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«Abbiamo nei nostri depositi alcuni reperti che speriamo di esporre al più presto. In particolare siamo andati a recuperare le terre di fusione che erano all’interno dei Bronzi e che erano state estratte dai restauratori degli anni ’70, ’80 e anche ’90. All’epoca analizzate, essendo trascorsi abbondantemente trent’anni, oggi potrebbero darci risposte nuove. Ci saranno dei nuovi studi». Lo ha annunciato il direttore del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, Fabrizio Sudano.

«L’idea è quella di sottoporre queste terre a nuove analisi che magari potrebbero adesso fornire delle risposte diverse e più approfondite sulla provenienza e sulla realizzazione. Ci abbiamo pensato dopo aver fatto il check-up ai bronzi in occasione dell’attività svolta insieme all’Istituto centrale di Restauro e a all’Università di Genova l’anno scorso. Abbiamo pensato di approfondire ancora di più gli studi per poter dare forse una versione anche nuova o anche una interpretazione diversa, se riusciamo, partendo da quello che abbiamo, ossia da queste terre. Al di là di altre ipotesi che avanzano, i Bronzi sono e restano qui nel museo di Reggio Calabria. Possiamo studiarli e siamo in prima linea per farlo». Lo ha ribadito il direttore del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, Fabrizio Sudano.
La scoperta e il Museo in fest
Per commemorare il 53° anniversario del ritrovamento nelle acque di Riace nel reggino, da parte di Stefano Mariottini a 8 metri di profondità, nell’ambito della rassegna Museo in Fest stasera in programma, in concomitanza con l’apertura straordinaria di palazzo Piacentini, in piazza De Nava il concerto dell’Orchestra Sinfonica Brutia. Poi Dance 70/80 Classici della disco reinterpretati in chiave sinfonica. Si inizierà alle ore 21.
La ricerca continua

«Pur essendo dei capolavori così famosi c’è ancora tanto mistero che lo avvolge. Sono ancora molteplici gli aspetti enigmatici sui quali noi, come museo, stiamo comunque indagando. E questo è il bello della ricerca archeologica, della ricerca scientifica: il continuo progredire delle indagini e delle scoperte per cercare risposte a domande anche su reperti famosi come i bronzi di Riace». Lo ha messo in evidenza l’archeologa del museo Martina D’Onofrio.
Fusione a cera persa
Capolavori assoluti della scultura greca del V secolo a.C., convenzionalmente definiti Bronzo A e Bronzo B, rappresentano due guerrieri in bronzo realizzati con la tecnica della fusione a cera persa, le cui terre hanno indicato una provenienza greca. Sottoposti a delicati restauri prima a Reggio Calabria poi a Firenze e poi nuovamente a Reggio, oggi sono conservati nel museo reggino unitamente ai reperti di Porticello, in una sala apposita per garantire tutela, accessibilità e valorizzazione.
Nudi, atletici e barbati

«Le due statue – si legge sul sito del MiC -raffigurano guerrieri di dimensioni poco superiori al vero, alte rispettivamente 1,98 e 1,97 metri. Uomini nudi, atletici e barbati, che in origine erano raffigurati con armi. Entrambi i personaggi sono rappresentati secondo il medesimo schema: il peso del corpo è sostenuto dalla gamba destra, mentre la sinistra, libera, è leggermente aperta verso l’esterno; il braccio destro è teso lungo il fianco, con la mano che doveva stringere una lunga lancia; il braccio sinistro, invece, è piegato in avanti e doveva originariamente reggere lo scudo; sul capo, infine, entrambi dovevano indossare un elmo, sollevato sulla fronte. La loro nudità ha un significato culturalmente rilevante: per i Greci, infatti, la rappresentazione di un corpo maschile perfetto simboleggiava il valore fisico e morale dell’uomo, nel suo ruolo di cittadino, atleta e soldato».
I dettagli e… le armi

I Bronzi sono ricchissimi di dettagli anatomici e decorativi: la muscolatura plastica, la precisa definizione delle vene, con inserti di materiali per le ciglia, le labbra, i capezzoli in rame, i denti in argento, la sclera dell’occhio in calcite bianca e l’iride è in pasta vitrea. Erano muniti di lancia, scudo, elmo. Nulla di questo è oggi a corredo dei due guerrieri.
Realizzati in Grecia e lì probabilmente esposti in un contesto di pubblica rilevanza, i Bronzi di Riace vennero poi caricati su una nave per essere trasportati altrove. Non vi è certezza, tuttavia, sul momento in cui ciò sia accaduto né dove i Bronzi fossero diretti. Allo stesso modo, non vi è certezza sulla loro identità: eroi del mito, strateghi o atleti realmente esistiti?
Sempre la prima volta, sempre stupore
Un mistero che è certamente parte integrante di un fascino che, tuttavia, brilla di luce propria per la straordinaria bellezza e potenza espressiva di questi capolavori che continuano ad attirare tanto i turisti italiani e stranieri, che vengono a scoprirli e ne restano estasiati, quanto i reggini e i calabresi che li rivedono come fosse sempre la prima volta e che accompagnando anche amici provenienti da fuori, affinché la loro meraviglia sia condivisa. E questo avviene sempre.