Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Persona per bene, educazione d’altri tempi. Appassionato lettore. Colto e simpatico. Sempre positivo e pronto a cogliere l’aspetto migliore delle persone. Un uomo di rara sensibilità, dolce e garbato e profondamente innamorato della poesia. Sempre pronto ad ascoltare la tristezza degli altri, e neanche accennare alla tua». Non uno ma tanti, tantissimi messaggi convivono in queste poche righe che attestano l’immenso affetto verso il “gigante buono”, Giuseppe Gangemi, scrittore, poeta e giornalista reggino, scomparso qualche giorno fa all’età di 59 anni.
A volte lo si incrociava per strada, altre volte lo si ritrovava a un cenacolo o a un incontro letterario e altre ancora lo si incontrava in compagnia di un amico comune. Poco importava. Il suo sorriso era sempre lì pronto ad accogliere, un tratto distintivo intramontabile. Lo è anche adesso che purtroppo è diventato un ricordo. Un carissimo ricordo. Gli sopravvive l’adorata madre Maria. Lascia un vuoto che con il tempo sarà colmato dal calore e dalla luce del suo ricordo e dalle parole che ci ha lasciato. Parole con cui ha reso immortale anche il nostro Aspromonte e la sua aspra bellezza.
«Madre, roccia aspromontana, ulivo maestoso e solitario, ago magnetico e rifugio sicuro.
Il tuo coraggio e la tua tenacia scavano montagne, tracciano strade nel deserto, danno linfa al mio avvenire.
Hai attraversato indenne mille tempeste, hai portato nella città la saggezza ascoltata nei campi da tua nonna che ti ha insegnato a coltivare il baco da seta, a tessere, a raccogliere frutti e a riempire la cesta con orgoglio.
Disprezzi chi sta con le mani in mano. Ripeti spesso quel passo della Bibbia dove è scritto: “mangerai il pane col sudore della tua fronte” e l’esortazione evangelica di un vecchio monaco: “siate semplici come colombe e astuti come serpenti”.
Sei la Calabria antica di Alvaro e di Costabile di La Cava e di Seminara. Ostinata, intelligente e operosa, spregiudicata qualche volta, con il rosario in una mano e la spada nell’altra».
Il nuovo Sud e lo scritto su Mario La Cava
«Studioso gentile che mi fece incontrare e conoscere Nicola Zitara, incoraggiandomi a raccontare le storie della nostra Terra», così lo ricorda lo scrittore Fabio Cuzzola.
«Reggio Calabria ha perso un suo benemerito cittadino, l’intellettuale e poeta Giuseppe Gangemi, persona colta e sensibile. Generoso e disponibile, sempre pronto ad aiutare, con uno spiccato amore per il prossimo. Lascia nei suoi amici fraterni un vuoto incolmabile. Era il mio faro e la mia guida, quando venivo a Reggio. I miei amici erano i suoi ed era sempre un piacere conversare con lui. Un meridionalista appassionato e una persona mite e gentile.
Un pensiero consolatorio va alla sua cara madre e familiari tutti, lo stesso che non ha fatto mancare a me nel 2014, quando a mancare fu mia madre. Lui venne a Bovalino con il suo affetto e la sua amicizia che negli ultimi 25 anni della mia vita sono stati per me un autentico tesoro. Quel gesto dopo la perdita di mia madre è uno dei ricordi più belli, nella tristezza, della sua gentilezza». Questo il ricordo dell’amico Rocco La Cava, figlio dello scrittore Mario La Cava di cui lo stesso Giuseppe Gangemi aveva scritto nel suo “Un nuovo Sud. Corrispondenza di un intellettuale di provincia”.
«Una fotografia della cultura meridionale negli anni 50 del secolo scorso. Le “Corrispondenze dal Sud Italia”, raccolta di articoli pubblicati tra il 1953 e il 1956 da Mario La Cava edita da Città del Sole, testimoniano l’attenzione per i fermenti culturali esistenti nelle varie regioni del Mezzogiorno e il bisogno di distinguere gli intellettuali autentici dai “falsi poeti e i falsi artisti, i retorici declamatori di conferenze, i pretenziosi organizzatori di poemi e di mostre…”. Se Gaetano Briguglio, curatore del volume, ha aperto l’introduzione con questo monito di La Cava, ciò è sintomatico di una necessità più che mai attuale. Le corrispondenze dalla Lucania ricordano i meridionalisti impegnati a denunciare le tristi condizioni della regione e gli scrittori come Rocco Scotellaro e Leonardo Sinisgalli che spesso traggono ispirazione dalla letteratura popolare. Matera colpisce lo scrittore per le famiglie che vivono ancora nelle grotte e che avrebbero diritto ad abitazioni salubri e moderne.
Questa considerazione prova la vicinanza alla gente umile e la necessità di giustizia che animano tutta la produzione letteraria di La Cava. In Calabria scrive della fuga dei migliori ingegni come Corrado Alvaro, ma anche degli altri che scelgono di rimanere, a partire da Nicola Misasi e Vincenzo Padula. Definisce la resistenza dell’intellettuale nel paese natio un eroismo disperato e spera che il progresso porti a una parificazione con le altre regioni, bloccando l’emorragia dei cervelli».
Meridionalista, giornalista, scrittore, poeta
Giuseppe Gangemi era stato dipendente del gruppo Ferrovie dello Stato e aveva collaborato con “Il Quotidiano del Sud” e altre riviste. Nel 2001 aveva pubblicato la raccolta di racconti brevi “Racconti del Duemila” ed era stato coautore del saggio “Negare la negazione dello storico meridionalista Nicola Zitara” pubblicato da Città del Sole Edizioni. Nel 2009 aveva dato alle stampe “Macandra” acronimo delle parole mafia, camorra e ndrangheta, raccolta di poesie, racconti e commedie. Le sue ultime pubblicazioni in versi si erano ispirate al grande poeta neorealista Franco Costabile. La sua raccolta di poesie, “Parole del Sud”, è stata ripubblicata nel 2020 da Città del Sole Edizioni.
In viaggio verso l’ignoto
Proprio una sua lirica. pubblicata nella raccolta Parole del Sud, in questi giorni tristi può dare qualche sollievo, immaginando Giuseppe Gangemi sepolto accanto a un ulivo, confuso tra i suoi rami, a sentire la brezza del mare, coperto dalla terra antica e fertile del Sud, calpestata dai filosofi e benedetta dai santi, in viaggio verso l’ignoto.
«Seppellitemi accanto a un ulivo per confondermi tra i suoi rami, sentire la brezza del mare e fare ombra ai viaggiatori. Copritemi di terra, la terra antica e fertile del Sud, calpestata dai filosofi e benedetta dai santi. Voglio nutrirmi con i raggi del suo sole, ondeggiare nel vento, ascoltare il canto degli uccelli e il frinire delle cicale.
Voglio perdermi nel silenzio che odora di zagara, bere l’acqua pura e impetuosa delle sue fiumare
e accarezzare il cielo con le fronde dei rami. Contemplare dalla collina il gigante di fuoco
che scava un nuovo cammino nella notte, mentre la nave di Odisseo continua a viaggiare verso l’ignoto».