Brancaleone, nella dimora del confino rivive la Calabria di Cesare Pavese
Torna protagonista lo scrittore piemontese, giunto in riva allo Ionio nei primi giorni di agosto nel 1935. Il Carcere, romanzo che Rubbettino ha adesso ripubblicato, si ispirò al suo esilio nel profondo Sud
Rivive la storia dell’esilio in Calabria, a Brancaleone nel reggino, dello scrittore piemontese Cesare Pavese. Lo fa nel segno della fresca ristampa con i caratteri di Rubbettino del romanzo Il Carcere, al quale Pavese affidò la descrizione del tempo trascorso da confinato politico nel paese del profondo Sud.
Per i personaggi si ispirò anche a gente del luogo, a persone realmente esistite e conosciute. Il mare e i gelsomini calabresi rappresentarono le pareti e l’orizzonte dove iniziò a decantare quanto poi Pavese fermò su carta tra il 1938 e il 1939, scrivendo appunto Il carcere (titolo originario era Memorie di due stagioni). Il romanzo fu scritto in dittico con “La casa in collina” e pubblicato nel 1948 nel volume unico “Prima che il gallo canti”. Questo fu anche il titolo del film calabrese diretto dal regista catanzarese Mario Foglietti negli anni Novanta.
Sulla costa ionica reggina, dove era arrivato in pieno regime fascista nell’agosto del 1935, iniziò a scrivere invece un diario che si sarebbe rivelato di fatto la sua autobiografia, pubblicata postuma nel 1952 da Einaudi a cura di Massimo Mila, Italo Calvino e Natalia Ginzburg, con il titolo “Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950”. Pagine e pagine che avrebbero racchiuso quindici anni di inquieta esistenza, iniziate a scrivere proprio in Calabria.
Le lettere e l’arresto
Per poter insegnare nelle scuole, si era iscritto suo malgrado, al partito fascista nel 1932. Ma questo non bastò a salvarlo. Nella nuova ondata di 200 arresti abbattutasi nel maggio del 1935 sugli intellettuali appartenenti al movimento di Giustizia e Libertà e che collaboravano con la rivista La Cultura, vi fu anche Pavese, ritenuto pericoloso perché direttore della stessa rivista e per favoreggiamento nella corrispondenza clandestina. Erano state trovate in casa della sorella Maria dove abitava, alcune lettere inviate da Bruno Maffi, attivista di Giustizia e Libertà, a Tina Pizzardo, donna di cui lo stesso Pavese era innamorato.
Tradotto alle carceri Nuove di Torino, nel giugno del 1935, era poi stato trasferito al penitenziario di Regina Coeli di Roma. Infine in agosto il trasferimento a Brancaleone.
Il confino a Brancaleone, in Calabria
A Brancaleone Pavese arrivò ammanettato e scortato il 3 agosto del 1935. Da uomo e letterato non allineato al regime fascista venne esiliato in fondo all’Italia, condannato a tre anni di confino, poi ridotti a sei mesi, che scontò dall’agosto del 1935 fino al 15 marzo 1936. Non ritenuto indigente non gli fu riconosciuto un sussidio, motivo per cui a Brancaleone impartiva lezioni di latino e letteratura italiana per vivere. Un’attività che gli valse il soprannome di “U prufissuri”.
Paese Festival Off e Paesi Tuoi Festival
A Brancaleone, proprio in questi primi giorni di agosto, si stanno intrecciando il Pavese Festival Off promosso dalla fondazione con sede a Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo, comune natio dello scrittore, e la prima edizione di Paesi Tuoi Festival al via oggi e con iniziative fino a lunedì 5 agosto. La denominazione del festival, con la direzione artistica di Livia Condemi, richiama chiaramente il titolo del primo romanzo pubblicato da Cesare Pavese, “Paesi tuoi” (1941).
In particolare, domani, domenica 4 agosto, alle ore 17 avrà luogo una passeggiata, organizzata in collaborazione con la proloco di Brancaleone presieduta da Carmine Verduci, con partenza dalla stazione e con tappe presso i luoghi simbolo del confino fino alla dimora in cui Cesare Pavese, oggi di proprietà di Tonino Tringali che sovente la apre al pubblico. La stessa dimora sta ospitando, in collaborazione con la Scuola del libro, un stage di scrittura creativa con Nadia Terranova.
Nella cornice di questo luogo dove è visitabile la stanza in cui Pavese soggiornò, domani alle 19 si terrà una tavola rotonda con la professoressa Monica Lanzillotta, autrice della prefazione alla nuova edizione de Il carcere (Rubbettino), Giovanna Romanelli, autrice di Cesare Pavese e le donne. La “fragile illusione” dell’amore (Rubbettino), e Pierluigi Vaccaneo, direttore della Fondazione Cesare Pavese. A moderare l’incontro Luigi Franco, direttore editoriale di Rubbettino.
La Calabria di Pavese
Il confino fu per Pavese il primo viaggio al Sud, anche se aveva già dei legami con la Calabria attraverso le figure di Augusto Monti, suo professore al liceo Massimo D’Azeglio e che aveva insegnato al Liceo Tommaso Campanella di Reggio, e di Letterio Di Francia, nativo di Palmi in provincia di Reggio Calabria, che aveva partecipato alla sua seduta di laurea.
«Il soggiorno di Pavese in Calabria è forzato ma diventa una tappa rilevante della sua biografia intellettuale. È proprio nella letteratura greca che trova soluzioni formali per la scrittura creativa», scrive Monica Lanzillotta.
“(…) Il mare di Brancaleone recupera il suo fascino (diventa «quello di Ulisse») grazie ai classici greci che legge e traduce al confino (…) Nella terra di confino collocata in Magna Grecia si immerge soprattutto nei classici greci, facendosi mandare da Torino i testi per affrontare il lavoro di traduzione (…)”, scrisse della Calabria Pavese.
Uno dei suoi allievi nel 1936 a Brancaleone fu Paolo Cinanni che, trasferitosi poi a Torino, era stato costretto a lasciare la scuola per difficoltà economiche non aveva voluto rinunciare a diplomarsi, si lasciò preparare per sostenere gli esami. Se il protagonista de Il Carcere, Stefano, ha dei tratti autobiografici, quello di Pablo potrebbe richiamare quello del tenace alunno calabrese.
Il condono e il ritorno a Torino
La condanna a tre anni di confino, a seguito di numerose sollecitazioni di famigliari e amici e la domanda di grazia al Ministro dell’Interno, fu ridotta a pochi mesi. Il condono arrivò nel marzo 1936.
La scelta di Tina Pizzardo di sposare l’ingegnere polacco Henek Rieser, fu tra i motivi che gettarono Pavese in uno stato di depressione, al momento del suo ritorno a Torino, nel marzo del 1936. Una condizione di malessere dal quale mai riprese completamente. Pavese morì suicida il 27 agosto del 1950 a Torino.
Pavese, scrittore e traduttore
Appassionato di lingua inglese e letteratura anglo-americana, laureatosi con una tesi su “La interpretazione della poesia di Walt Whitman” presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Torino nel 1930, Pavese fu tra i più grandi scrittori del Novecento italiano.
Anche editor, traduttore e insegnante, fu autore di molte opere tra le quali “Lavorare stanca” (1936) per la poesia e per la prosa “La bella estate” (Premio Strega 1950), “Paesi tuoi” (1941), “La casa in collina’’ (1949), “La luna e i falò” (ultimo romanzo pubblicato in vita nel 1950), dal quale è tratta la sua celebre citazione: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti“.