Per la prima volta dopo mesi non c’è una vigilia da vivere. Ma questo sabato ha il sapore di un bilancio: quello di una stagione che ha visto la Reggina crescere in campo e fuori, tra difficoltà e rinascite. Dal volto trasformato di mister Trocini ai passi avanti della società, dai giovani esplosi ai veterani diventati guide. Un racconto di crescita collettiva che guarda già al futuro.

È sabato. Ma è un sabato diverso. Per la prima volta dopo mesi, non c’è attesa. Non c’è una vigilia da raccontare, non ci sono convocazioni da analizzare, né formazioni da ipotizzare. Oggi resta solo il silenzio di un campionato che si è concluso. Ma nel vuoto apparente di questa giornata, riecheggia forte il senso di una stagione che ha insegnato tanto. A tutti.

La Reggina ha attraversato l’intera gamma degli aggettivi: fragile e forte, smarrita e determinata, confusa e poi lucida. È stata una stagione complessa, ma proprio per questo formativa. Una stagione cominciata con uno staff e proseguita con un altro. Un cambio in corsa, spesso destabilizzante, che in questo caso è diventato punto di svolta. Con l’arrivo di Bruno Trocini, la Reggina ha ritrovato direzione, struttura, identità.

E lo stesso Trocini ha vissuto una metamorfosi. Il tecnico è cresciuto con la squadra, si è imposto con carisma, risultati e coerenza. Non è più l’uomo delle difficoltà dell’anno scorso, ma un punto fermo riconosciuto da tutta la città. E se il calcio insegna qualcosa, è che le identità forti si costruiscono nella fatica.

Ma non è solo la panchina ad aver compiuto un salto. È l’intera società ad aver intrapreso un processo di crescita. Una stagione segnata da ostacoli, incomprensioni, anche discussioni accese. Alcune parole dure, anche da parte del patron nel post-partita, hanno acceso i riflettori su aspetti da migliorare. Non sono semplici critiche, ma segnali che, se accolti con la giusta maturità, possono diventare stimoli preziosi per la crescita dell’intero ambiente. Ogni realtà che punta a consolidarsi ha bisogno anche di momenti di confronto sincero, di riflessione interna e di un percorso di strutturazione costante. È così che si gettano basi più solide e si compiono scelte sempre più consapevoli.

E poi c’è la squadra. Un gruppo cresciuto giorno dopo giorno, trascinato dai veterani ma impreziosito dalla maturazione di tanti under.

Da certezze come Adejo, Ragusa e Barillà, alla crescita costante di Giuliodori e Cham, fino alla solidità sempre più marcata di Lagonigro. Senza dimenticare l’affermazione di Laaribi e Grillo, l’attaccamento di Girasole e l’instancabile energia di Porcino e Barranco. E come non ricordare quel momento simbolico, destinato a restare nella memoria: il discorso della Curva a Paternò, carico di gratitudine verso Barillà e i suoi compagni, che hanno onorato la maglia con passione. Segni indelebili di una stagione che ha lasciato impronte umane prima ancora che tecniche.

Ora resta da capire quale sarà il futuro. C’è una Serie C che si spera arrivi tramite ripescaggio, ma al di là della categoria, oggi la Reggina è più pronta, strutturata, consapevole. È cresciuta dentro e fuori dal campo. E in questo sabato senza attesa, c’è il tempo per dirlo: non è stato un anno perso, ma un anno guadagnato. Perché una squadra che cresce è il primo passo per un sogno che può e deve continuare.