L’economista reggino commenta la nuova mappa dell’Alta Velocità europea: “Il treno si ferma a Eboli, da lì in giù il Mezzogiorno non esiste”
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«Il treno dell’Europa corre, ma si ferma a Eboli». È una denuncia lucida e amara quella di Enzo Cuzzola, economista e docente, che commenta la nuova mappa dell’Alta Velocità europea: un progetto che, da qui al 2040, collegherà il continente lasciando però fuori gran parte del Mezzogiorno.
Per Cuzzola, non si tratta di un errore tecnico ma di una scelta politica precisa: «Il Sud Italia scompare. Non è un caso, è una decisione che conferma come questa Unione Europea, che pure si presenta come garante di pace e libertà, sia ormai diventata uno Stato-azienda. Pensa a difendersi dai conflitti, ma non a difendere i cittadini dalle disuguaglianze».
“Il Sud rischia di morire di fame e isolamento”
Mentre Bruxelles discute di eserciti comuni e piani di difesa, osserva Cuzzola, nessuno si occupa della sicurezza economica e sociale delle aree più deboli del continente: «Milioni di europei del Sud rischiano di morire non di guerra, ma di fame e isolamento. Da anni ci viene raccontato che la coesione è un valore fondante dell’Unione, che lo sviluppo deve essere equilibrato, che nessuno deve restare indietro. Eppure il Sud resta indietro sempre, per definizione».
È, secondo l’economista reggino, «il paradosso di un’Europa che promette coesione ma investe solo dove il mercato garantisce ritorni immediati. È l’Europa-azienda, che pianifica con la logica dei conti, non con quella dei diritti».
“Senza infrastrutture, il Mezzogiorno non può crescere”
Il problema, sottolinea Cuzzola, va ben oltre le reti ferroviarie: «Non si tratta solo di treni o di tratte, ma di cittadinanza economica. Senza infrastrutture il Mezzogiorno non può competere, non può attrarre imprese, non può crescere».
Così Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia diventano «zone di margine, condannate a vivere di promesse e assistenzialismo, un modello che detestiamo ma che ci viene imposto da chi ci nega gli strumenti per camminare da soli».
E il riferimento tocca anche la situazione reggina: «È lo stesso schema dell’aeroporto di Reggio Calabria, minacciato di tagli perché non produce abbastanza profitto, come se la mobilità fosse un lusso e non un diritto».
Cuzzola denuncia l’impostazione “contabile” delle politiche europee: «L’Italia, e con essa l’Europa, ha dimenticato che la mobilità è un valore pubblico, che ogni collegamento, ogni strada, ogni binario è una forma di uguaglianza territoriale. Lo Stato-azienda, prima nazionale e ora europeo, ha fatto della competitività il suo unico vangelo».
Il risultato, dice, è un’Europa che corre a due velocità: «Mentre il Nord viaggia a 300 all’ora verso i mercati globali, il Sud resta a guardare i binari arrugginiti, le stazioni chiuse, i voli tagliati e i fondi di coesione mai spesi o dispersi».
«Un continente che parla di difesa comune ma non sa difendere la dignità del lavoro, del territorio e della mobilità? Il Sud non chiede elemosine: chiede infrastrutture, connessioni, possibilità. Chiede di poter contribuire, non di essere mantenuto».
E conclude: «Finché l’Europa resterà prigioniera della sua logica aziendale, continueremo a ricevere solo le briciole di un benessere che corre altrove. L’Alta Velocità non è solo un treno: è un simbolo. E il fatto che non arrivi da noi dice tutto su chi, in questa Europa, ha davvero diritto di salire a bordo».

