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«Noi abbiamo già denunciato queste cose, ma abbiamo visto inerzia: mentre si lavora al centro per sanare la carenza d’organico, avremmo bisogno da chi gestisce sul posto, di ascoltare chi rischia la vita anche per lui».
Non ha precedenti a Reggio Calabria la protesta messa in piedi questa mattina dai sindacati di polizia Siulp e Siap, che da tempo denunciano le gravi carenze degli organici e dei mezzi della Polizia di Stato, in tutti i Commissariati distaccati della provincia ed in tutte le articolazioni della Questura, senza però ottenere i risultati sperati. Una situazione che, sostengono i due sindacati che rappresentano la maggior parte dei poliziotti, si è aggravata con il cambio di gestione della struttura di Polizia di Stato reggina.
Per questo sono arrivati in città anche i vertici nazionali di Siulp e Siap, che di certo non le mandano a dire ai centri decisionali nazionali e locali. «Siamo qui per difendere i cittadini e la città di Reggio Calabria – esordisce Felice Romano, segretario generale nazionale del Siulp –. Siamo in un momento delicatissimo dove gli scenari internazionali purtroppo ci impongono ancora maggiore attenzione in una terra già martoriata come quella calabrese, dove i poliziotti che lavorano in condizioni disumane per il sotto-organico hanno bisogno di serenità, di imparzialità da parte di chi li gestisce e soprattutto di avere la certezza di essere pagati per quello che fanno, cosa che fino a poco tempo fa stava succedendo, ma con la nuova gestione tutto questo non accade e registriamo invece una parzialità a favore di sindacati vicini alla compagine governativa. Noi questo non lo possiamo consentire».
La gravità della situazione è chiara a tutti. D’altra parte oggi è effettivamente la prima volta che si svolge una manifestazione davanti alla Questura, e «speriamo che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ne prenda contezza», aggiunge Romano, al cui grido di dolore si associa anche Luigi Lombardo, segretario nazionale Siap: «Vogliamo dare un segnale importante all’amministrazione, dicendo che il malessere c’è e che serve e necessita l’apertura di un dialogo per cercare di far lavorare serenamente i poliziotti, e dare maggiore risultato e serenità anche ai cittadini che hanno bisogno e necessitano di sicurezza, e la sicurezza è una infrastruttura strategica dello Stato. I poliziotti più sereni sono più rendono e meglio pagati sono meglio rendono, in questi giorni stiamo per chiudere il contratto di lavoro e dall’altra parte serve serenità anche sui posti di lavoro e nelle periferie. Il Meridione d’Italia deve recuperare e quindi necessita della migliore sicurezza possibile».
Insomma, ci si aspettava importanti investimenti nella lotta al crimine, con il sostegno economico e di mezzi alle attività degli investigatori, ma si è ottenuto altro. «L’impossibilità ad avere certezza e serenità nel lavorare – ribadisce Romano – perché della carenza di organico ci eravamo già abituati. Qua abbiamo gente che lavora 12 ore al giorno, ma la risposta è che non si può prendersi cura di chi va a disturbarli e nonostante noi abbiamo denunciato queste cose abbiamo visto inerzia».
«Come segreteria nazionale – ha aggiunto Lombardo – stiamo lavorando per cercare di ripristinare le condizioni di legalità, sicurezza e trasparenza in questa provincia il prima possibile, dando la certezza a chi lavora di essere retribuito, perché c’è anche un problema di ritardo nella retribuzione. Quindi, sono sia dei problemi di interlocuzione locale, sia problemi legati al pagamento degli straordinari, poiché i colleghi delle scorte hanno ricevuto solo da qualche giorno i soldi di due anni fa».
Ma non tutto è perduto, c’è ancora tempo per riaprire il dialogo. Lo evidenziano entrambi i segretari nazionali. «Il sindacato non si è mai sottratto a nessun momento di dialogo – sottolinea Lombardo – e quando il sindacato manifesta è perché vuol dire che ha già provato e ha già tentato in tutti i modi di farsi sentire anche ad altri livelli di interlocuzione». Margini per ricucire lo strappo ci sono anche per Romano, che avverte: «Da questa situazione se ne esce in un modo molto semplice assumendosi le responsabilità del ruolo che si ha, altrimenti si chiede di fare un’altra cosa».

