Il decreto del presidente del consiglio dei Ministri, Ivanoe Bonomi, del 31 gennaio 1945 numero 23 con l’estensione del diritto di voto alle donne. Le elezioni amministrative tra il 10 marzo e il 7 aprile 1946 con le prime donne sindache e consigliere anche in Calabria. Il decreto sulla eleggibilità delle donne (25enni) del 10 marzo 1946 numero 74. Infine il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, in cui vennero eletti i membri dell’Assemblea costituente che stese il testo della Costituzione (su 556 solo 21 donne di cui nessuna calabrese) e dopo il quale l’Italia divenne una Repubblica.

Poco meno di 13 milioni, su quasi 25 milioni votanti, furono gli uomini e donne che sbarrarono la Donna Turrita piuttosto che lo stemma Sabaudo. Ecco le tappe del percorso fino al Suffragio universale nel nostro Paese. Tappe che portarono l’Italia, segnata dalla dittatura, dall’occupazione e della guerra, a scegliere la Repubblica.

Tappe di cui non poté essere più testimone, pur avendo contribuito a determinarle, Clelia Romano Pellicano (Castelnuovo della Daunia 1873 – Castellammare di Stabia 1923), suffragista italiana. La sua storia si snodò anche in Calabria. Giornalista e corrispondente, scrittrice con lo pseudonimo di Jane Grey, fu pioniera del femminismo in Italia e in Europa. Arrivò in Calabria al seguito del marito il marchese e deputato Francesco Maria Pellicano di Gioiosa Ionica nella Locride a Reggio Calabria. “Nozze contratte in un raro e felice connubio della ragione e del cuore”, erano state definite dalla stessa scrittrice e dal quale nacquero 7 figli.

In Calabria, Clelia Romano Pellicano diede luce e voce alle donne, specie alle donne lavoratrici. Una sensibilità fine ma anche un’arguta indagine poi confluita nel volume “Donne e industrie nella Provincia di Reggio Calabria”.

Nella docu-serie “Donne di Calabria” finanziato dalla Calabria Film Commission nel 2021, una delle sei storie del mosaico è quella di Clelia Romano Pellicano, interpretata da Marianna Fontana. Lei, infatti, fu una donna calabrese anche se di adozione.

Convinta europeista, si batté per l’affermazione della dimensione extradomestica delle donne, per il diritto all’istruzione, al voto e alla pari retribuzione. Tutti diritti ritenuti passi essenziali da compiere per il raggiungimento dell’uguaglianza e della parità. La sua attività fu anche volta a portare in evidenza le violenze e gli abusi che la donna subiva anche tra le mura domestica. Un’opera tanto importante quanto scomoda e perciò anche ritenuta all’epoca scabrosa e invece straordinariamente moderno e tragicamente attuale. Un giudizio che non pregiudicò la sua indipendenza di azione e pensiero.

Gioiosa, Castellamare di Stabia, Napoli e Roma

Figlia di Pierina Avezzana, a sua volta figlia del generale Giuseppe, amico di Garibaldi, e del barone Giandomenico Romano, giovane deputato del parlamento italiano nel 1870. Clelia Romano sposò a sedici anni il marchese Francesco Maria Pellicano dei duchi Riario-Sforza, anch’egli deputato.

La sua residenza e la sua vita fluttuarono tra Gioiosa, Castellamare di Stabia, Napoli (dove era nata nel 1873), e nella sua villa di Roma. Questa era frequentata da politici e intellettuali, scrittori come Luigi Capuana e Matilde Serao. Rimasta vedova nel 1909, crebbe i suoi figli in Calabria. Si occupò, altresì, del patrimonio familiare, dando prova della sua capacità imprenditoriale, mettendo a frutto le proprietà e creando a Prateria, ne territorio reggino di San Pietro di Caridà, la società Calabro forestale.

Giornalista, corrispondente da Londra

Una vita che fu un’autentica avanguardia femminile da ogni punto di vista: politico, imprenditoriale, sociale e culturale. Clelia Romano Pellicano fu giornalista e scrittrice di romanzi e novelle autrice de La vita in due, Coppie e Le novelle calabresi del 1908.

Nella sua attività di giornalista fu corrispondente della rivista mensile Nuova Antologia. Collaborò anche a Flegrea e alla rivista quindicinale torinese La Donna per la quale curò tre reportage come corrispondente da Londra, dove si era recata in qualità di socia delegata del Cndi (Consiglio Nazionale Donne Italiane) per partecipare al Congresso Internazionale femminile.

Fondato ai primi del Novecento, come articolazione italiana dell’International Council of Women istituito a Washington nel 1888, il Cndi fu portavoce delle aspirazioni di progresso di tutte le donne italiane, senza distinzione di fede o di appartenenza politica.

Suffragista e socia del Consiglio Nazionale Donne Italiane

Con Gabriella Rasponi Spalletti, la sua prima presidente del Consiglio Nazionale delle Donne Italiane, il Cndi sostenne il suffragio universale. Istituì un Comitato di sostegno per le vittime del terremoto di Messina del 1908. Ciò sulla scia di quanto già fatto nel 1905 quando sul giornale in edizione speciale denominato Per la Calabria lanciò un appello per le donne calabresi affinché, sostenendone i progetti imprenditoriali, potessero contribuire alla ricostruzione dopo il terremoto. Il Consiglio Nazionale delle Donne Italiane rivestì un ruolo fondamentale nella lotta per il suffragio femminile in Italia.

