La serie D è un mondo a sé nello scalcagnato scenario calcistico nazionale. Un mondo in cui i protagonisti (veri e presunti) perdono spesso il senso della misura e, a volte, anche quello del ridicolo. In questa settimana in cui noi, fermati dal prefetto di Agrigento, non scendiamo neanche in campo, segnalo in ordine sparso qualcuno di questi smarrimenti (della misura o del ridicolo, fate voi) con alcuni esempi pratici.

Un professionista di Taurianova, nel 2017, registra a suo nome, seguendo le disposizioni di legge, dice, uno dei marchi “Reggina”, per salvarlo, dice, dai futuri fallimenti. Avrebbe dovuto costituire una fantomatica fondazione di tifosi a cui donarlo, ma dal 2017, e con la società che intanto è passata di mano quattro volte, non è riuscito a trovare il tempo per farlo. Il tempo c’era invece per registrare una pagina web in cui si vende paccottiglia marcata As Reggina. Non contento, lo stesso professionista, a due anni dal fallimento targato Saladini, porta in tribunale la Reggina per ottenere che la Reggina non utilizzi il nome Reggina. Ora mancano solo le cavallette ad avanzare pretese sulla Reggina.

Il presidente del Locri non ha preso bene la rocambolesca sconfitta del Granillo. La sua squadra, ha più o meno detto nel corso di un paio di conferenze stampa infuocate, che è una grande squadra, non può perdere contro un avversario come la Reggina. D’altronde, dall’alto delle decine di derby vinti con Mammola e Rosarno, il Locri può fare la voce grossa nel mondo del calcio di provincia. E nemmeno uno come Ciccio Cozza – quello delle magie nei templi del calcio nazionale – è degno di allenare una squadra come il Locri. Ne prendiamo sommessamente atto, tanto nel calcio di provincia siamo finiti e con il calcio di provincia dobbiamo convivere se non vinciamo sta schifezza di campionato. (Barney p)