(Foto Fondazione Giancarlo Siani) – «Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo da pagare proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata Valentino Gionta è una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana».

Sulle colonne del Mattino il “giornalista giornalista” già a 26 anni, Giancarlo Siani pubblicava la sua arguta analisi. Era il 10 giugno 1985. Il 23 settembre successivo sarebbe stato ucciso dalla Camorra perché aveva già capito troppo e lo aveva anche pubblicato. Giancarlo Siani aveva intuito che l’arresto di Valentino Gionta, capoclan di Torre Annunziata, era stato favorito dal clan Nuvoletta (alleato dei Gionta ma probabilmente anche l’unica famiglia non siciliana a sedere nella cupola accanto ai Corleonesi di Riina) che aveva agito in accordo con il rivale clan dei Bardellino.

Camorra e ‘Ndrangheta

Quarant’anni fa il delitto maturato nel contesto di una Camorra che, come stigmatizza anche dall’attuale procuratore capo di Napoli, il reggino e profondo conoscitore della Ndrangheta, Nicola Gratteri, è organizzazione «con maglie più larghe, prodiga di collaboratori di giustizia. Indagandola può capitare di trovare un affiliato passato da una fazione all’altra. Ciò è impensabile nella ‘Ndrangheta».

Famiglie, alleanze e potere

Una ‘ndrangheta di cui la recente operazione Res Tauro coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ha messo in luce come quel punto di forza, rappresentato dalla famiglia e dal microcosmo che ognuna di essere propende e rappresentare con i suoi alleati e le sue gerarchie, possa anche diventare il principale vulnus, disgregandosi e vedendo minacciati i propri equilibri. Specie dopo una lunga assenza del boss come nel caso di Pino Piromalli detto “Facciazza” detenuto fino al 2021, capo della ‘ndrina egemone a Gioia Tauro, nel reggino.

Quella forza può essere, dunque, anche debolezza e gli equilibri essere minacciati e pregiudicati internamente, pur senza tradimenti o accordi alle spalle con ndrine contrapposte. Bastano i feroci dissidi interni tra parenti, il mancato accordo sulle spartizioni degli affari, una crisi della leadership. Un potere che comunque riesce a dominare anche per una mancata resistenza ed esistenza delle forze sane.

Una quadro che differisce da quello denunciato dal giornalista precario, ma comunque “giornalista giornalista”, Giancarlo Siani in cui la Camorra trattava e svendeva anche i propri alleati scomodi e “troppo” in ascesa, come Valentino Gionta, per ristabilire gli equilibri di potere.

23 settembre 1985-2025

«Ricordare il sacrificio della vita di Giancarlo Siani porta inevitabilmente alla mente i numerosi giornalisti morti perché colpevoli di testimoniare la verità, di raccontare le violazioni del diritto, le aggressioni, le guerre, lo sterminio senza pietà. L’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà, di una parte di noi a cui la comunità non intende rinunciare». Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato il giovane cronista Giancarlo Siani nel quarantesimo anniversario della sua scomparsa per mano della Camorra.

L’amore, l’amicizia, il volley, Vasco e la ricerca della Verità: l’eterna giovinezza di Giancarlo Siani

Le partite di pallavolo, la canzoni di Vasco, l’amore, l’amicizia, il sorriso e i suoi 651 scritti, tra articoli e inchieste pubblicate dal giugno del 1979 al 22 settembre del 1985. Ecco i ventisei anni appena compiuti di Giancarlo Siani che avrebbe continuato a cercare le notizie, a recarsi con la sua Citroen Mehari verde a Torre Annunziata e a raccontare sulle colonne del Mattino ciò che vedeva, intuiva, capiva. Così fece con il patto criminale tra la camorra e la politica nella spartizione degli appalti, denunciando le collusioni con la pubblica amministrazione, allora provincia oggi città metropolitana di Napoli. Per questo dava fastidio e per questo è stato ucciso con otto colpi di pistola il 23 settembre del 1985 nella sua Napoli, in piazza Leonardo al Vomero, a pochi passi da casa sua.

Originario dei quartieri del Vomero, fin dai suoi primi articoli Giancarlo si mostrò attento osservatore delle fasce sociali più deboli ed emarginate, pronto a mettere in luce i temi del lavoro, le ingiustizie sociali e le sopraffazioni e a denunciare la disoccupazione e le inefficienze amministrative.

La riorganizzazione della Camorra

Il 23 novembre 1980, un tragico terremoto aveva devastato l’Irpinia. In quegli anni, dunque, arrivavano in Campania ingenti somme per la ricostruzione finite al centro di enormi appetiti criminali. E poi la Nuova famiglia senza Raffaele Cutolo costretta a riorganizzarsi per fronteggiare la nuova camorra organizzata. Una riorganizzazione che si era tramutata in una scissione: da una parte gli Alfieri-Galasso-Bardellino e dall’altra i Gionta-Nuvoletta-D’Alessandro. Era in corso una guerra sanguinaria con omicidi all’ordine del giorno. In questo contesto maturano l’intuizione di Giancarlo Siani e la sua conseguente uccisione.

L’articolo del 10 giugno 1985

In questa Campania, in particolare a Torre Annunziata, inoltre si stavano altresì determinando equilibri importanti che riguardavano i Gionta, i Casalesi e i Corleonesi, nemici dei Bardellino ma amici dei Nuvoletta. Giancarlo aveva intuito questi intrecci chiaramente e, analizzando questo contesto così complesso, era arrivato subito alla verità e l’aveva pubblicata in quell’articolo del 10 giugno 1983: l’arresto di Valentino Gionta non avrebbe potuto essere eseguito senza un diretto intervento dei Nuvoletta. Dunque costoro avevano venduto un loro uomo ai rivali.

Tale conclusione, per quanto pericolosa non fu taciuta e fu, invece, affidata a quelle righe che, con ogni probabilità, condannarono a morte Giancarlo. Quel colpo infamante, che comprometteva la reputazione criminale a Napoli dei Nuvoletta, non avrebbe potuto restare impunito.

Le indagini

La camorra non aveva mai ucciso un giornalista. Giancarlo è stato l’unico. L’impulso fu dato da Cosa Nostra che, invece, si era già macchiata di attacchi mortali anche all’informazione e aveva già ucciso Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato e Mario Francese.

Si deve al magistrato della Dda di Napoli, Armando D’Alterio la svolta decisiva nelle indagini sul delitto Siani. Grazie alle rivelazioni di Salvatore Migliorino e di Gabriele Donnarumma, pentiti del clan Gionta, nel 1993 il processo e la condanna di Lorenzo e Angelo Nuvoletta e Luigi Braccanti, in qualità di mandanti, e di Ciro Cappuccio e Armando Del Core, quali esecutori.

Le parole di una vita

Giancarlo se n’è andato quarant’anni fa ma, grazie alla fondazione che porta il suo nome e alla responsabilità dei giovani, non è stato dimenticato. I suoi scritti sono ancora attuali e aderenti alla realtà come pochi, capaci di descrivere spaccati e piaghe sociali senza veli e senza paura. Sono senza dubbio le “parole di una vita“, della sua breve vita e anche della nostra, se avremo il coraggio di quel sorriso e di quella fiducia nella vita, nella verità, nella giustizia.