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Reggio, al cimitero di Armo il lenzuolo della Memoria Migrante per non dimenticare le vittime del naufragio di Roccella – VIDEO

Questa mattina la deposizione di fiori sulle salme che hanno trovato accoglienza nel cimitero che si erge sulla zona collinare della città dello Stretto. Su 21, solo nove sono state finora identificate. Una iniziativa della rete 26 febbraio, nata all'indomani del naufragio di Cutro e che questo pomeriggio terrà un seminario a Roccella

Reggio, al cimitero di Armo il lenzuolo della Memoria Migrante per non dimenticare le vittime del naufragio di Roccella – VIDEO

Nel primo anniversario del naufragio di Roccella Jonica consumatosi la notte tra il 16 e il 17 giugno dello scorso anno, in cui persero la vita decine e decine di migrantimolti dei quali rimasti senza nome, la rete 26 febbraio torna al cimitero di Armo per rendere omaggio alle vittime.

21 delle salme riposano dalla scorsa estate nel cimitero dei migranti e dei poveri, sorto su un terreno concesso dal Comune di Reggio e finanziato con i fondi di Caritas italiana e donazioni. Di queste salme, 9 nove sono state identificate e dallo scorso aprile quel numero è diventato un nome.

La denuncia e la testimonianza

«Come rete 26 febbraio – ha spiegato Alfonso Di Stefano della Rete 26 febbraio – in questo primo anniversario del naufragio a largo di Roccella siamo qui ad Armo in continuità con quanto ci ha spinti all’indomani del naufragio di Cutro consumatosi nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, a costituirci per tenere alta l’attenzione e dare il nostro contributo per mettere in rete i familiari delle vittime. Dopo la grande manifestazione immediatamente dopo il naufragio, che l’11 marzo raccolse 5000 persone, abbiamo fatto varie iniziative a Crotone e a Steccato e anche per non dimenticare e denunciare le omissioni che avvolgono queste tragedie. Quest’anno abbiamo promosso la Carovana per una Calabria aperta e solidale e abbiamo attraversato la zona Arbereshe dell’Alto Cosentino, siamo andati a Rosarno, abbiamo promosso convegni all‘università di Cosenza.

Ci tenevamo a essere qui proprio per ricordare la strage nascosta di Roccella e per deporre dei fiori dove riposano i corpi di 21 migranti non sopravvissuti a quel naufragio. Il governo italiano, dopo l’esposizione mediatica delle 94 salme al palaMilone a Crotone, a seguito del naufragio dello scorso anno al largo di Roccella, ha fatto disperdere le salme in vari cimiteri della Calabria e a Messina. I familiari che arrivavano anziché avere diritto almeno al riconoscimento dei propri cari scomparsi, andavano alla ricerca dei luoghi dove erano state seppelliti i corpi dei congiunti.

Noi, dopo essere venuti qui dopo il 3 giugno per ricordare le vittime delle migrazioni, siamo tornati per un altro momento di riflessione che proseguiremo oggi pomeriggio a Roccella al convento dei Minimi con un seminario di approfondimento con vari testimoni giornalisti. Vogliamo ricostruire quella vicenda perché pretendiamo che ci siano verità e giustizia e soprattutto intendiamo ricostruire una memoria viva», così Alfonso Di Stefano della Rete 26 febbraio.

Salvare vite e non dimenticare

«Abbiamo aderito a questa iniziativa con la nostra presenza e sosteniamo la rete 26 febbraio in tutte le sue attività. Siamo qui per ricordare queste persone che non sono sopravvissute al mare mentre cercavano una vita lontana da guerra, fame e persecuzioni. Confidiamo che queste stragi non ci siano mai più», ha sottolineato Enzo Infantino, componente del direttivo nazionale della ong ResQ People Saving People che salva migranti nel Mediterraneo.

Il “rito” corale del ricamo

«Il lenzuolo che abbiamo steso sulla ghiaia di questo luogo così speciale ricorda proprio il naufragio di Roccella Ionica e le sue vittime. È infatti uno dei lenzuoli della Memoria migrante. Un’idea – ha spiegato Gianfranco Crua di Carovane Migranti – nata cinque o sei anni fa da un primo lenzuolo che raccontava le storie di altre rotte quelle delle Alpi e del Centro America, delle quali ci interessiamo da tanti anni. Con le famiglie delle vittime abbiamo pensato di ricordarle, creando una memoria viva che si trasmette attraverso questo lenzuolo.

Esso viene ricamato nelle scuole, nelle manifestazioni, nelle iniziative. Sono momenti comunitari. Le persone si incontrano, parlano di quello che è successo e quando ricamano il nome ricamano il nome di una persona che in qualche modo conoscono. Se non la conoscono fisicamente, ne conoscono la storia in molti casi conoscono i familiari con cui abbiamo delle relazioni. Si stabilisce così una sorta di comunità primaria, dove gli affetti, le empatie arrivano molto prima delle questioni politiche. E quei nomi sono come persone che rivivono», così ha concluso Gianfranco Crua di Carovane Migranti, aderente alla rete 26 febbraio.

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