiche delicate e così impattanti, è doveroso esserci. Uno studio americano recente ha stimato che un bambino su cinquanta presenta una condizione dello spettro autistico. Questo ci dice quanto sia urgente fare rete attorno a questi ragazzi e alle loro famiglie». Per Giannetta, infatti, ogni bambino nello spettro è una persona speciale: «E in quanto tale va trattata con cura, attenzione, risorse dedicate. In molte famiglie ci sono situazioni complesse, in cui il bisogno d’aiuto è enorme. Ecco perché dobbiamo fare la nostra parte fino in fondo».

La voce delle famiglie: dignità, diritti e il “mentre di noi”

C’è una stanchezza che non si vede e una forza che non si proclama. È quella delle famiglie. Angela Villani, vicepresidente dell’associazione Il Volo delle Farfalle – Evoluzione Autismo, lo dice con fermezza: «È ora di passare dalle parole ai fatti». L’associazione, nata nel 2018, ha preso forma dalla necessità di combattere per i diritti dei propri figli, diritti troppo spesso ignorati, elargiti come concessioni, e difesi in tribunale invece che garantiti nei fatti.

«La consapevolezza non è solo sapere che l’autismo esiste», spiega Angela Villani, «è riconoscere i diritti e metterli in pratica, attraverso i percorsi abilitativi che in questi anni sono stati “elemosinati”». Eppure, proprio quelle terapie – spesso ottenute dopo lunghe battaglie – hanno migliorato la qualità della vita dei nostri figli. Da qui, un punto fermo: dignità e salute sono un tutt’uno, non si possono separare dalla persona.

Nelle parole di Angela Villani si fa spazio una riflessione tanto potente quanto poco esplorata: quella sul mentre di noi, un tempo che viene prima del celebre “dopo di noi” – l’angoscia dei genitori che si chiedono cosa accadrà ai propri figli quando loro non ci saranno più. Ma c’è un presente da costruire: «Mentre ci siamo, dobbiamo garantire diritti e prepararne il futuro. Il dopo di noi va costruito oggi, con le istituzioni, anche quando ci chiudono la porta in faccia, anche quando ci dicono “no” senza alcuna giustificazione». È una lotta civile e tenace, per permettere ai figli con autismo le stesse opportunità di ogni altro essere umano.

Scuola e società: l’inclusione parte dalla cultura

Il ruolo della scuola non è affatto secondario, e lo sa bene Eva Nicolò, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Cassiodoro Don Bosco. Con un linguaggio chiaro e pieno di senso pedagogico, ribalta il paradigma classico: «La variabilità è la norma, non l’eccezione». Per questo, ogni bambino ha diritto di imparare, ma deve farlo con strumenti adeguati al suo modo di essere, non dentro modelli rigidi che non tengono conto della diversità.

«La scuola deve pensare al plurale – afferma -, progettare percorsi educativi su misura e costruire sinergie con famiglie, istituzioni e territorio». Solo così si può agire dentro una logica realmente inclusiva. La disabilità, dice, non si ferma dentro le mura scolastiche: i bambini diventano adulti, e tutta la società deve essere in grado di accogliere e accompagnare, non solo tollerare.

È lo stesso spirito che anima Stefania Pedà, avvocato dell’associazione Il Volo delle Farfalle. Per lei, la parola chiave è consapevolezza: «L’autismo riguarda direttamente una parte della popolazione, ma la consapevolezza riguarda tutti». Le leggi ci sono, ricorda, e già dal 2015 l’autismo è stato inserito nei nuovi LEA – i livelli essenziali di assistenza – ma manca ancora un’applicazione concreta.

«Esiste anche la legge 328 del 2000», spiega l’avvocato Pedà, «che prevede per ogni persona con disabilità un progetto di vitapersonalizzato, che investa ogni ambito: scuola, terapia, sport, socialità e lavoro. Ma tutto questo non può restare sulla carta». Serve una regia vera, coraggiosa, che unisca i mondi oggi frammentati: quello sanitario, quello scolastico, quello sociale.

