giovedì,Aprile 25 2024

Dal dramma alla rinascita, Maria Antonietta Rositani: «Se quell’uomo torna libero devo poter correre»

Rischiava di tornare in sedia a rotelle ma grazie a un percorso chirurgico gratuito potrà curarsi e sperare in un futuro migliore. Ecco il progetto dedicato a 500 donne che portano i segni di un trauma

Dal dramma alla rinascita, Maria Antonietta Rositani: «Se quell’uomo torna libero devo poter correre»

«Mi hanno ridato la speranza di non tornare sulla sedia rotelle. Per me è una speranza grande. Ho già provato il trattamento, ho visto come funziona, mi hai aiutato tantissimo ma proprio per le grandissime difficoltà economiche non ho potuto continuare. Oggi mi hanno offerto la gioia più grande. Quella di poter sperare di tornare, non come prima, non lo voglio ci sto bene come sono adesso, ma di poter stare accanto ai miei figli. Di poter prendere in braccio mia nipote e se un domani sarò costretta nuovamente a dover scappare, considerando che lui tra qualche anno sarà nuovamente libero e potrebbe voler finire l’opera, di poter correre.

La mia paura è da sempre questa. Gli anni passano e che quell’uomo potrebbe tornare per finire quello che non ha finito. Questo per me vuol dire riprendere le funzionalità vitali che per me sono necessarie per poter avere la speranza di riuscire a correre e scappare ancora una volta da lui».

È una donna ferita Maria Antonietta Rositani. Una donna che, però, dopo essersi sentita abbandonata dalle istituzioni, è tornata a sorridere. È accaduto grazie a un incontro casuale durante una premiazione. Ha incontrato una realtà fatta di professionisti disposti ad aiutarla con tutte le loro competenze pro bono.

La speranza dopo la violenza

Una realtà, quella di Biodermogenesi, molto più ampia che guarda tutte le donne vittime di violenza. Un progetto esteso a 500 donne che riportano segni di un trauma, cicatrici, ustioni, insomma ricordi indelebili del male subito. E Maria Antonietta ancora una volta vuole essere quel messaggio di speranza. Quello stimolo a tutte le donne che non trovano ancora oggi la forza di denunciare per liberarsi dei loro aguzzini.

«Posso ricominciare un percorso che avevo iniziato ma che purtroppo avevo dovuto sospendere – ci ha spiegato Maria Antonietta – si tratta di un percorso di Bíodermogenesi, un percorso innovativo che andrà a rigenerare la mia pelle naturalmente. Ci vorrà del tempo, non è un percorso velocissimo, però sono sicura che otterrò dei grandissimi risultati. Io desidero semplicemente che le mie cicatrici, con le quali ormai vivo quotidianamente e credetemi ho imparato ad amare, siano delle cicatrici che, però, non possano andare a degenerare più di quanto hanno degenerato il mio corpo e che mi diano la possibilità di correre.

Semplicemente scappare se arriverà un momento in cui dovrò correre per poter continuare a proteggere i miei figli. Purtroppo è vero, questo uomo è in carcere ora, ci sarà addirittura la cassazione l’11 maggio, e gli anni però passano. Passano velocemente e io mi auguro che per quando finirà di scontare quella pena io possa semplicemente riprendere il più possibile la motricità per poter proteggere i figli. Un desiderio di mamma, un desiderio di donna».

La lotta contro la violenza sulle donne

E la Rositani non perde occasione per lanciare un messaggio di forza e coraggio: «Donne non state in casa ad aspettare il giorno della morte. Quel giorno può essere un giorno vicino se non ci ribelliamo. Ci dobbiamo ribellare, dobbiamo denunciare, dobbiamo riprenderci le ali per poter continuare a camminare a vivere la nostra vita. Solo Dio può decidere il giorno in cui è segnato il nostro destino non lo può decidere l’essere umano. Per questo che dovete denunciare. Denunciate perché stando a casa con questi aguzzini, con queste persone diaboliche, purtroppo il nostro destino è segnato, invece noi lo possiamo completamente capovolgere: basta denunciare».

