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Crescono i voli, aumentano gli arrivi, si moltiplicano le presenze. Ma a Reggio Calabria, il turismo resta quasi una promessa non mantenuta. Si può sintetizzare così la posizione di Lorenzo Labate, presidente di Confcommercio Reggio Calabria, che invita la città a liberarsi in fretta dall’illusione che basti contare gli aerei in atterraggio per potersi definire una meta turistica.
«I turisti ci sono, ma non restano. Reggio, oggi, è più un punto d’appoggio che una destinazione. Chi arriva in città si ferma per una giornata, al massimo due, e poi va via. In molti casi prosegue per Tropea, per Taormina, o per le Eolie. In altri casi, usa Reggio come base logistica per raggiungere la Sicilia. Questo deve farci riflettere».
Il punto, secondo Labate, è semplice quanto cruciale: non c’è ancora una vera offerta strutturata. L’incremento dei flussi, favorito dalla presenza di nuove tratte aeree e dal ritorno di collegamenti strategici, non è il frutto di una visione o di una strategia condivisa, ma il riflesso di opportunità momentanee che rischiano di sfumare nel nulla, se non vengono sostenute da una progettazione consapevole. «Qualcosina si muove, è vero. Ma non dobbiamo lasciarci prendere da facili entusiasmi. Non siamo ancora una città turistica nel senso pieno del termine. E per diventarlo, bisogna lavorare parecchio».
Il nodo principale è l’offerta. Non bastano le bellezze naturali o qualche appuntamento culturale sporadico. I turisti che arrivano a Reggio si trovano spesso a vivere un’esperienza povera, discontinua, e a tratti deludente. «Quello che sto vedendo in questi mesi è un turismo che si accontenta. Mangiano una pizza, fanno un giro sul Lungomare, visitano il Museo e poi ripartono. Non c’è continuità. Non c’è proposta». E aggiunge: «Non abbiamo una città monumentale, per ovvi motivi storici. Il cataclisma del 1908 ha cancellato le testimonianze antiche. Quello che dobbiamo fare è puntare su altro: infrastrutture nuove, esperienze vere, collegamenti efficienti».
Labate invita a guardare la situazione con lucidità. Se Reggio vuole essere qualcosa di più di una tappa logistica, deve costruire un’identità turistica coerente e riconoscibile. E questo passa anche dalla capacità di attrarre un pubblico con maggiore capacità di spesa, che oggi, dice, «non trova motivi per fermarsi. E sceglie mete più organizzate». Una parte della soluzione sta nel riaprire un dialogo con il territorio provinciale. Reggio da sola non può bastare, ma può essere il fulcro di un sistema che coinvolga l’entroterra, i borghi, la costa ionica. «Ci sono siti straordinari come Gerace, ci sono aree in cui la storia è rimasta viva, autentica. Ma non le mettiamo in rete. Non le valorizziamo come potremmo».
Da qui l’idea — rilanciata con forza — di un collegamento stabile con la Sicilia. Un progetto che Labate ha proposto più volte in passato: «Io continuo a credere che una tratta di aliscafi tra Reggio e Taormina sia una cosa fattibile subito. Non servono grandi investimenti. Servono volontà e coordinamento. Possiamo intercettare i turisti che vanno a Taormina, portarli a Reggio per una giornata, farli visitare il Museo, i Bronzi, il centro cittadino, e riportarli la sera. Sarebbe un vantaggio per tutti. Ma bisogna organizzarsi».
Il vero problema è che anche le mete più vicine, come Scilla, diventano difficili da raggiungere. I parcheggi scarseggiano, i trasporti pubblici sono inadeguati, mancano navette, mappe, itinerari guidati. Non si costruisce un’offerta coordinata, e il risultato è che l’esperienza turistica si interrompe quasi subito. «Tutte queste cose vanno progettate con attenzione. Non possiamo continuare a navigare a vista».
Per questo Labate propone, da tempo, la creazione di un tavolo permanente di concertazione. Un luogo di confronto e pianificazione dove imprenditori, istituzioni e associazioni possano mettere a fuoco obiettivi comuni, non legati all’estemporaneità di una stagione. «Non possiamo più permetterci di improvvisare. Abbiamo quattro, cinque anni per trasformare questo momento in qualcosa di duraturo. Dopo sarà troppo tardi».
E poi c’è la questione delle navi da crociera, spesso al centro del dibattito pubblico. Su questo punto, Labate invita a smettere di inseguire modelli insostenibili e a guardare alla realtà con pragmatismo. «Il porto di Reggio, oggi, non può ospitare grandi navi da crociera. Non ha le dimensioni né l’adeguatezza strutturale. Ma non è un problema. Possiamo trasformarlo in un vantaggio». Come? Utilizzando il porto di Messina come scalo e proponendo escursioni giornaliere a Reggio. «Messina è già attrezzata, ma non ha ciò che abbiamo noi. Non ha i Bronzi, non ha il nostro Museo, non ha il nostro lungomare. Possiamo costruire una simbiosi virtuosa. Loro ospitano, noi accogliamo. E funzionerebbe».
Il senso, alla fine, è tutto lì. Non rincorrere quello che manca, ma valorizzare quello che già c’è, facendo sistema, uscendo dalla logica dei compartimenti stagni, e smettendola di pensare in funzione di una sola stagione. «Se non costruiamo un’offerta vera, non tratterremo nessuno. Né turisti, né opportunità». Ed è per questo che, dietro l’analisi lucida di Labate, si intravede una chiamata forte alla responsabilità collettiva: il turismo non è un evento, è un progetto. E Reggio deve ancora imparare a pensarci così.