Autismo come risorsa: quando la fragilità si fa progetto

Tra i volti seduti in Sala dei Lampadari c’è anche Rosanna Scopelliti, presidente della Fondazione Scopelliti, che da tempo affianca l’associazione Il Volo delle Farfalle in iniziative sul territorio. Il suo intervento è essenziale, ma pieno di visione: «Finalmente si parla sempre di più di autismo non come malattia, ma come una condizione che può crescere, che può avere una prospettiva».

Le sue parole si ancorano a un’idea concreta di responsabilità: non basta sensibilizzare, bisogna assumersi impegni. «Le istituzioni e le persone che hanno strumenti per farlo devono creare non una seconda, ma forse una prima vera possibilità nel mondo del lavoro per i ragazzi con autismo», afferma. E sottolinea che l’accompagnamento non può interrompersi con la maggiore età: «Devono essere parte del tessuto sociale, riconosciuti nella loro identità, non dimenticati dopo i 18 anni».

L’idea che l’autismo possa essere non solo accolto ma valorizzato trova conferma anche nelle parole del Garante Sicilari: guardare alla disabilità come risorsa non è solo una provocazione, ma una nuova frontiera culturale. Serve, però, un cambiamento sistemico, che permetta ai percorsi educativi e abilitativi di diventare veri progetti di autonomia.

La fotografia come sguardo vero sull’identità

A rendere ancora più forte il senso dell’evento è stata la presenza di un’opera visiva che ha parlato con voce propria: la mostra fotografica “Affrontare il vero sé” di Filippo Latella, artista reggino, capace di restituire con delicatezza la complessità dello spettro autistico.

In ogni scatto, non c’è pietismo, non c’è distanza, ma immersione. I volti, i gesti, le espressioni raccontano la profondità di un mondo che troppo spesso viene semplificato, ridotto a cliché. La mostra, parte integrante del pomeriggio, ha offerto un punto di vista viscerale, dove lo spettatore è chiamato non solo a guardare, ma a riflettere sul proprio modo di vedere l’altro.

Nel silenzio delle fotografie, prende forma un’autonarrazione: i soggetti non sono oggetti di osservazione, ma soggetti pieni, presenti, intensi. E in questa narrazione silenziosa, la fotografia diventa strumento politico, capace di scuotere coscienze più di mille parole.

Una giornata che non finisce: perché l’autismo esiste ogni giorno

Se c’è un filo che ha unito tutti gli interventi, tutte le emozioni, tutte le battaglie raccontate, è quello di un’urgenza che non può più essere rimandata: trasformare la consapevolezza in responsabilità quotidiana. Non è un tema che riguarda una categoria, ma una chiamata trasversale, che tocca genitori, amministratori, insegnanti, cittadini. Tocca chi sceglie, ogni giorno, di guardare. E chi sceglie, ogni giorno, di esserci.

Perché l’autismo non è un evento, non è una fiaccolata, né un post con la luce blu. L’autismo è la realtà che vive in una famiglia che si sveglia prima dell’alba per portare il figlio a terapia. È l’educatore che si inventa strategie impossibili per trattenere uno sguardo. È il dirigente scolastico che rivede il piano didattico di un’intera classe per non lasciare nessuno indietro. È il funzionario che finalmente decide di applicare una legge già scritta da vent’anni.

E se la politica vuole davvero essere all’altezza, deve capire che qui non si chiede compassione, ma dirittistrutturecontinuità. Si chiede un “mentre di noi” che non sia l’attesa del dopo, ma il tempo pieno in cui vivere.

Ieri a Reggio Calabria non si è celebrata una ricorrenza. Si è costruita una presenza. Si è detto che l’autismo non va normalizzato, ma riconosciuto. E che dentro quello spettro c’è luce, se solo ci decidiamo a vederla.