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di Lorenzo Vazzana – È passato un anno, ma l’immagine di quello zabinetto abbandonato tra gli scogli, con dentro il corpo senza vita di un neonato, resta scolpita nella memoria collettiva di Villa San Giovanni. Era il 26 maggio 2024 quando il piccolo venne ritrovato senza vita. Un evento che ha sconvolto, scioccato, e che ancora oggi aspetta giustizia.
Le indagini hanno ricostruito una verità difficile da accettare: a uccidere il bambino è stata la nonna, dopo che la figlia, una minorenne, lo aveva partorito in casa in totale solitudine. Una storia di disperazione, silenzi e fragilità. Un dramma che va oltre il fatto in sé e diventa simbolo di quanto ancora resti da fare sul piano dell’ascolto, del sostegno e dell’educazione affettiva e familiare.
Quel bambino, mai venuto al mondo davvero, ci obbliga a riflettere su quanto sia urgente creare spazi di aiuto per chi vive il dolore nascosto, l’isolamento e la paura. Perché nessuno debba più scegliere il silenzio, la negazione, la morte. Perché tragedie come questa non si ripetano.