Il calabrese emerge come figura chiave nel controllo dei parcheggi dello Stadio Meazza: è lui l’intermediario tra imprenditori e vertici del tifo criminale, sotto la protezione di Giuseppe Calabrò
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Ramificazioni profonde: dalla pancia dello Stadio Meazza alla parte di Milano più profondamente contaminata dalle cosche di ’ndrangheta. Il fulcro è Giuseppe Caminiti, figura chiave nella gestione del business che rappresenta uno dei capitoli centrali del processo Doppia Curva.
Uomo con un piede in più mondi, Caminiti. Emergono quasi tutti anche nelle motivazioni della sentenza che lo ha condannato a 5 anni di carcere con il rito abbreviato: la Curva Nord, il passato nel mondo dei locali alla moda in cui la criminalità cerca (e trova) un ascensore sociale grazie ai rapporti con la gente dello spettacolo, i vecchi rapporti con pezzi dei clan calabresi di stanza in Lombardia. Il suo ruolo emerge in maniera chiara sia nella relazione con i vertici del tifo interista sia nelle dinamiche economiche che intrecciano imprenditori e criminalità organizzata.
Caminiti, già noto per i tentativi di estromissione di Francesco Intagliata dal Direttivo della Curva Nord, si occupava dei parcheggi milanesi e in altre città italiane per conto della famiglia Zaccagni, tra cui Gherardo Zaccagni, giudicato separatamente.
«Sto parlando di malavita»
L’uomo dei parcheggi ha una spalla forte, secondo il giudice per l’udienza preliminare: è Giuseppe Calabrò, «che vanta legami familiari con diversi esponenti di alcune ’ndrine della provincia reggina». I rapporti tra i due iniziano tra la fine degli anni 80 ed i primi anni 90, «quando l'allora giovane Caminiti muoveva i primi passi all'interno dell'organizzazione criminale diretta dallo zio Salvatore Papandrea»: proprio questo rapporto lo porta, nel tempo, a costruire un legame sempre più solido con il sanlucota. È ciò che gli permette di ottenere la protezione necessaria nello svolgimento dei propri affari.
Una delle frasi di Caminiti captate dagli inquirenti pare la conseguenza naturale del contesto in cui si muove: «Sto parlando di malavita», ammette in una conversazione.
Il suo intervento avrebbe garantito all’imprenditore Zaccagni l’ottenimento e la gestione degli spazi, compresi quelli dell’ippodromo e di Piazzale dello Sport, attraverso la mediazione con i capi ultrà Boiocchi e Beretta.
Caminiti, il legame con Calabrò e la protezione mafiosa
Calabrò avrebbe accordato a Caminiti «protezione e appoggio». Protezione che risultava «funzionale alla gestione dei parcheggi dello stadio di San Siro, settore sottoposto all’interesse di diverse famiglie ’ndranghetiste calabresi». Calabrò, non indagato in Doppia Curva, avrebbe svolto un ruolo di "supervisione" rispetto alle attività criminali legate allo stadio, inclusa l'intenzione di Vottari di inserirsi nella gestione economica della Curva Sud.
La ’ndrangheta – è il racconto dell’inchiesta Doppia Curva – tentava di infiltrare sia i gruppi ultrà sia i servizi collegati agli eventi sportivi, inclusi i parcheggi, tentativi resi inefficaci grazie alla protezione offerta a Caminiti da Calabrò.
Due sfere concorrenti (violenza ultrà e affari) rispetto alle quali la sintesi sarebbe stata poi realizzata da Antonio Bellocco, «accentrando il comando della Curva Nord ed il controllo economico delle attività illecite connesse, esercitando una forza intimidatoria derivante dalla propria appartenenza criminale ed escludendo altri gruppi 'ndranghetisti concorrenti».
Sarebbe stato Calabrò, però, a garantire sostegno e riconoscimento a Caminiti: «Noi ringraziamo a Dio quelli di San Luca sono dalla nostra parte», afferma lo stesso Caminiti in una conversazione intercettata, sottolineando il beneficio derivante dalla vicinanza ai sanlucoti. Questa protezione era funzionale al controllo dei parcheggi dello stadio, settore tradizionalmente oggetto di pretese intimidatorie del gruppo ultras.
La struttura estorsiva e il ruolo di intermediario
Caminiti fungeva da intermediario tra l’imprenditore Zaccagni e i vertici ultras, ricevendo somme periodiche destinate a garantire la «tranquillità» nella gestione dei parcheggi. L’importo mensile, pari a circa 4.000 euro, era prelevato dagli incassi o anticipato da Caminiti stesso, a favore di Boiocchi e Beretta. L’operato di Caminiti, sostenuto dalla protezione di Calabrò, permetteva la prosecuzione della gestione dei parcheggi anche dopo l’omicidio di Boiocchi e durante la leadership di Antonio Bellocco.
Le conversazioni intercettate confermano come l’accesso al settore fosse contingentato e sottoposto al controllo del calabrese e alla copertura di Calabrò, che dichiarava di fungere da «ombrello» per preservare lo status quo. Tale controllo combinava gli interessi economici con la forza intimidatrice della Curva Nord, configurando una forma di estorsione ambientale riconosciuta dalla giurisprudenza: l’insieme di minacce, rapporti criminali e potere apicale creava un quadro di subordinazione coerente, in cui l’imprenditore accettava di pagare per continuare l’attività senza interferenze.