A Londra, come sua rappresentante, Clelia Romano Pellicano rimase una settimana in partecipando a una serie di incontri con rappresentanti di 21 paesi esteri.

Clelia Pellicano (1873 -1923) abbracciò le epoche in cui vissero le coraggiose militanti suffragiste Emmeline Pankhurst (1858-1928) in Gran Bretagna e Alice Paul (1885-1977) negli Stati Uniti. Questo per inquadrare il momento storico decisivo per questa battaglia di civiltà. Clelia Romano Pellicano morì nel 1923, prima di vedere il diritto di voto riconosciuto anche alle donne nel suo Paese.

Scrittrice “Jane Grey”

Sull’Enciclopedia delle donne, la scrittrice reggina Gaetanina Sicari Ruffo, nella biografia di Clelia Romano Pellicano aveva ricordato la sua partecipazione al Congresso a Roma. Con un ordine del giorno, nel 1914, aveva sollecitato la discussione incentrato sulla retribuzione del lavoro femminile. Con lo pseudonimo di Jane Grey aveva firmato anche la prefazione del libro La legge e la Donna, scritto da Carlo Gallini nel 1910. Lo scopo era stato quello di sollecitare il Parlamento italiano ad ammettere le donne al voto.

L’appello corale “Per la Calabria”

Clelia Romano Pellicano si trovava a Roma quando il terremoto scosse la Calabria nel 1905. Ma sentì il richiamo e contribuì al numero unico femminile del gennaio 1906, di cui una copia è custodita presso la biblioteca De Nava di Reggio Calabria. Qui la stessa Gaetanina Sicari Ruffo la trovò ispirando, con i caratteri di Città del Sole edizioni, nel 2006, in occasione del centenario, la pubblicazione “Le donne e la memoria. Un contributo unico di solidarietà femminile”. L’iniziativa editoriale è stata realizzata con il sostegno dell’allora ufficio della Consigliera di Parità della Provincia di Reggio Calabria Daniela De Blasio.

«Nei giorni più tristi per la Calabria, fra tante rovine e tante morti quando la terra e il cielo pareva non volessero dare tregua a quei paesi infelici (…) ci venne il pensiero di unire ai soccorsi e ai conforti la parola gentile delle donne di ogni paese che, come un segno tangibile, rimanesse quale espressione della carità universale femminile». È quanto aveva scritto Gabriella Rasponi Spalletti, presidente del Consiglio Nazionale delle Donne Italiane.

Un appello che assunse le vesti di un giornale speciale denominato Per la Calabria, rivolto tutto il popolo italiano affinché coralmente credesse in quelle donne calabresi al punto da sostenerne progetti imprenditoriali Tramite questi progetti si sarebbe prestato soccorso alle comunità del Sud colpite dall’ennesimo sisma del settembre 1905. Una iniziativa che segnò un importante passo verso l’emancipazione femminile e che coronò un momento di ricostruzione della comunità e di fondazione della memoria corale. Un appello alla solidarietà universale rivolto dalle donne e per le donne.

Le donne d’Italia per la Calabria

Nel mosaico di penne femminili solidali che si mobilitarono per risollevare le sorti della Calabria con le sue donne vi furono il futuro premio Nobel Grazia Deledda, Eleonora Duse, Ada Negri, Amelia Rosselli. E ancora la Contessa della Rocca di Castiglione, Febea Olga-Ossini, Fanny Zampini Salazar, figlia del liberale Demetrio di origini calabresi, Matilde Serao. La fondatrice de Il Mattino con Edoardo Scarfoglio nel 1892 ebbe parole struggenti per le città dello Stretto, duramente colpite da un altro sisma che si sarebbe abbattuto con violenze solo tre anni dopo nel 1908. Tra quelle penne, per la “sua” Calabria anche giornalista Clelia Romano Pellicano, che a Gioiosa aveva anche vissuto. Una terra che non aveva mai lasciato davvero come scrisse nel suo contributo.

La Calabria «patria d’elezione»

«Vi sono patrie di elezione cui ci legano vincoli tenaci quanto quelli che ci uniscono a persone vive. Quando la sventura colpisce la terra amata, nello schianto di queste fibre viventi, sentiamo quanto essa ci era cara. Fu così che attraversando il Corso, quasi deserto nel dolce autunno romano che tinge di luci sanguigne le giallette acque del Tevere, confonde in una gloria d’oro i templi cristiani e le rovine pagane, che il grido dei giornalai mi trapassò il cuore. “Il terremoto di Calabria! due province distrutte!”. Ah il disastro immane (…). E, come accade di cari perduti che il cuore evoca nelle ore in cui più ci sorrisero e meglio ci amarono, cittadine, borgate, villaggi, essi tutti mi apparvero come nei lieti anni in cui vissi fra loro giorni sereni e fecondi (…).

Percossi dal dolore, come dal tocco di una bacchetta magica, i ricordi mi balzavano dentro in folla. Scivolavano via sulle lastre della memoria, come su quelle di un cinematografo. Paesaggi pittoreschi di una bellezza suggestiva e profonda, quale l’indimenticabile valle del Crati, o raggianti di poesia luminosa, quali quelli di Gerace e di Palmi. Mi riapparivano insieme a volti abbronzati di lavoratori, a stanche sagome di donne oppresse dalle fatiche e sformate dai parti, a fanciulle belle e pensose, a bimbi ignudi e verdastri(…)». Ecco la Calabria che mai dimenticò la suffragista Clelia Romano Pellicano.