Addio Giovanna Marini, ne “I treni per Reggio Calabria” cantò la grande manifestazione sindacale del 1972
Nel contesto rovente degli anni Settanta sulla riva calabrese dello Stretto, nonostante il tritolo, si riunirono gli operai del nord e i braccianti del sud. Grazie alla voce della cantautrice romana recentemente scomparsa, quella pagina di storia è divenuta anche un indimenticato canto popolare

«Il Nord è arrivato nel Meridione e alla sera Reggio era trasformata. Pareva una giornata di mercato quanti abbracci e quanta commozione. Gli operai hanno dato una dimostrazione». Cantava ne “I Treni per Reggio Calabria”, Giovanna Marini, intensa voce e fine anima della tradizione della musica popolare italiana, scomparsa a Roma all’età di 87 anni.
Cantautrice che componeva e ricercava, restando dentro la storia del suo tempo e divenendo interprete unica di un’epoca difficile e ancora oggi oscura come fu quella degli anni Settanta. Nella sua ricca discografia anche “I treni per Reggio Calabria” (33 giri pubblicato con I dischi del Sole nel 1976 e poi nel 1989). In questo Lp anche la canzone, che diede il titolo all’intero album, divenuta manifesto di un’Italia che scopre nel Sud un baricentro strategico della sua Storia e che al Sud sceglie di riunione le forze del Lavoro, operai e braccianti, in una manifestazione unitaria epocale.
Il frangente storico è ancora quello in cui proprio Reggio Calabria non solo è reduce dai suoi moti ma è anche laboratorio politico e storico in cui forze attentavano alla democrazia e altre resistevano, in cui l’eversione nera stringeva alleanze con la ‘ndrangheta e la massoneria deviata. Il 22 ottobre del 1972 a Reggio Calabria si svolse una grossa manifestazione sindacale avversata con le pratiche del terrorismo di quegli anni. Su quel lungo percorso dei treni che portavano fino alla punta dello Stivale lavoratori di tutta Italia scoppiarono 8 bombe.
«I treni per Reggio Calabria è una sorta di Iliade delle lotte del movimento operaio – ha dichiarato all’Ansa l’attore, cantante e scrittore Moni Ovadia ricordando Giovanna Marini appena scomparsa – è un epos narrativo, non solo un momento musicale. Giovanna si è abbeverata alla cultura orale per poi restituirla con una maestà incredibile».
La musica popolare come interprete del tempo e della storia
La sua indagine musicale non sapeva non essere anche sociale, sempre dentro storia e in particolare la storia di un Sud che fu protagonista. A esso la sua penna e la sua voce hanno restituito la giusta rilevanza.
Insignita, tra i tanti riconoscimenti, anche del Premio Palmi nel 2006 e nel 2019 del Premio Sila ’49 alla carriera, Giovanna Marini ne “I Treni per Reggio Calabria” ferma nella tradizione musicale popolare un’epoca di grandi mobilitazioni nate dal popolo e che certe narrazioni hanno cercato di rubare allo stesso. In questa canzone palpita invece tutta la forza e il desiderio di riscatto di chi lavora da Nord a Sud.
«Andavano col treno giù nel Meridione per fare una grande manifestazione. Il ventidue d’ottobre del ‘Settantadue in curva il treno che pareva un balcone. Quei balconi con la coperta per la processione. Il treno era coperto di bandiere rosse, slogan, cartelli e scritte a mano. Da Roma-Ostiense mille e duecento operai vecchi e giovani e donne con i bastoni e le bandiere arrotolate portati tutti a mano sulle spalle». Questo l’incipit della canzone che affonda le sue radici in un contesto di lotta e mobilitazione che era iniziato anni prima proprio a Reggio Calabria, meta di quel viaggio in treno.
Il 1970 e i suoi fitti misteri
Il 14 luglio 1970 era stato il giorno delle barricate a Reggio, il giorno successivo alla convocazione della riunione del Consiglio Regionale a Catanzaro. Scelta che segnava l’assegnazione a Catanzaro. piuttosto che a Reggio. del capoluogo di Regione. Un capoluogo negato al quale Reggio aspirava per riscattarsi. La città dello Stretto fu così teatro di scontri e barricate, di rabbia repressa con violenza. La città fu assediata e ci furono vittime. Un contesto nel quale maturò anche il deragliamento del treno del Sole a Gioia Tauro, il 22 luglio del 1970. Episodio di cui restano ignoti i mandanti e sulla quale resta fitta l’ombra dell’eversione neofascista.
Quell’agitazione si protrasse fino al 1972 e che portò a quella grande mobilitazione sindacale nazionale a Reggio. E in mezzo, una scia di eventi ancora oggi oscurati da dubbi e misteri. Non solo il deragliamento ferroviario a Gioia Tauro, ma anche la morte in un incidente stradale, ancora avvolto da pesantissime ombre, in cui persero la vita i cinque anarchici della Baracca (Gianni Aricò, Anneliese Borth, Angelo Casile, Franco Scordo e Luigi Lo Celso). E sono anche i tempi del fallito golpe Borghese. Tutti fatti che risalgono ai mesi successivi di quel rovente luglio del 1970.
“I treni per Reggio Calabria” coglie a pieno questo tempo di dense ombre. «Ormai siamo a Reggio e la stazione è tutta nera di gente. Domani chiuso tutto in segno di lutto, ha detto Ciccio Franco a Sbarre. Alla mattina c’era la paura e il corteo non riusciva a partire ma gli operai di Reggio sono andati in testa. Il corteo si è mosso improvvisamente è partito a punta come un grosso serpente».
Una manifestazione nazionale unitaria senza precedenti che vide avanzare insieme operai e braccianti, nonostante il tritolo.
Giovanna Marini, voce nella Storia
La musica popolare come nobile forma d’arte vivente, veicolo indiscusso di storia e memoria, custode di quella tradizione orale insostituibile e tutta da preservare. Una voce indimenticabile e un tesoro inestimabile ci lascia Giovanna Marini. La sua era e resta una musica popolare impossibile da immaginare lontana dai fatti di ieri e di oggi nei quali si immergeva senza temere la complessità. Anzi la accoglieva, impegnata come era a gettare luce sulle ombre e sul non detto della storia, cantandone le pieghe in cui si annidano verità difficili ma essenziali del nostro tempo.
Una missione faticosa ma necessaria volta a salvare dall’oblio tutta quanto minacciato dalla tendenza inarrestabile di ridurre quella complessità insita della vita e della storia. Un approccio che ne violerebbe l’essenza. Dunque la musica è strumento di vita. Lei ha incarnato questa missione in modo magistrale lasciando adesso un vuoto incolmabile ma anche una ricca eredità.
Tra i suoi compagni di viaggio, intellettuali e artisti del calibro di Pierpaolo Pasolini, Italo Calvino, Umberto Eco e Dario Fo, Franca Rame, Sandra Mantovani.
La sua intelligenza artistica ed emotiva, il suo talento autoriale e canoro hanno, dunque, incontrato anche la tormentata storia di Reggio e della Calabria durante gli anni Settanta, oscuri e tormentati. Anni ai quali, per come lei concepiva la musica del popolo, la sua arte doveva prendere parte e dare voce. La sua voce. Una creatività la sua che era rara contaminazione tra talento e sensibilità, estetica e profondità, spontaneità ed emozione.
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