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Comune di Reggio, il centrodestra fa ammuina: i numeri per far cadere Falcomatà non ci sono

Sabato 26 novembre è stato organizzato un corteo popolare, ma nessuno dei partiti ci mette il logo

Comune di Reggio, il centrodestra fa ammuina: i numeri per far cadere Falcomatà non ci sono

Partiamo da un punto fermo: al Comune di Reggio i numeri per fare cadere l’amministrazione al momento non ci sono. Lo hanno mostrato molto bene i consiglieri di centrodestra nella conferenza in cui hanno dichiarato guerra ai compagni dell’aula Battaglia, annunciando di volere ad ogni costo far tornare i reggini al voto entro maggio 2023. Con un particolare di non poco conto: non hanno spiegato in che modo potrebbero riuscirci.

Dall’interno

Il consiglio comunale non può implodere. In primis, non si materializzeranno i “7 obiettori di coscienza” invocati da Massimo Ripepi che si è appellato alla maggioranza. Nessuno dal centrosinistra, seguendo il buon esempio del sindaco sospeso, Giuseppe Falcomatà, ha intenzioni di lasciare lo scranno. E lo stesso sarà per la controparte che siede di fronte. Il centrodestra comunale resta seduto perchè, come evidenziato, le dimissioni non servirebbero, dovrebbero dimettersi in contemporanea tutti i consiglieri e tutti i loro subentranti nelle liste. La strada non è percorribile. Preferiscono – dicono – fare opposizione dall’interno. Ma soprattutto non c’è nessuna volontà.

Il fattore “poltrona”

È il fattore “poltrona” a farla da padrone, come già accaduto lo scorso anno. Per centrodestra e centrosinistra vale la consapevolezza per i consiglieri di avere un corposo stipendio a fine mese. Stipendi che aumenteranno da inizio 2023. Una manna dal cielo per persone che un lavoro non lo hanno e che soprattutto sanno bene che, una volta lasciata la poltrona, molti di loro non saranno rieletti.

Dall’esterno

E poi ci sono i parlamentari reggini rappresentanti del centrodestra, Tilde Minasi, Francesco Cannizzaro che la guerra a Falcomatà l’hanno dichiarata a poche ore dalla sentenza della nuova condanna. Abbiamo già scritto della ventilata possibilità di un’interrogazione sul caso Reggio. E chissà che questa interrogazione, figlia anche del caso irrisolto dei brogli elettorali, ai quali si possono aggiungere le denunce presentate in procura da consiglieri d’opposizione, non portino a già invocate ispezioni del Mef (uno dei cavalli di battaglia della consigliera Filomena Iatì) o ad altri controlli. E allora, in caso di irregolarità, tutto potrebbe accadere.

Il corteo popolare

Sull’andamento lento di questa battaglia per la riconquista della città la dice lunga la ventilata manifestazione in piazza. Di ieri il manifesto dell’evento, in programma sabato 26 novembre, quindi già a qualche settimana dalla condanna. Dopo giorni di silenzio (fatta eccezione per la conferenza del centrodestra) la montagna ha partorito un topolino, anonimo peraltro. “Non ne possiamo, Reggio è morta. Carenza idrica, strade dissestate, rifiuti e degrado ovunque, servizi inesistenti, tasse alle stelle. Scendiamo in piazza” si legge nel generalissimo manifesto che invita in corteo i cittadini da piazza de Nava a palazzo San Giorgio, senza esporre nessun simbolo politico.

Massima inclusività, per convincere gli indecisi? E nessuno ci mette la faccia, o meglio il logo, almeno sui manifesti. Vedremo se nel giorno dell’evento ci saranno parlamentari a sostenere la causa contro “la morte di Reggio”.

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