Rivedi la puntata su LaC Play

Nelle carceri della Calabria lo sport prova a diventare una breccia di umanità. L’iniziativa “Una partita per la libertà”, presentata dal garante regionale dei diritti delle persone detenute Giovanna Russo, apre un fronte nuovo dentro un sistema penitenziario segnato da sovraffollamento, tensioni e vulnerabilità crescenti.

La sala del Polo culturale “Mattia Preti” di Palazzo Campanella a Reggio Calabria ha raccolto magistratura, amministrazione penitenziaria, Agenzia nazionale per i beni confiscati e Polizia penitenziaria: una presenza corale che racconta la portata di un progetto che vuole riportare al centro la funzione rieducativa della pena.

Il punto di partenza è una partita di calcio alla Casa circondariale di Arghillà, ma l’obiettivo dichiarato è costruire una rete stabile tra istituzioni e realtà sociali per rendere lo sport una componente strutturale della vita negli istituti penitenziari calabresi. Un’idea semplice che ha trovato una forte sponda negli interventi della conferenza stampa e nel collegamento in diretta con “Dentro la Notizia”, la trasmissione di LaC Tv condotta da Pier Paolo Cambareri, dove la vicedirettrice de ilReggino.it Elisa Barresi ha raccolto testimonianze e analisi che descrivono la fase attuale.

Rivedi la puntata su LaC Play

Il procuratore aggiunto Stefano Musolino ha portato il dibattito su un piano nazionale: «C’è un problema dettato dal sovraffollamento tornato ai livelli che portarono alla condanna della Corte europea nella sentenza Torreggiani». Una condizione che riguarda la dignità delle persone ristrette e incide direttamente sulla sicurezza pubblica. «Il sovraffollamento non consente un controllo adeguato. Celle aperte e carenza di personale favoriscono il riprodursi, nelle sezioni, di dinamiche tipiche della criminalità organizzata. E quando il carcere non funziona restituisce persone ancora più capaci di fare del male».

Musolino ha richiamato anche la realtà calabrese, dove gli effetti delle grandi operazioni antimafia si intrecciano con l’uscita progressiva dai penitenziari di figure di vertice della criminalità organizzata: «Il problema di come queste persone escono riguarda tutti». Da qui il valore dello sport come spazio di parità, un campo dove «non conta chi sei o cosa hai fatto, conta solo come tratti quella palla».

Rivedi la puntata su LaC Play

Accanto al procuratore, la garante Giovanna Russo ha ribadito la necessità di un approccio scientifico e strutturale: «Non possiamo arretrare di un passo. Lo sport è un’attività trattamentale altamente impattante». L’obiettivo è andare oltre la singola partita: «Ho già proposto l’istituzione di un tavolo permanente per le attività sportive negli istituti penitenziari».

La visione si allarga anche alla sicurezza interna: «In Calabria dobbiamo fare antimafia penitenziaria. La presenza di cellulari, droga e dinamiche criminali altera la qualità della vita dei detenuti più fragili e indebolisce la fiducia nelle istituzioni. La rieducazione passa anche dalla capacità dello Stato di proteggere i più vulnerabili».

Dal direttore del complesso penitenziario reggino “Panzera”, Rosario Tortorella, è arrivata la conferma del valore aggregante dello sport: «Riproduce valori condivisi da tutti, crea percorsi positivi e permette alle istituzioni di tendere la mano».

E il funzionario dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati Lorenzo Federico ha aggiunto un ulteriore tassello sul significato di questo “quadrangolare istituzionale”: «Mettere insieme quattro istituzioni è già un risultato. Lo sport è un segnale di vicinanza a chi si sta rieducando, un modo per occupare il tempo e costruire un domani».

La partita si giocherà il 13 dicembre alle 10 nel campo interno della Casa circondariale di Arghillà. In campo quattro squadre: magistrati del distretto reggino, Agenzia beni confiscati, Polizia penitenziaria e persone detenute. Un quadrangolare che, nelle intenzioni dei promotori, non vuole restare un episodio.

In chiusura, Elisa Barresi ha raccolto un’ulteriore prospettiva dalla garante: l’estensione delle attività sportive alle sezioni femminili di Reggio Calabria e Castrovillari, con un’attenzione specifica alle detenute e alle loro storie di riscatto. «Recuperare una donna significa recuperare anche le generazioni future», ha ricordato la Russo, citando casi recenti di dissociazione dalla criminalità organizzata.

Rivedi la puntata su LaC Play