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«La tutela e la salvaguardia della minoranza linguistica greca di Calabria richiede politiche che abbiano come oggetto la lingua in quanto patrimonio culturale immateriale oppure la comunità che la parla? La risposta dovrebbe essere scontata, si tratta della seconda, ma ciò non è scontato. L’esperienza istituzionale calabrese dimostra che fino ad ora si è investito nelle cose e non nelle persone. Un approccio museale che continua a portare fuori strada la pubblica amministrazione».
Così dichiara Francesco Ventura, attivista per la rivitalizzazione linguistica della minoranza greca di Calabria, il quale ha tirato un sospiro di sollievo nel rinvio ottenuto presso il Co.Re.Mil. nell’approvare la bozza di piano regionale triennale per le minoranze linguistiche storiche della Calabria. Iter che si temeva fosse già segnato nel perfezionarsi ricalcando quelle modalità amministrativamente autocratiche ed autoreferenziali seguite per la modifica statutaria della Fondazione ex IRSSEC.
«Il giorno in cui il greco di Calabria dovesse essere una lingua morta, gloriosa quanto la si vuole ma morta al pari del latino e dell’aramaico, allora verrebbe meno per questa minoranza la necessità ed il presupposto stesso di una tutela ai sensi dell’articolo 6 della Costituzione, ma si tratterebbe di un’attività culturale – spiega Ventura – In soldoni ciò significherebbe che quelle politiche linguistiche poste in essere finora, talvolta decontestualizzate se non quando clientelari e parassitarie, verrebbero inoltre venire meno quei benefici che leggi come la più citata che applicata 482/1999 potrebbero effettivamente portare a vantaggio di queste comunità minoritarie ed a cascata anche in favore di quelle maggioritarie di cui sono perfettamente parte integrante.
Ciò però richiede competenza, responsabilità e soprattutto dialogo. Dialogo, quest’ultimo, che non c’è realmente, ma più che altro finora è stato simulato per mascherare monologhi interni alle varie amministrazioni. È richiesto un cambiamento ed il momento in cui poterlo coltivare ed avviare è ora. Il primo passo? È prendere atto della reale situazione attuale. Il secondo? Uscire da una concezione patrimoniale delle minoranze linguistiche. Il terzo? Va costruito assieme al pari di quelli che dovranno od almeno dovrebbero seguire».