14 luglio 1962 a Gallina, la tragedia sfiorata della Corriera
Nei suoi “appunti”, l’appassionato di storia locale Salvatore Moscato richiama alla memoria quella corsa partita da piazza Municipio e finita in Vico Casalotto. Nessuna vittima ma tanta paura
«Era il 14 luglio del 1962. La corsa delle 7.30 di mattina era partita dalla Piazza Municipio di Gallina con il bus della ditta Caridi. A bordo tanti passeggeri (per la maggior parte operai, impiegati, casalinghe e qualche studente diplomando). Quel giorno era alla guida l’autista Giuseppe Violi.
La partenza avvenne puntuale. Il torpedone procedeva normalmente verso Reggio quando, terminate le discese più pericolose, nella prima curva di Arangea (contrada Fontana), dopo la rivendita di sali e tabacchi del signor Malara, il Violi perse il controllo dell’autobus. Il mezzo tracciato un semicerchio, urtò contro il parapetto di sinistra, facendovi un salto nel sottostante Vico Casalotto. Qui finì la sua corsa».
È vivo nel ricordo di Salvatore Moscato, appassionato di storia locale e originario di Gallina, quartiere periferico di Reggio Calabria, quel giorno di 62 anni fa.
La memoria è la storia
Un aneddoto «che oggi è storia ma che è stato di cronaca. Quella mattina ero in macchina con i miei fratelli. Carmelo era alla guida e Giovanni era accanto a lui. Io ero dietro. Percorrevamo la strada proprio dietro alla Corriera. Ho assistito, dunque, alla scena e alla pronta manovra dell’autista senza la quale quel momento drammatico sarebbe sfociato in tragedia.
La manovra di Violi causò la rottura del parapetto. Il bus, rallentata la corsa, si fermò a strapiombo con il “muso” poggiato su Vico Casalotto, una stradina selciata sottostante, con le ruote posteriori sulla strada principale. La corriera sarebbe, altrimenti, finita in un dirupo».
Lo ha raccontato proprio nella piazza Municipio di Gallina, dalla quale la corriera era partita anche quel 14 luglio 1962, in occasione della presentazione dei suoi “Appunti su Gallina: le sue chiese e gli arcipreti” (Sveva Edizioni), promossa dalla fondazione Giuseppe Marino.
«Ricordo nitidamente quegli attimi di paura mentre il mezzo era rimasto appeso. Mio fratello fermò subito la macchina e prima che arrivassero le ambulanze, abbiamo cercato di renderci utili. Ancora non eravamo in grado di capire la gravità di quanto fosse successo. Nel frattempo erano arrivate in soccorso anche altre persone». Così Salvatore Moscato che ha dedicato alcune pagine dei suoi “Appunti” a questo aneddoto.
Il racconto negli “Appunti” di Salvatore Moscato
Nel suo libro ha continuato così a raccontare. «Molte furono le congetture sulle cause dell’incidente rottura di freni o improvviso malore del guidatore o altro. Come già scritto, quel giorno il Violi aveva sostituito il signor Achille Furfaro, già storico guidatore della tratta Gallina-Armo. È certo, però, che l’autista era dotato di grande bravura e prontezza di riflessi. Infatti, in seguito ad accurati accertamenti tecnici venne confermata la rottura dei freni. Fu grazie alla competenza e alla freddezza del Violi se la corriera non proseguì dritto, evitando cosi di finire nel precipizio di destra con conseguenze molto più tragiche (…).Tutti, chi in modo grave e chi in modo più lieve, rimasero feriti, ma la tragedia venne evitata – come detto – per la manovra del bravo autista. Il primo ad avanzare l’ipotesi della rottura dei freni fu il bigliettaio Giovanni Gennarino, il quale riferì subito agli inquirenti di aver sentito il Violi gridare “l freni! I freni!”. Tale asserzione venne avvalorata sin dal primo momento da alcuni passeggeri che notarono come la corriera prendeva sempre più velocità già davanti alla bottega del signor Malara».
Il trasporto in ospedale
«Tutti i feriti vennero portati, con ogni mezzo, verso gli Ospedali Riuniti. Qui i sanitari, presi alla sprovvista (erano circa quaranta persone, oltre all’autista e al bigliettaio), si diedero da fare ma, come mi racconta l’avvocato Vito Perrelli, altro protagonista involontario di questa tragedia sfiorata, vi furono anche fatti tragicomici.
Mi ha riferito il professionista reggino che erano insufficienti anche gli aghi per la sutura delle ferite. Pertanto, i medici del Pronto Soccorso ospedaliero adoperarono ogni tipo di ago a portata di mano. A lui stesso, che era su quella corriera e si recava a Reggio per sostenere gli esami di diploma liceale, venne cucita la profonda ferita sulla guancia con un ago di spessore superiore a quello dovuto».
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