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Papa Francesco nel 2014 sulla spianata di Sibari: «Dobbiamo dire no alla ‘ndrangheta, ce lo chiedono i giovani che hanno diritto alla speranza»

Il Pontefice era stato in Calabria, nella diocesi di Cassano allo Ionio, quasi undici anni fa. Prima della Santa Messa, aveva incontrato le nonne e il padre, Nicola Campolongo, di Cocò, il bimbo di tre anni trovato carbonizzato nel gennaio dello stesso anno

Papa Francesco nel 2014 sulla spianata di Sibari: «Dobbiamo dire no alla ‘ndrangheta, ce lo chiedono i giovani che hanno diritto alla speranza»

Era stato subito chiaramente percepito come durevole quel vento di fiducia e speranza. E, infatti, ancora soffia, soprattutto in questa giornata così pregna di significato Cristiano, il lunedì dell’Angelo dopo la Resurrezione di Cristo, in cui Jorge Mario Bergoglio, il primo Papa gesuita di nome Francesco, che fece della cura del Creato e dell’amore verso i Poveri l’essenza del suo Pontificato, ha lasciato questa vita.

Quell’abbraccio con cui papa Francesco aveva avvolto la Calabria non è stato mai dimenticato, come le sue parole di fervido incoraggiamento della comunità e dei giovani in particolare, e di ferma scomunica dei mafiosi. Il giorno che precedeva il Corpus Domini nel 2014 anche il giorno più lungo dell’anno (21 giugno), fu il giorno della visita pastorale di Papa Francesco in Calabria, nella diocesi di Cassano allo Ionio. Un appuntamento culminato nella Santa Messa nella gremita spianata di Sibari, popolata per questo incontro speciale da decine di migliaia di fedeli provenienti da ogni angolo della Calabria, dalle altre regioni del Sud Italia ed anche oltre.

L’incontro con i familiari del piccolo Cocò

Arrivato a Cassano alla Ionio, il pontefice si era recato anche al carcere di Castrovillari per portare conforto alla popolazione detenuta. Particolarmente significativo in questa tappa calabrese era stato l’incontro con Nicola Campolongo, il padre, e con le nonne del piccolo Cocò, il bimbo di tre anni trovato carbonizzato a Cassano nel gennaio di quello stesso anno. In quella visita già annunciava altri due cardini del suo pontificato: l’attenzione alla popolazione detenuta (le condizioni di salute quest’anno non gli avevano permesso la consueta lavanda dei piedi nel carcere di Rebibbia) e ai bambini, ritenuti capaci di rivoluzionare il mondo.

L’omelia: scegliere tra il bene e il male

La sua fu subito – solo un anno prima era iniziato il suo pontificato –  una voce forte pronta a riscattare una terra capace di esprimere Fede e Amore per il Bene come la Calabria. Papa Francesco aveva voluto dedicare un intenso passaggio della sua omelia alla condanna della criminalità organizzata.

Lo aveva scandito bene papa Francesco : «Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione; quando non si adora Dio, il Signore, si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dire di no!».

Il dovere si dire no per difendere il diritto alla speranza

Chi adora il denaro compie il male e quelli che scelgono questa strada non sono in comunione con Cristo. «La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi, ce lo domandano i nostri giovani bisognosi di speranza», aveva poi incalzato papa Francesco.

La scomunica

Quindi la scomunica chiara, netta ed esplicita della ndrangheta in quanto male, in quanto sopraffazione della vita e del bene comune. «La fede ci può aiutare. Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati! ». Un messaggio storico della sua omelia che riportava la mente a oltre 20 anni prima, al 1993Parole semplici, concise ma forti ed indimenticabili come quelle pronunciate da papa Giovanni Paolo II nella valle dei Templi di Agrigento nel maggio di oltre trent’anni fa.  

Nel giorno che precedeva la celebrazione del Corpus Domini, del corpo di Cristo adorato per il tramite dell’Eucaristia dal popolo dei fedeli, papa Francesco si era detto contento di essere a Cassano allo Ionio in questa occasione per ricordare a tutti che adorare e seguire Cristo, camminare con Lui, erano (e sono) le azioni protese al Bene.

L’appello ai giovani

Espresse in quell’occasione parole di incoraggiamento a testimoniare sempre la solidarietà stando accanto alle persone che hanno più bisogno di giustizia, di speranza, di tenerezza.

Significativo, infine, il monito rivolto ai giovani: «Voi, cari giovani, non lasciatevi rubare la speranza! L’ho detto tante volte e lo ripeto una volta in più: non lasciatevi rubare la speranza! Adorando Gesù nei vostri cuori e rimanendo uniti a Lui saprete opporvi al male, alle ingiustizie, alla violenza con la forza del bene, del vero e del bello».

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