Reggio, i Bronzi sotto la lente dell’istituto per il Restauro del Mic: «Nel complesso stanno bene, necessari interventi ma in chiave preventiva» – VIDEO
Al museo la conferenza stampa di chiusura del check up al quale sono stati sottoposti i capolavori di Riace e i preziosi reperti di Porticello. Adesso i dati rilevati nel corso dell’indagine avviata lo scorso aprile dovranno essere analizzati
«Oggi si concludono le attività di check up finalizzate a monitorare lo stato di conservazione dei Bronzi di Riace e di Porticello, quindi di tutti i bronzi conservati nella nostra meravigliosa sala Bronzi. A breve attendiamo gli esiti, frutto della messa in relazione della mole dei dati raccolti da aprile ad oggi. Un’analisi rigorosamente scientifica che ci permetterà di procedere con interventi adeguati di conservazione in chiave preventiva dei reperti più importanti che questo museo custodisce e di programmare il futuro».
È quanto ha dichiarato il direttore del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, Fabrizio Sudano, in occasione dell’odierna conferenza stampa svoltasi nella piazza Paolo Orsi di palazzo Piacentini, alla presenza di Luigi Oliva, direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro del ministero della Cultura, e di Paolo Piccardo, professore di Metallurgia Università di Genova.
Interventi di conservazione preventiva
«In attesa della messa in relazione dei dati, possiamo dire che i Bronzi stanno fondamentalmente bene. L’esito è prevalentemente positivo ma ci sono degli elementi che vanno ulteriormente approfonditi e degli aspetti che andranno migliorati in sede di conservazione e monitoraggio, per evitare l’insorgenza di alcune criticità e prevenire la necessità di un restauro. Il metallo è vivo e, utilizzando dunque la metafora medica, occorre fare accertamenti ma l’approccio è preventivo e finalizzato alla migliore conservazione e non a fronteggiare una patologia acuta». È quanto ha dichiarato Luigi Oliva, direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro del ministero della Cultura.
Manutenzione adeguata
«Le leghe utilizzate per queste statue si confermano essere di ottima qualità, e d’altronde lo si vede anche dalle opere stesse. La patina che si è formata in superficie è il risultato di quanto fatto in antico, dell’interazione con l’ambiente marino, dove sono rimasti per oltre 2000 anni, e dei restauri eseguiti dal 1972 dopo il ritrovamento. Dato che sono tutte operazioni condotte nel massimo rispetto delle opere, ancora oggi è necessario eseguire un’adeguata manutenzione per evitare interventi drastici». È quanto ha dichiarato Paolo Piccardo, professore di Metallurgia Università di Genova.
Lo sguardo al futuro
«A noi occorre sapere – ha proseguito il direttore del Marc Fabrizio Sudano – che se quello che stiamo facendo va bene e cosa migliorare per conservare al meglio questi preziosi reperti. Per altro una lente di osservazione su questi capolavori mancava da un decennio, da quando erano stati restaurati a palazzo Campanella tra il 2009 e il 2013, prima dell’apertura del nuovo museo e della loro esposizione nel 2016.
Stretta è stata, e sarà all’occorrenza, la collaborazione con l’istituto centrale per il Restauro che abbiamo rinsaldato nel 2023 e che ci messo anche in contatto con l’università di Genova, autorevole nello studio e nell’analisi dei metalli. Un’équipe importante, che comprende anche i nostri tecnici restauratori, dunque si occupa della tutela dei nostri Bronzi. Le prime notizie sono incoraggianti ma il nostro obiettivo è capire insieme come migliorare guardando al futuro, nell’ottica di conservare al meglio questi capolavori e di garantirne la più estesa fruibilità. Gli esiti dei dati raccolti in questa occasione ci forniranno anche indicazioni utilissime per ragionare insieme su eventuali modifiche delle condizioni climatiche e su come intervenire anche sull’impatto del flusso turistico, se necessario.
Siamo inoltre già impegnati, con progetti finanziati con il Pnrr, a rendere il nostro museo sempre più accessibile. Dunque attendiamo i dati anche per ragionare insieme su un nuovo allestimento della sala Bronzi e per un altro intervento che dovremo fare e che riguarderà l’adeguamento delle basi anti – sismiche risalenti al 2016. Va da sé che l’analisi del materiale contribuirà anche all’accrescimento della conoscenza delle statue, seppure credo che il mistero che li avvolge non potrà mai essere svelato in modo certo e completo. Tutto il materiale confluirà in un documentario nel quale vorremmo ricostruire la storia dei Bronzi, dal ritrovamento a oggi, passando per i tre restauri fino a questo monitoraggio». È quanto ha spiegato ancora il direttore del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, Fabrizio Sudano.
Indagine in fieri
«Sopralluoghi e indagini specifiche in situ e in laboratorio hanno scandito la nostra attività il cui stato oggi è in fieri. Si chiude una fase alla quale ne seguiranno delle altre. Il nostro intervento è rivolto alla conservazione preventiva dei reperti ovvero alla programmazione di un contesto ambientale che sia il migliore per garantire alle statue di essere conservate senza innescare ulteriori processi di degrado. Dunque – ha raccontato Luigi Oliva, direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro del ministero della Cultura – non è un intervento di restauro essendo atto a prevenire il restauro medesimo e assicurandone la massima fruibilità. Una sfida, questa, nella quale siamo supportati dal progresso tecnologico.
Gli esiti sono nel complesso positivi ma, in chiave preventiva, ci sono degli aspetti da attenzionare. Stiamo valutando delle possibili modifiche sulle condizioni ambientali che sono quelle che garantiranno la migliore conservazione delle opere. Per quanto riguarda i materiali, invece, dobbiamo attendere ancora gli esiti delle analisi di laboratorio perché abbiamo bisogno di un monitoraggio che richiede una tempistica maggiore per capire se i processi sono attivi o lenti.
La conservazione di un’opera d’arte non si ferma mai. È importante attivare un monitoraggio e un controllo continui e costanti perché a volte alcuni processi non sono visibili. Consideriamo che essendo le statue cave e avendo delle terre di fusione ancora conservate all’interno con sali molto corrosivi, è possibile che in certi casi si possano innescare dei processi invisibili che poi diventano importanti. Anche attraverso le nuove tecnologie endoscopiche e sistemi di analisi con microscopi digitali potremo verificare tutto in tempo reale e, attraverso, i monitoraggi prevenire e garantire la migliore conservazione». Così il direttore dell’Istituto centrale per il Restauro del ministero della Cultura, Luigi Oliva.
I metalli, la pelle delle opere
«Il nostro compito è stato quello di qualificare i materiali sia dal punto di vista delle leghe che costituiscono i bronzi sia dal punto di vista del degli strati corrosi che si trovano sulla superficie dei bronzi. Abbiamo dunque analizzato la pelle delle opere.
Abbiamo mosso i primi passi per una collaborazione di lunga durata su questi bronzi custoditi a Reggio Calabria. Per noi è veramente un grande onore in quanto chimici e metallurgisti, contribuire alla crescita della conoscenza. Si tratta di capolavori di pregio, opere a loro modo uniche e che rappresentano veramente qualcosa che è necessario conservare, non solo dal punto di vista materiale ed estetico ma anche delle conoscenze tecniche. La conoscenza immateriale, la tecnologia, lo stile, le scelte compiute in antico e poi anche durante il processo di conservazione contemporaneo costituiscono qualcosa che a noi sta a cuore che cerchiamo di preservare per il futuro». Così Paolo Piccardo, professore di Metallurgia Università di Genova.