«Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra». Risuonano, ancora inascoltate, nella basilica cattedrale del Duomo di Reggio Calabria le parole che papa Pio XII aveva pronunciato agli albori della Seconda Guerra Mondiale, nell’agosto del 1939. Risuonano mentre, in questo 2025, si invoca una Pace che a Gaza e in Medioriente appare vicina ma ancora fragile, troppo fragile.

«Gesù è l’unica pace nella nostra vita»

«Di ogni guerra si cerca sempre il colpevole. Si prendono le parti dell’uno o dell’altro. Ma di ogni guerra la responsabilità di tutti. E ogni Pace alla quale si pongano condizioni non è una vera pace. La Storia lo insegna drammaticamente. Chi subisce, chi è schiacciato dal potente, troverà un giorno il modo di ribaltare quelle condizioni. Non c’è vera pace senza autentica riconciliazione, senza perdono, senza quel realismo cristiano che ci pone gli uni accanto agli altri, senza la scelta di Gesù, che è l’unica pace, nella nostra vita. L’unica Pace duratura nel mondo. Dunque anche se poco possiamo fare, intanto facciamolo e iniziamo da noi. Scegliamo, con la libertà di cui siamo dotati, Gesù».

Ha parlato al cuore dei fedeli raccolti nella basilica cattedrale del Duomo di Reggio Calabria, monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio – Bova che, accogliendo l’appello di papa Leone XIV, ha guidato la veglia di preghiera per la pace dedicata a Maria Santissima Assunta in Cielo.

Artigiani di pace nel quotidiano

Una tappa del cammino del Giubileo della Chiesa universale animato dalla preghiera per la Pace, in questo frangente di tormento e speranza, ai piedi della Venerata Effigie dell’Avvocata del popolo reggino, la Madonna della Consolazione, in questo periodo dell’anno, custodita proprio nel Duomo di Reggio.

«La relazione con Cristo ci chiama a sviluppare un’attenzione pastorale sul tema della pace. Il Signore, infatti, ci invia al mondo a portare il suo stesso dono: “La pace sia con voi”,  e a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana. Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione». Così si era rivolto ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, lo scorso 17 giugno, papa Leone XIV.

La benedizione e l’adorazione

E così anche la chiesa reggina ha inteso farsi testimonianza di pace e riconciliazione con una veglia solenne scandita da canti, letture e preghiere che hanno incorniciato la Benedizione eucaristica, l’esposizione del Santissimo Sacramento sull’altare, l’Adorazione, l’incenso. Poi ancora canti e preghiere con l’accensione di candele e l’arrivo accanto al Santissimo della statua della Madonna.

«Iniziamo da noi, dalla nostra postura, dal nostro linguaggio che può ferire, umiliare, distruggere, creare guerre. Piccoli gesti possono realizzare la bellezza del sogno di Dio di vivere come fratelli e sorelle. Non è un’utopia ma un sogno che è possibile realizzare. Siamo artigiani della pace, invochiamo la forza di Dio in noi, noi che ci disponiamo dinanzi al Santissimo dove ci siamo tutti, ci sono anche i nostri avversari», ha ricordato monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio – Bova.

Dalla navata centrale della basilica a piazza Duomo

Riposto il Sacramento nel tabernacolo, i ministranti hanno attraversato con la croce la navata centrale del Duomo per andare incontro alla città. Dietro la croce, l’Arcivescovo, i presbiteri, i  diaconi, i consacrati, il popolo santo di Dio con le candele accese fino a piazza Duomo. Qui l’invocazione della Pace richiamando le parole delle guide religiose Hamad Mahamed, Imam di Venezia, Jeremy Milgrom, rabbino di Gerusalemme, e il Cardinale Pierbattista Pizzaballa,  patriarca cattolico di Gerusalemme dei Latini.

L’invocazione finale è stata quella di monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio – Bova, che ha inteso richiamare anche recenti episodi di intimidazioni subiti da chi lavora onestamente.

L’invocazione di Pace

«Le guerre sono anche quelle in famiglia, quelle quotidiane di chi deve resistere ai soprusi del malaffare che vuole impossessarsi del sudore della fronte di chi lavora. Anche queste sono guerre. 

Non ci sarà mai pace senza Dio, senza la riconciliazione, come non può esserci nella vita di ciascuno senza giustizia, senza lavoro, senza casa. Stare dalla parte degli ultimi per dare giustizia a tutti: è da lì che parte della Pace. Pensiamo ai nostri Santi, pensiamo a Gandhi. Allora rivolgiamo al Signore la preghiera perchè la preghiera non è un fuggire della realtà ma ci tempra e ci rende consapevoli delle nostre responsabilità.

Nel dramma di questo mondo noi possiamo fare ben poco però se saremo seminatori di pace con il nostro stile, le nostre parole, allora qualcosa più bello si realizzerà. Soltanto il perdono crea le condizioni della pace. Sembra quasi impossibile, ma non lo è se crediamo e se nel nostro piccolo ci impegniamo. Tutti», ha concluso monsignor Fortunato Morrone, arcivescovo di Reggio – Bova.