«Sono diventata simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. Ma le vittime vanno aiutare concretamente come sta facendo con ne Biodermogenesi®. Ho da sempre lasciato da parte il vittimismo, mostrandomi come una donna che ce l’ha fatta. Ma questo approccio fa sì che spesso non venga capita e la mia condizione sottovalutata. Paradossalmente in ospedale ero protetta e curata. Una volta fuori, invece, curarmi adeguatamente con la pensione di invalidità è quasi impossibile. Nel male però ho scoperto l’altro lato della medaglia: il mondo è al contempo un posto meraviglioso. Ho ricevuto l’affetto e il sostegno di tante persone che si sono strette intorno a me. Grazie a loro ho ancora la possibilità di sognare una vita normale e sperare che le mie cicatrici non regrediscano», racconta Rositani.

Il progetto

E ad aiutare Maria Antonietta in questo percorso di rinascita sono state tante associazioni che hanno contribuito economicamente e non solo a pagare le cure. Ma oggi sostenere questa ripresa è diventato eccessivamente costoso. Ma se le cure quotidiane sono già proibitive per gli eccessivi costi un intervento che le consentisse di recuperare la piena mobilità degli arti inferiori era addirittura impossibile anche solo da sperare. Una realtà resa possibile grazie all’intervento di Biodermogenesi in modo totalmente pro bono.

È un trattamento non riservato alla Rositani o ai casi che sono diventati in qualche maniera mediatici ma bensì a tutte le donne che in questo momento non sanno a chi rivolgersi. Da oggi potranno avere un punto di riferimento. A spiegarlo è stato il dottor Maurizio Busoni.

«Che siano cicatrici da acido, da trauma, da ustione, noi siamo aperti a chiunque. Il problema è che veramente non tante donne sanno che esiste questa opportunità. Una cicatrice è quello che mi ricorda tutti i giorni il momento in cui io ho vissuto il trauma. Quindi migliorare quella cicatrice vuol dire, non cancellare il trauma, ma sfumarlo fammelo ricordare meno volte e meno intenso per cui questo vuol dire cambiare la qualità della vita e tante donne».

Le cicatrici da ustione

«L’ustione in fase acuta viene trattata con medicazioni quotidiane previa detersione con soluzioni a base di clorexidina, fisiologica e creme a base di sulfadiazina argentica, acido ialuronico, ossido di zinco, garze grasse, paraffinate non aderenti. Superata la fase acuta, la pelle reagisce alla perdita di sostanza con un fenomeno di riparazione esteticamente evidente, non bello. Rimane, infatti, priva di alcune sue caratteristiche più comuni come i bulbi piliferi, le ghiandole sudoripare, le ghiandole sebacee e annessi pigmentari, nonché le linee cutanee (dermatoglifi) che determinano l’unicità della pelle, come nelle impronte digitali.

Gli aspetti più caratteristici che differenziano le cicatrici “comuni” da quelle da ustioni sono sicuramente la fibrosi e lo stato flogistico. Anche dopo la fase acuta, infatti, la cicatrice da ustione, seppur formata, continua a mantenere attivo un importante processo infiammatorio che nel tempo provoca una fibrosi cicatriziale, tutto ciò si traduce spesso nella formazione di cicatrici ipertrofiche o di cheloidi», spiega il Dottor Salvatore Marafioti, Dirigente Medico Ospedaliero, senologo, chirurgo generale ed estetico presso l’Ospedale Santa Maria degli Ungheresi di Polistena.

Una missione di umanità

Una missione sociale prima ancora che medica. Una sfida di umanità per essere un esempio e, magari, attivare un circuito virtuoso che, in attesa di una legge che sostenga le vittime anche dopo la denuncia e non le lasci sole ad affrontare costi e cure inaccessibili, possa aiutare centinaia di donne vittime di violenza.  

«Professionalmente sicuramente si tratta di un caso molto complesso – spiega il dottor Marafioti – per cui comporterà un grande impegno in un periodo di tempo molto ampio. La sfida, invece, è quello di riuscire a essere un buon esempio per noi che siamo dall’altra parte perché a volte ci facciamo sopraffare dalla stanchezza, dallo stato d’animo e dalle difficoltà di ogni giorno che tutti viviamo in questo ambiente soprattutto della sanità che oggi che è particolarmente gravata da tutte le serie di pesi. Vogliamo che sia un bell’esempio anche per dei colleghi, ciascuno di noi indipendentemente dalle proprie competenze e conoscenze e professionalità può dare un contributo importante».

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